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“Un coro sintonico” delle istituzioni. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha messo un punto alle polemiche fra governo, regioni ed enti locali. Più ancora di chi deve fare cosa, conta farlo insieme, in uno spirito di leale collaborazione che è vitale per uscire dall’emergenza Covid-19. Ne è convinto Marco Valentini, prefetto di Napoli, già direttore dell’Ufficio Affari legislativi del Viminale, che in questa intervista a Formiche.net spiega perché è il momento di serrare i ranghi, senza reclamare prerogative personali. “Non abbandoneremo i sindaci”, garantisce in merito ai “coprifuochi” locali menzionati dal nuovo Dpcm, “ma l’ultima parola spetta a loro”.

Valentini, decidono i sindaci o i prefetti?

Chi deve adottare il provvedimento è l’autorità che ne ha la competenza normativa, e in caso di emergenze sanitarie questa spetta al sindaco. Come ho assicurato a Luigi De Magistris, la prefettura c’è. Al suo interno il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, di cui il sindaco è membro di diritto, coordina le operazioni.

Ci sono state polemiche da parte dell’Anci verso un quadro normativo un po’ opaco.

Sicuramente non da parte delle prefetture. Abbiamo organismi stabilmente deputati a dialogare su questi punti, continueremo a farlo. Ripeto, l’intestazione giuridica rimane però in capo ai sindaci.

Come potrete istituire concretamente un coprifuoco?

Eviterei di usare questa parola. Si tratta di restrizioni mirate e di divieto di frequentare luoghi pubblici solo in caso di grave emergenza. Vale lo stesso principio di prima: i controlli sono efficaci solo se coadiuvati dal senso di responsabilità dei cittadini.

Vi avvarrete dell’esercito?

L’esercito è già in strada con l’operazione Strade sicure. A Napoli da mesi sono di stanza circa 800 militari che vigilano sulla sicurezza, specie delle aree interessate dalla movida, in stretto coordinamento con le forze dell’ordine, ora il presidio è stato rafforzato e sono quasi mille.

Il governatore De Luca ha chiuso le scuole in Campania. È vero che buona parte dei contagi parte da lì?

Non spetta a me deciderlo, chi ha adottato l’ordinanza lo ha fatto sulla base di dati epidemiologici che consigliavano di imboccare quella direzione. Peraltro è stata parzialmente rivista, con l’esclusione degli asili nido e delle scuole materne. Non mi sorprende che sia nata una discussione su una materia così delicata.

Il nuovo Dpcm sembra seguire un approccio “wait and see”, come dimostra il caso di palestre e piscine. Si può procedere per tentativi?

Tutta l’emergenza del Covid-19 è stata un “work in progress”. Come ha detto il presidente del Consiglio, bisogna osservare ciò che accade giorno dopo giorno per adottare misure sanitarie e di sicurezza opportune. Le prefetture ci sono, ma il primo presidio è l’auto-responsabilità dei cittadini.

La collaborazione istituzionale fra governo, regioni ed enti locali non ha sempre funzionato…

Deve essere rafforzata. Ogni decisione sulla base delle informazioni fornite dalle autorità sanitarie spetta all’autorità che ne ha competenza, ma in piena concertazione. La curva dei contagi sta aumentando, serve l’apporto di tutti. A Napoli abbiamo tenuto ieri la conferenza regionale di tutte le autorità di pubblica sicurezza aperta ai sindaci e alle rappresentanze per mettere a punto, insieme, una pianificazione dei controlli più efficace.

In questi mesi dall’intelligence è arrivato un allarme sull’uso della crisi da parte della criminalità organizzata, specie al Sud. Ha riscontro sul territorio?

Sì, e desta grande preoccupazione. Napoli ha una presenza di criminalità organizzata risalente nel tempo e molto radicata. Stiamo mettendo in atto modelli di analisi e previsione che scongiurino le infiltrazioni criminali nel flusso di fondi che arriverà nel territorio. Non dimentichiamo la lezione del terremoto in Irpinia nel 1980, quando indagini giudiziarie svelarono gravi fenomeni di infiltrazione nell’afflusso di denaro.

Come si può evitare che i fondi Ue finiscano in mano ai clan?

A Napoli la prefettura sta facendo la sua parte. Negli ultimi 8 mesi sono state emanate 72 interdittive antimafia, un aumento notevolissimo rispetto agli anni precedenti. Restano alcuni problemi.

Quali?

La debolezza e fragilità del fronte occupazionale, soprattutto nell’area metropolitana, che espone a un indebolimento della cultura della legalità. La criminalità organizzata si infiltra tramite l’usura o l’acquisizione di società in crisi. Le amministrazioni comunali sono le più esposte al condizionamento mafioso, perché sono le più prossime ai cittadini. Non possiamo abbassare la guardia.

 

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