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L’Idu, International Democracy Union, si è ritrovata la settimana scorsa negli Stati Uniti per il momento più importante dell’anno: il Forum di Washington DC. L’Idu è la più importante organizzazione internazionale del centrodestra, con 84 partiti membri che coprono ogni Continente e area geografica. All’interno dell’Idu sono rappresentati più di 60 Stati. Fondata nel 1983 da una intuizione di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, negli anni è diventata un luogo di confronto e contatto tra vertici conservatori e liberali. Negli ultimi anni, da quando la presidenza dell’organizzazione è stata assunta dall’ex-primo ministro del Canada Stephen Harper, il forum di DC ha acquisito sempre più prestigio.

L’evento si è articolato su tre giorni, con decine di relatori di altissimo profilo. Dal senatore della Florida Marco Rubio all’ex-vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, passando per Capi di Stato e governo come il presidente della Repubblica in Ghana Nana Akufo-Adda e il primo ministro della Jamaica Andrew Holness. Moltissimi i membri di Parlamenti di ogni angolo del pianeta.

Mai come in questa edizione gran parte dei dibattiti si è incentrata sulla minaccia alla democrazia come modello di governo e ancor più come modello di società. Una fetta importante di sistema mediatico prova da anni, con tanta veemenza quanto insuccesso, a collegare questo rischio alla vittoria nelle urne dei movimenti più conservatori e in generale delle coalizioni di centrodestra. Hanno subito questo attacco, per esempio, durante l’intera campagna elettorale del 2022 Giorgia Meloni e i suoi alleati in Italia e più recentemente il candidato libertario argentino Javier Milei.

Durante il forum si è rilevato come questi tentativi di delegittimazione siano fuorvianti oltreché scorretti. Le due principali fonti dell’attacco ai valori democratici che costituiscono la base valoriale dell’Occidente sono altre: il fondamentalismo islamico da un lato e fette purtroppo sempre più ampie dei partiti progressisti occidentali dall’altro. Il primo, manifesto mai come in queste ultime settimane dagli attacchi terroristici di Hamas ad Israele lo scorso 7 ottobre. Le seconde, rese ormai palesi dal giustificazionismo degli attacchi di cui sopra, o dall’ipocrisia con cui i grandi movimenti associazionistici della galassia progressista (BLM, Fridays for Future e molti altri ancora), mentre si accaniscono sui modelli di società americani ed europei, ignorano luoghi come l’Iran degli Ayatollah, dove ogni giorno donne e minoranze sono soggette a soprusi e violazioni dei diritti più basilari, o la Cina di Xi Jinping, dove è ormai ampiamente documentata l’esistenza di campi di concentramento in alcune Regioni del Paese.

Dove sta quindi il vero pericolo per l’integrità delle nostre società di diritto? Nella regolare vittoria in libere urne di chi difende e crede nei valori del centrodestra, o nelle piazze inferocite che tentano di negare il diritto ad esistere di Israele, sventolando bandiere dell’Isis, e trovando un atteggiamento sminuente della gravità di queste azioni, quando non palesemente giustificativo, da parte di leader politici progressisti? Le recenti dichiarazioni di Pedro Sanchez (lo stesso che, per mantenere il posto di primo ministro, ha siglato un accordo con movimenti che professano la fine della Spagna come Nazione) o di influenti membri del Congresso Democratici negli States come Alexandria-Ocasio Cortez e Ilhan Omar o, ancor peggio, di figure come i presidenti di Harvard, MIT e Penn University che più di ogni altro alla luce della propria funzione accademica dovrebbero prestare un’attenzione massima rispetto al pericolo del fascino per l’autocrazia o per il fondamentalismo, dovrebbero accendere seri campanelli di allarme, ben più di chi vince una regolare elezione.

Uno dei momenti più toccanti del forum è stata la testimonianza di Maria Corina Machado, candidata presidente in Venezuela contro il brutale regime di Maduro. Una donna straordinaria, la cui lotta per diritti, in primis a favore di milioni di donne venezuelane, rimane ben lontana dai radar di quei movimenti femministi che sono invece ogni giorno pronti a descrivere le democrazie europee o americane come il male assoluto. Una vergogna, ma più che altro la prova di come queste organizzazioni abbiano di fatto ben poco come obiettivo se non battaglie ideologiche anti-Occidente. Che, pur con tutti i suoi difetti e le migliorie a cui si può sempre ambire, rimane l’unico luogo al mondo dove diritti civili e libertà vengono garantiti.

Un altro fronte di particolare interesse è stato il conflitto russo-ucraino. La tentazione di scendere a facili compromessi è palpabile in molti Parlamenti, a partire dal Congresso di Washington. È stato Dan Crenshaw, importante Deputato GOP del Texas, a dire chiaramente la scelta che i centrodestra di tutto il mondo hanno davanti: continuare oggi, ad un costo ampiamente sostenibile, a sostenere la battaglia di libertà Ucraina o trovarsi domani, con dispendi decisamente più elevati, a contenere una Federazione Russa ormai del tutto fuori controllo. Le difficoltà sul campo, inutile negarlo, ci sono eccome. Ma l’Occidente non può in alcun modo rinunciare al supporto nella difesa di un popolo aggredito, contro ogni principio del diritto internazionale, da parte di Vladimir Putin. La pace, obiettivo chiaramente condiviso e condivisibile, non può diventare la scusa tramite cui un Paese si vede privato di fette del proprio territorio per la prepotenza militare e le ambizioni geopolitiche di un suo vicino.

Dal terrorismo di Hamas all’aggressione russa in Ucraina, senza dimenticare la crescente minaccia iraniana e la polveriera in molte aree dell’Africa in molti hanno evidenziato un comune denominatore: la mancanza di capacità di deterrenza da parte degli Stati Uniti, indeboliti oggi come non mai da un Presidente che ha compiuto errori strategici di grave portata. I miliardi di dollari versati a Teheran contro ogni logica politica, militare o strategica sono soltanto il più lampante degli esempi. Per tenere serrati i ranghi di un’Occidente sotto minaccia da sempre più fronti, occorrono leadership ferme nelle proprie azioni e ancor prima nei propri valori, ben lontane da quelle che troppo spesso abbiamo visto in azione negli ultimi anni.

L’Idu si ritroverà in primavera per un nuovo Forum, che assumerà una grande importanza soprattutto in chiave europea, alla luce della grande partita elettorale che attende i 27 Stati membri il 9-10 giugno.

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