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Dalla corsa alla banda larga a una possibile, forse probabile, guerra legale tra due campioni che avrebbero dovuto unire le loro reti per dare a loro volta vita a una società unica per la rete ultra-veloce in Italia. Ora però la rincorsa di Tim e Open Fiber alla banda larga sta subendo un’escalation legale, dai risvolti incerti. L’operatore italiano di proprietà pubblica (50% Cdp e 50% Enel) ha infatti chiesto 1,5 miliardi di risarcimento danni nella causa intentata contro Tim al tribunale di Milano. Una richiesta, inoltrata lo scorso marzo, legata a doppio filo alla decisione dell’Antitrust, che lo scorso anno ha comminato una multa da 116 milioni all’ex monopolista 116 milioni di euro per ostacolo allo sviluppo della fibra.

Fonti vicine a Open Fiber hanno confermato come la richiesta di tre mesi fa sia nei fatti un atto dovuto, conseguenza diretta della decisione dell’Antitrust presa sull’ex Telecom. Ma ciò non toglie che le ostilità tra le sue società in concorrenza per la rete ultra-veloce siano ormai aperte. Come trapelato proprio oggi infatti, Tim fonti vicine hanno giudicato come risibili le argomentazioni alla base della richiesta di Open Fiber, confermando che la società guidata da Luigi Gubitosi (che oggi in Borsa è scivolata del 3,4%) sta preparando azioni legali nei confronti di Open Fiber per concorrenza sleale e richiesta di danni di importo equivalente se non superiore.

Come ha scritto l’Adnkronos infatti, in Tim hanno osservato come “la sentenza Antitrust a cui si fa riferimento ha dichiarato che il presunto abuso all’interno delle aree bianche era già terminato ad agosto 2018, ovvero ben prima della decisione dell’Antitrust e, quindi, in un periodo in cui Open Fiber non aveva ancora realizzato alcuna infrastruttura da offrire al mercato in quelle aree”.

Ora, visto che la battaglia legale tra Tim e Open Fiber (le due società non commentano) è ormai data per certa, che cosa succederà? Secondo Francesco Sacco, Fellow di Strategy and Entrepreneurship presso Sda Bocconi School of Management in realtà “il processo per la creazione di una società per la rete unica, con ogni probabilità si farà ma indipendentemente dalle logiche che riguardano una possibile guerra legale”. Nel merito della questione odierna, secondo Sacco “se l’Antitrust ha accertato alcuni comportamenti di Tim la richiesta di danni è un atto dovuto. In più questi atti dicono che Tim ha ostacolato altri competitor nello sviluppo della fibra”.

Di diverso avviso Francesco Vatalaro, ordinario di Telecomunicazioni presso la Facoltà di Ingegneria di Tor Vergata, che punta il dito contro il lavoro svolto da Open Fiber in questi anni, mettendo in secondo piano l’aspetto legale. “La vera cosa di cui preoccuparsi non è tanto una guerra legale tra le due società, che ci può anche stare. Semmai il fatto che Open Fiber, società pubblica, beneficiaria di un contratto pubblico e alimentata con soldi pubblici, in questi anni nelle aree di sua competenza non ha sviluppato la rete come doveva. E parliamo di una grande estensione se sommiamo le aree. Come direbbero gli inglesi, questo è un elefante nella stanza, una verità che oggi viene ignorata ma di cui dovremmo preoccuparci”.

Dalla corsa alla rete alla battaglia legale. Le mosse di Tim e OF

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