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Uno schieramento geopolitico per la nuova corsa allo Spazio. È il senso della firma degli Artemis Accords secondo Marcello Spagnulo, ingegnere, presidente di Marscenter e autore di “Geopolitica dell’esplorazione spaziale” (Rubbettino, 2019), in cui ha dedicato un capitolo proprio al tema del possibili viaggi futuri verso Luna e Marte. Formiche.net lo ha raggiunto per capire il valore degli accordi, il peso italiano e le assenze più pesanti (Francia su tutti), ma anche per valutare il possibile impatto del voto americano del 3 novembre sul programma Artemis, con cui gli Stati Uniti puntano a tornare sulla Luna entro il 2024.

Che valore hanno gli Artemis Accords per gli Stati Uniti?

Il programma Artemis è concepito per essere una partnership internazionale, come la Stazione spaziale internazionale (Iss) e quindi deve comprendere degli accordi per condividere ciò che ogni nazione partecipante coinvolta si deve attendere nel tornare sulla Luna. Quando lo scorso aprile Trump ha firmato l’ordine esecutivo per incoraggiare il sostegno internazionale sull’utilizzo delle risorse spaziali, la Nasa ha dichiarato che ciò sarebbe stato parte di un quadro di accordi bilaterali per la futura esplorazione spaziale.

Da cui dunque gli accordi?

Sì. In effetti, gli Artemis Accords, annunciati a maggio, costituiscono un po’ più di quel quadro. Sono una serie di princìpi politici per l’esplorazione e l’uso dello spazio cosmico che impegnano gli Stati Uniti e i partner che li firmano a un approccio condiviso su quei principi. Peraltro, il preambolo degli accordi richiamando espressamente l’Outer Space Treaty del 1967 come framework di ispirazione e compatibilità, ne fa degli impegni intergovernativi di rilievo, sebbene ancora non vincolanti, con una prospettiva di lungo periodo.

L’obiettivo sembra essere anche geopolitico: definire il perimetro dei partner coinvolti. È finito il tempo della collaborazione a tutto tondo (con la Russia) sulla Iss?

C’erano tutti i segnali che la Iss non corrispondeva più a quelle esigenze geopolitiche che invece ne avevano rappresentato la spinta negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Ovviamente la Russia potrebbe decidere di firmare gli Artemis Accords, così come la Cina per esempio, ma per ora non è così. Anche perché gli Stati Uniti stanno “definendo” lo schieramento che è, come dico spesso, di natura tecno-politica. L’esplorazione dello spazio al pari di problematiche terrestri, penso al 5G, porterà le superpotenze Usa e Cina a un terreno di confronto sempre più acceso, in cui l’adesione internazionale non sarà solo questione di “scelta di campo”, ma anche di sostegno a un riequilibrio geopolitico e, sperabilmente, di riduzione del rischio di conflitto.

L’Italia si è presentata alla firma degli accordi come unico Paese europeo con una dichiarazione d’intenti bilaterali con gli Usa specifica su Artemis. Che peso ha?

Un peso notevole. Come sa, non sono prodigo di complimenti, ma devo dire che il lavoro fatto sin qui dal sottosegretario Fraccaro di concerto con l’ufficio Spazio della presidenza del Consiglio è stato davvero importante. L’Italia è insieme a Regno Unito, Canada, Giappone, Lussemburgo, Australia e (attenzione) Emirati Arabi Uniti (una firma frutto degli Accordi di Abramo e a mio avviso foriera di dense novità geopolitiche) tra i primi firmatari degli accordi. Non c’è la Francia, che anzi rilancia una cooperazione con la Cina secondo quanto dichiarato dal presidente del Cnes, lo scorso 28 settembre, e non c’è la Germania, curioso per un Paese che esprime l’attuale direttore generale dell’Esa, il quale si è sempre impegnato a favore dell’esplorazione della Luna. Può darsi che seguiranno, ma per ora non ci sono.

E l’Italia?

Ricordo che l’Italia è stata molto attiva per riattivare a inizio anno il comitato “European international space station intergovernmental agreement coordination”, proprio per estendere le attuali basi di cooperazione per la Iss anche al Lunar Getaway e all’Artemis. Non è stato facile perché in Europa non avevamo partner molto ben disposti, ma il lavoro dell’ambasciatore Stefano Queirolo Palmas (che ha guidato il Comitato Esa, ndr) è stato molto importante in questo senso. Anche perché adesso il programma I-Hab che è sviluppato in ambito Esa a guida italiana può meglio integrarsi con gli “implementing agreements” che dovranno essere elaborati tra Usa e Italia dopo la firma degli Artemis Accords. Ovviamente c’è ancora da lavorarci su, ma oggi quantomeno nei programmi strategici lunari e cislunari, l’Italia ha fatto una scelta geopolitica a mio avviso strategica e rilevante.

Nella nuova corsa allo Spazio emerge una nuova potenza: la Cina. È questa la vera antagonista degli Usa in vista dell’obiettivo ritorno sulla Luna?

Stati Uniti e Cina sono antagonisti sul pianeta Terra e quindi di conseguenza anche nello Spazio. È possibile che entrambe non vogliano un conflitto come prospettiva, ma l’interdipendenza economica del Pianeta conduce i due sistemi capitalistici “politici”, come li chiama Alessandro Aresu, a guardare alle rispettive economie come strumenti di sicurezza nazionale utilizzando settori come l’esplorazione spaziale quali “enabler” di superiorità, di mutua deterrenza e di influenza geopolitica verso Paesi terzi. Con l’avvento della robotica e dell’intelligenza artificiale questa “corsa” allo Spazio tratteggia prospettive talora poco rassicuranti, ma la forza della storia è anche in questo, e la forza delle persone capaci sta nel provare a governare al meglio il caos degli eventi.

Ma se il prossimo 3 novembre vincesse Joe Biden, non c’è il rischio che Artemis possa subire battute d’arresto, ritardi, o addirittura venire accantonato?

Comunque vada, l’attuale presidente ha lasciato un segno nella politica spaziale degli Stati Uniti con il programma Artemis (e la volontà di far sbarcare la prima donna sul suolo lunare), il Lunar Getaway e la Space Force. Al di là della connotazione politica della futura amministrazione c’è il tema strategico e geopolitico di dare continuità alla difesa della democrazia nord-americana, e in questo contesto si inserisce l’esplorazione spaziale che è, e sarà sempre più, un elemento tattico inedito nella prossima storia mondiale. Anche perché si stanno inserendo corporations private nello sfruttamento delle risorse spaziali. Ce lo vede lei un presidente americano, repubblicano o democratico che sia, frenare l’espansione delle proprie imprese? Io no; magari potrà cambiare alcune forme, ma non la sostanza.

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