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Joe Biden è il 46esimo presidente degli Stati Uniti. Il candidato democratico ha vinto le elezioni presidenziali e sconfitto il repubblicano Donald Trump, che cercava la rilevazione e il secondo mandato. Decisivi, dopo che da giorni si parlava della sua vittoria imminente ma con dati ancora mancanti, i risultati dello scrutinio in Pennsylvania. Tutti i network americani adesso lo danno come vincitore sulla base delle analisi sui voti, anche se lo spoglio non è ancora finito.

Con il sucesso del democratico, Kamala Harris diventerà la prima vice-presidente donna della storia degli Usa. Biden è il primo cattolico a essere eletto alla Casa Bianca dopo JFK.

Il successo in Pennsylvania permette a Biden di raggiungere quota 273 Grandi elettori, ossia il quorum necessario per essere nominato presidente. Intanto procedono gli scrutini in altri stati, che a questo punto – nonostante Biden sia avanti – sono ininfluenti. Donald Trump entra nella storia: prima di lui soltanto altri tre presidenti erano riusciti a non farsi rieleggere al secondo mandato (l’ultimo nel 1992 fu George H. W. Bush).

È molto probabile che Biden superi ampiamente i 273 Grandi elettori, perché in Arizona, Nevada, Georgia è ancora molto in vantaggio. Potrebbe vincere tutti e tre gli stati e ottenere altri 33 seggi. Inoltre Biden ha già battuto ogni altro presidente in termini di voti totali: ha superato i 70 milioni e attualmente è sopra all’avversario repubblicano di oltre quatto milioni di consensi – a differenza di quanto successo a Trump quattro anni fa, che ottenne la presidenza pur arrivando dietro a Hillary di oltre 3 milioni di voti. Il vantaggio di Trump dovrebbe chiudere oltre i sei milioni di voti, perché le schede in California non sono state ancora conteggiate del tutto, e la California è uno stato molto democratico.

Ora Biden ha davanti a sé delle settimane difficili. Il presidente eletto si troverà sotto il fuoco della contro-offensiva repubblicana, che è iniziata da Trump che non intende concedere la vittoria e ha già parlato più volte di una vittoria “rubata” dai Democratici. Una cosa assolutamente anomala per gli Usa, dove il sistema democratico è anche basato sul potere simbolico del concession speech, il momento in cui il perdente ammette la sconfitta; il momento che serve a mandare il messaggio che il vincitore è il presidente di tutti gli americani.

Il potere presidenziale in mano a Trump scade il 20 gennaio, giorno dell’Inaugurazione: nel periodo sospeso, il governo agisce secondo accordi tra i due partiti e i due gruppi dirigenziali. Il vincitore nomina una squadra di transizione che lavora con l’amministrazione uscente. È molto probabile che Trump cercherà in diversi modi di ostacolare questa fase procedendo per le vie legali e le richieste di riconteggio dei voti (che in alcuni casi, come probabilmente in Georgia, scatteranno in automatico per via del distacco molto basso).

Non è invece detto che il Partito repubblicano accetterà di seguire il presidente uscente nelle sue ambizioni. È altrettanto probabile che comunque le dichiarazioni di Trump nei prossimi giorni si faranno ancora più dure – il rischio è che questo possa provocare tensioni, vista la polarizzazione politico-sociale e culturale negli Usa.

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