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“Da oltre 71 anni, in tempi di pace come in tempi di crisi, gli Stati Uniti e l’Italia sono fianco a fianco nella Nato per la difesa dei nostri valori condivisi e la salvaguardia della nostra libertà e sicurezza”. Le prime righe della lettera dell’ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Eisenberg, pubblicata sul Messaggero due giorni prima dell’arrivo nella Capitale del segretario di Stato americano Mike Pompeo chiariscono il contesto di riferimento dell’alleanza tra i due Paesi: la Nato, un’alleanza militare basata prima di tutto sui “nostri valori e sul nostro stile di vita”, e dunque ora impegnata a difenderli da “minacce che non sono certo diminuite”.

Tra queste, anche quella del 5G cinese: Eisenberg ha ribadito l’incompatibilità tra Nato e Huawei già dichiariata da diversi vertici dell’amministrazione Trump, tra cui il sottosegretario Keith Krach in una recente intervista alla Stampa:  “I nostri scambi commerciali sono minacciati da violazioni della proprietà intellettuale, da pratiche economiche predatorie e da fornitori inaffidabili”, scrive Eisenberg.

Nonostante le critiche dei primi momenti da parte di Donald Trump (l’aveva definita “obsoleta”), “il rafforzamento dell’Alleanza Atlantica rimane una priorità assoluta degli Stati Uniti, come indicato dalla US National Defense Strategy”, ricorda l’ambasciatore. Certo, non manca la precisazione sulla “equa condivisione delle responsabilità”, espressione in cui si ritrovano i vari richiami dell’amministrazione Usa sull’obiettivo del 2% del Pil da spendere in Difesa. D’altra parte, con un mondo che evolve con rapidità “dobbiamo rafforzarci in ogni ambito (aria, terra, mare, spazio e cyber) e modernizzare le nostra capacità-chiave”, spiega Eisenberg.

UN’ALLEANZA ATTENTA

Da notare i riferimenti al ruolo della Nato durante la pandemia. Una decina di giorni fa sono stati consegnati a Taranto 200 ventilatori polmonari forniti dall’agenzia Usaid. A riceverli c’era proprio la Nato, che da mesi coordina la distribuzione di materiali tra i Paesi membri. Esattamente da marzo, da quando si è attivata con supporto e coordinamento, risposte piuttosto fattive ai rumorosi strumenti della propaganda russa e cinese sugli aiuti contro il Covid-19. Da notare anche i diversi riferimenti ai “conflitti nella regione del Mediterraneo”, ormai entrati (complice l’assertività turca che preoccupa l’Europa) nell’agenda dei big del mondo. Eppure, negli anni passati l’Italia aveva faticato a far volgere lo sguardo della Nato verso Sud. Eisenberg ricorda che qualcosa è cambiato: l’Alleanza è impegnata ad ampliare le operazioni per “fronteggiare l’instabilità e le minacce non tradizionali provenienti da sud”, migliorando inoltre la parte informativa di cui si occupa l’Hub per il Sud, istituito a Napoli nel 2017.

ASSIEME AL FRONTE

Iraq, Afghanistan ma anche Kosovo. Tanti i teatri che hanno visto e ancora vedono Italia e Stati Uniti impegnati fianco a fianco. E l’apprezzamento del nostro lavoro nei diversi teatri emerge chiaramente dalla lettera. Nei prossimi giorni il ministro della Difesa Lorenzo Guerini sarà in Iraq, dopo aver visitato il Libano, dove ieri l’iniziativa francese ha subito una battuta d’arresto con la decisione del premier designato Mustapha Adib di rinunciare all’incarico di formare un nuovo governo.

LE MINACCE ESTERNE

“Sebbene il mondo sia profondamente cambiato dai tempi della firma del Trattato Nord Atlantico, non sono certo diminuite le minacce alla nostra sicurezza, ai nostri valori e al nostro stile di vita”, scrive Eisenberg sottolineando che “i sempre più sofisticati attacchi informatici e ibridi” si affiancano alle tradizionali minacce militari, “rendendo ancora più instabile un mondo di per sé già complesso”. Poi l’affondo indiretto a Cina e Russia: “Attori esterni all’Alleanza (…) tentano di dividerci, diffondendo disinformazione per indebolire la nostra fiducia reciproca e la nostra determinazione”. E ancora: “I conflitti nella regione del Mediterraneo aumentano inoltre il rischio terroristico e la proliferazione degli armamenti, mentre la Russia e altri nostri avversari comuni sfruttano le situazioni di instabilità a loro vantaggio”.

