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È una crisi a colpi di esercitazioni militari quella che si sta consumando nel Mediterraneo orientale. Sotto gli sforzi diplomatici per evitare lo scontro, nelle acque del mare nostrum si intrecciano manovre che coinvolgono quasi tutti i Paesi rivieraschi, concentrate nelle aree estrattive su cui gli interessi si scontrano.

NUOVI COLPI TURCHI

L’ultima novità arriva (ancora una volta) da Ankara, da dove il ministro della Difesa Hulusi Akar ha annunciato per martedì e mercoledì prossimi delle “esercitazioni di artiglieria” in mare. Si terranno “al largo della costa di Iskenderum”, nel sud del Paese, dunque a meno di 300 chilometri dall’isola di Cipro. Il rischio è di assistere a uno scenario peggiore di quello di fine luglio, quando la Grecia aveva allertato la sua Marina per la mobilitazione generale (e richiamato il capo di Stato maggiore) dopo l’avviso ai naviganti turco per l’avvio di attività di ricerca di idrocarburi tra le isole greche di Rodi e Castelrosso, con l’invio lì di almeno 18 unità militari, mentre due caccia F-16 dell’aviazione penetravano nello spazio aereo greco. Venerdì scorso, per mandare un segnale ad Ankara, sull’isola di Creta sono invece arrivati quattro F-16 degli Emirati Arabi, in rotta con la Turchia su tanti dossier, Libia in testa.

AVVISO AI NAVIGANTI

L’esercitazione turca a largo di Iskenderum dovrebbe comunque restare più distante dalla zona incandescente che coinvolge la Grecia. Eppure, si tratterà di manovre comprensive di “firing”, ovvero di colpi veri e propri, che rafforzano dunque l’obiettivo di dimostrazione di forza oltre quello della preparazione dei militari, aumentando forse il rischio di pericolosi incidenti (la famosa scintilla che potrebbe far scoppiare l’incendio). La Difesa turca ha già diramato l’avviso ai naviganti (Navtex) per un impegno che inizierà a quattro giorni da Eunomia, l’esercitazione partita ieri tra gli assetti di Cipro, Grecia, Francia e Italia, tutt’ora in corso a largo di Cipro stessa. Le manovre sono “di media complessità”, finalizzate ad aumentare la “maritime situational awareness” degli attori coinvolti, cioè la capacità di avere consapevolezza del contesto operativo in mare.

LE DUE ESERCITAZIONI ITALIANE

L’impegno si inserisce nell’ambito della Quartet Cooperation Initiative (Quad), attività quadrilaterale di coordinamento nel settore marittimo finalizzata “ad assicurare una presenza navale costante nella regione”, spiega il ministero della Difesa italiano, che ha mandato per l’esercitazione Nave Durand De La Penne. Il cacciatorpediniere lanciamissili della Marina italiana era già nel Mediterraneo orientale per la campagna addestrativa a favore degli allievi dell’Accademia navale, tanto che prima di aderire a Eunomia aveva condotto un’attività addestrativa “di passaggio” con due fregate turche. Attività di quattro ore, routinaria e limitata rispetto alla tre-giorni con gli assetti francesi, greci e ciprioti. Eppure, ha avuto anch’essa un valore politico rilevante, spiegato dalle parole di Lorenzo Guerini nel comunicato di palazzo Baracchini relativo alle due esercitazioni: “necessario un approccio bilanciato per la ricerca di una sempre maggiore cooperazione e dialogo tra le parti”. Resta il punto fermo sul rispetto del diritto internazionale, soprattutto con riferimento alla Zona economica esclusiva di Cipro, lì dove ci sono interessi dell’Eni e dove la Turchia cerca con assertività di arrivare.

