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Israele e Sudan hanno annunciato oggi che metteranno “fine allo stato di belligeranza” per avviare il processo di normalizzazione delle relazioni. Il tutto dopo un colloquio telefonico a quattro: il presidente statunitense Donald Trump, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il premier sudanese Abdalla Hamdok e il capo del Consiglio militare di transizione del Sudan (il capo di Stato de facto), generale Abdel Fattah al-Burhan.

DOPO EAU E BAHREIN…

Come sottolinea Axios.com, a differenza di recenti accordi di normalizzazione con Emirati Arabi Uniti e Bahrein, tra Israele e Sudan c’è stato per anni uno stato di belligeranza. Gerusalemme non ritiene lo Stato arabo-africano un nemico ma per decenni si sono registrati scontri militari. Senza dimenticare che i due Paesi non hanno relazioni diplomatiche, che la legge sudanese vieta ai cittadini sudanesi (pena pesanti multe) di recarsi nello Stato ebraico e che per anni Karthoum ha ospitato il quartier generale di Hamas, organizzazione palestinese paramilitare (terroristica, secondo Unione europea, Stati Uniti, Israele, Canada, Egitto e Giappone ritengono).

SUDAN E IRAN PIÙ LONTANI

Dal 2014 il Sudan, che aveva sempre mantenuto legami militari e politici con Iran e Hezbollah (nemici dichiarati di Israele), si è avvicinato ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Inoltre, si è impegnato in colloqui riservati con Israele che hanno portati lo Stato ebraico a chiedere a Stati Uniti e Unione europea di inviare aiutare economici al Sudan.

L’ACCELERAZIONE

L’avvicinamento tra Israele e Sudan ha subito un’accelerazione dopo la deposizione del dittatore sudanese Omar al-Bashir un anno fa. Basti pensare che febbraio al-Burhan ha incontrato Netanyahu in Uganda. Pochi minuti prima dell’annuncio odierno, Trump aveva firmato l’ordine per rimovere il Sudan dalla lista del dipartimento di Stato dei Paesi sponsor del terrorismo.

IL FUTURO DEGLI ACCORDI DI ABRAMO

Molti altri Stati potrebbero unirsi ai cosiddetti Accordi di Abramo. Si parla di Arabia Saudita (che ha dato luce verde a Emirati Arabi Uniti e Bahrein), di Marocco, Oman ma anche di Qatar (che con Israele cooperazione nella Striscia di Gaza). Ma dopo il Sudan sembra che non ci saranno nuove sorprese prima del 3 novembre: tutti sono in attesa dell’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Anche se perfino Joe Biden, lo sfidante di Trump, ha dichiarato di apprezzare gli ultimi sviluppi per la pace in Medio Oriente.

GLI INTERROGATIVI

Gli interrogativi aperti, però, sono diversi. Come sottolinea il Washington Post, tempi e termini della normalizzazione tra Israele e Sudan non sono noti — a dimostrazione, sostengono gli oppositori di Trump, della fretta del presidente di strappare un successo diplomatico in vista del voto. Inoltre, come ha raccontato Axios.com, l’intesa con Gerusalemme sembra evitare (almeno per il momento) il collasso del governo di transizione a Khartoum; tuttavia, non è escluso che i sudanesi torni in piazza, dopo aver spodestato al Bashir, per manifestare il disappunto per l’annuncio.

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