IL PROGRAMMA F-35

C’è poi il riferimento al programma F-35: “l’Italia ospita l’unico stabilimento in Europa dei caccia di quinta generazione”, a Cameri, in  provincia di Novara, dove “vengono assemblati i velivoli di alleati e partner e dove vengono costruite le ali in dotazione a tutti gli aerei del programma”. Il Joint Strike Fighter, ha aggiunto Eisenberg, “migliora l’interoperabilità e fornisce tecnologie senza eguali che, oltre a rafforzare la nostra Alleanza, offrono all’Italia opportunità economiche e occupazionalidi altissimo livello tecnologico”. A livello strategico, la vicenda della possibile vendita di F-35 agli Emirati Arabi (con l’opposizione di Israele, poi attenuatasi a fronte delle rassicurazioni di Washington sul mantenimento del vantaggio qualitativo militare in Medio Oriente) ha chiarito che il velivolo di quinta generazione è al centro della nuova diplomazia americana. Prospettiva che interessa anche l’Italia, che in Europa può vantare un sito all’avanguardia (pronto a ospitare altro lavoro) e che ha già incassato con l’Aeronautica militare diversi primati operativi. Un paio di settimane fa, il Pentagono ha assegnato a Lockheed Martin un contratto da 9 milioni di dollari per potenziare il sito di Cameri, proprio a certificare il crescente coinvolgimento della filiera italiana al Joint Strike Fighter.

I RAPPORTI INDUSTRIALI

Non a caso, Eisenberg spiega che “l’F-35 ha creato in tutta Italia migliaia di posti di lavoro in piccole e grandi aziende”. Opportunità che si allargano ad altri programmi e altri campi. “Aziende italiane di primo piano come Fincantieri, Iveco e Leonardo ottengono benefici enormi dalla nostra partnership nella Difesa”. Riferimenti non casuali nei legami tra Italia e Stati Uniti. A gennaio, la visita di Lorenzo Guerini a Washington era stata anticipata dalla maxi commessa assegnata a Leonardo dalla US Navy per 130 elicotteri d’addestramento. A fine giugno, nel suo tour elettorale, Donald Trump ha fatto tappa in Wisconsin presso i cantieri di Marinette Marine, controllata americana di Fincantieri, fresca di vittoria per realizzare le nuove fregate della Marina americana. Iveco Defense Vehicles si è invece aggiudicata la vittoria con l’inglese BAE Systems nella la gara per la fornitura dei veicoli anfibi di nuova generazione del Corpo dei Marines.

UN’INTESA SPAZIALE

Legami che lasciano intravedere nuove opportunità per le industrie italiane sui grandi programmi che emergono oltreoceano, dagli elicotteri allo Spazio. Venerdì scorso il sottosegretario Riccardo Fraccaro ha siglato insieme al capo della Nasa Jim Bridenstine l’intesa tra Italia e Stati Uniti per la collaborazione sul programma di ritorno lunare. “Da questa cooperazione”, ha spiegato l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, “scaturirà anche un ritorno industriale diretto di oltre 1 miliardo di euro, senza contare gli effetti positivi per la filiera e l’indotto dell’industria spaziale”.

Per la Penisola è già stato stimato un ritorno di circa 1 miliardo di euro. Anche in questo caso, però, agli aspetti economici si sommano quelli strategici. L’Italia, come spiegato a Formiche.net dal professor Carlo Pelanda, ha chiarito anche nel dominio spaziale che intende stare al fianco dello storico alleato. Così vale pure per gli aspetti militari. La Difesa italiana è impegnata nella creazione progressiva di un Comando operazioni spaziali (Cos) e ha già posto la prima pietra con l’istituzione di un Ufficio generale Spazio presso lo Stato maggiore della Difesa. Il riferimento è ancora una volta oltreoceano, lì dove gli Stati Uniti hanno voluto lo US Space Command (oltre alla Space Force) quale comando interforze (unificato) per affrontare tutte le sfide spaziali.

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