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Tutto quello che può servire a mettere in sintonia la politica con il Paese, va bene. Dunque anche gli Stati generali, quando sarà più chiara la definizione del loro contenuto – sembrerebbe uno spazio di dialogo tra governo e forze sociali – saranno i benvenuti. Ma occorrerà anche riaprire un corridoio di dialogo tra maggioranza e opposizione, una sorta di “corridoio umanitario” in vista della ripresa. Perché la ripartenza dovrà poter attingere alle necessarie coesioni e solidarietà – come hanno detto tutti, a cominciare dal Capo dello Stato, trovando eco in alcuni leader politici, dal segretario del Pd a Berlusconi – deponendo temporaneamente le armi del conflitto ideologico per ripristinare le condizioni di una ripresa su basi plausibili.

Le provviste economiche per la ripresa avrebbero una loro indubbia consistenza: agli 80 miliardi attinti dalle risorse nazionali si aggiungerebbero i 172 del Recovery fund europeo per un ammontare complessivo di 252 miliardi. Una cifra importante, pari ad almeno 8 leggi di stabilità. Risorse che possono rappresentare davvero il volano per una nuova stagione di sviluppo a condizione che ne siano disegnati in modo chiaro gli orizzonti e ne siano condivise le direttrici di fondo.

Non esiste nell’ordinamento costituzionale una previsione dello stato d’emergenza né sono delineate procedure per dare effetto all’invito del Capo dello Stato alla necessaria coesione nazionale. La politica, però, ha trovato in passato forme che hanno dimostrato un grado di efficacia importante per garantire un coinvolgimento istituzionale delle opposizioni. Quando la dialettica tra forti identità ideologiche impediva la compresenza nello stesso governo della Dc e del Pci, per impedire che una parte rilevante della rappresentanza popolare rimanesse totalmente esclusa dalle scelte rilevanti per il Paese, il Parlamento assunse un ruolo centrale nelle dinamiche politiche nazionali. Ruolo che venne sottolineato anche con il conferimento al più importante partito dell’opposizione della terza carica dello Stato: il presidente della Camera dei Deputati. In qualche modo veniva recuperato, se non nella dimensione dell’alleanza di governo, attraverso il canone del procedimento parlamentare, lo spirito collaborativo dei costituenti che in questi giorni è stato più volte evocato da Mattarella.

Certamente non è tempo questo che viviamo che possa consentire alterazioni della simmetria politica maggioranza-opposizione. Per rispondere allora alla necessità collaborativa tra le parti politiche bisognerà cercare altre dimensioni collaborative, rispettose di quella simmetria ma al tempo stesso capaci di consentire un’adeguata condivisione delle scelte fondamentali da attuare con le risorse che vengono attribuite al Paese per risarcirlo delle difficoltà subite per la pandemie.

È dunque possibile in un momento delicato come questo fare un passo in più sulla strada della condivisione delle politiche pubbliche nel tempo dell’emergenza, utilizzando il percorso delle Commissioni di garanzia. Si pensi all’istituzione di una Commissione bicamerale, presieduta da un esponente dell’opposizione, da strutturare secondo la tipologia di Commissioni di controllo e di indirizzo parlamentare già sperimentate dal nostro ordinamento.

Si tratterebbe di un “luogo” per elaborare una politica condivisa, con le necessarie aperture, attraverso le risorse tipiche delle Commissioni di indirizzo, che sono quelle dell’acquisizione di documenti, programmi e progetti, dello svolgimento di audizioni rivolte al mondo sindacale, produttivo e finanziario nazionale e della facoltà di proporre indirizzi capaci di un consenso ampio nel Parlamento e nel Paese.
Resterebbe comunque un buon gesto sulla strada del ripristino della perduta civiltà politica, in un momento in cui nessun governo può permettersi di agire ignorando le ragioni dell’opposizione. E nessuna opposizione può scrollarsi di dosso le responsabilità politiche di fronte alla nazione.

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