LA LINEA DEL DIALOGO

L’Italia, insomma, si muove per la ricostruzione del dialogo, e lo dimostra anche con le esercitazioni in mare, sempre utili per consolidare il dialogo a livello operativo, come spiegato dall’ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte. Lo stesso si può dire degli Stati Uniti. Sempre ieri, il cacciatorpediniere USS Winston Churchill della Marina americana ha svolto attività esercitative con unità turche, anch’esse “di passaggio”, di minore portata rispetto a quelle condotte dalla stessa unità Usa il giorno prima con la Marina greca e sud di Creta. L’obiettivo è l’abbassamento della tensione attraverso una progressiva (per quanto lenta) ricostruzione della fiducia. Lo spera almeno il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, oggi a Berlino per incontrare Angela Merkel. Per l’Alleanza, la crisi tra i due membri, Grecia e Turchia, è il più grosso problema interno degli ultimi anni. Per questo, Stoltenberg si affida anche alla cancelliera tedesca, alla guida del rinnovato attivismo di Berlino nel Mediterraneo. I due si sono detti “molto preoccupati” dalla situazione, auspicando presto un abbassamento della tensione.

TRA DIPLOMAZIA…

Martedì il ministro degli Esteri Heiko Maas è tornato ad Atene e Ankara senza però ottenere grandi risultati. Il giorno dopo, a Malazgirt il presidente Recep Erdogan ha infiammato la folla spiegando che la Turchia “non scenderà a compromessi” e che eventuali errori per i greci “saranno la loro rovina”. Tant’è che nel pomeriggio, a margine di un denso vertice europeo a Berlino, la ministra tedesca della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer ha confessato lontano dai microfoni all’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell quanto sia “really hard” discutere con i rappresentanti turchi (“un po’ più facile con i greci”). Oggi, prima di incontrare i colleghi dell’Ue, Maas è tornato sull’argomento con toni più duri per Ankara: “Non si arriva a sedersi al tavolo delle trattative se le navi da guerra sono nell’area”.

…E NAVI

L’impressione è che le navi da guerra resteranno nell’area. D’altra parte, nel Mediterraneo ci sono anche quelle tedesche. Lontano dai grandi riflettori del Mediterraneo orientale, a inizio agosto la fregata Hamburg della Marina teutonica ha raggiunto la collega greca Spetsai e Nave San Giusto nell’ambito dell’operazione Irini dell’Unione europea, tesa a garantire l’embargo di armi sulla Libia. Non è certo un segreto che tale impegno resti sgradito alla Turchia, da sempre contraria all’operazione poiché la ritiene un fattore di sostegno indiretto al leader della Cirenaica Khalifa Haftar, in grado di ricevere armamenti via terra dall’Egitto per il confronto libico con il Governo di accordo nazionale (Gna) guidato da Fayez al Serraj, che Ankara sostiene. A inizio giugno, la scorta imponente di fregate turche impediva alle navi di Irini di ispezionare il mercantile Cirkin.

GLI INTERESSI FRANCESI

L’impegno tedesco in Irini può essere considerato anche un segnale più “hard” diretto da Berlino ad Ankara. Certo, non così “hard” come vorrebbe la linea francese. La Marina transalpina sta partecipando all’esercitazione Eunomia con tre velivoli Rafale, una fregata e un elicottero. “Il nostro messaggio è semplice: priorità al dialogo, alla cooperazione e alla diplomazia affinché il Mediterraneo orientale sia uno spazio di stabilità e di rispetto del diritto internazionale” e non “un terreno di giochi di potenza”, ha detto la ministra francese Florence Parly spiegando le manovre. D’altra parte, l’aria tra Parigi ed Ankara è tesa da tempo (su Cipro, gli interessi francesi sono pressoché identici a quelli italiani). A giugno, la fregata francese Courbet, flagship dell’operazione Nato Sea Guardian, veniva illuminata per tre volte dal puntatore laser del sistema lanciamissili di una delle navi da guerra della Marina turca, in quel momento impegnato a scortare un’unità cargo (sempre turca) diretta verso un porto libico. L’episodio ha scatenato l’ira francese, conducendo il presidente Emmanuel Macron ha rispolverare l’accusa di “morte cerebrale”. L’ira transalpina è stata infatti portata in sede Nato. Lì non ha ricevuto l’interesse desiderato, tanto da spingere la Francia a sospendere “temporaneamente” la partecipazione a Sea Guardian.

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