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La sagra dei governatori è fuori misura, confida a Formiche.net Gerardo Bianco, già ministro della Pubblica Istruzione, parlamentare fino al 2008 ed esponente di spicco della Dc che invita a non ascoltare quei tentativi di un ritorno alle particelle pre-risorgimentali, quando l’amministrazione era gestita da piccoli potentati locali e non da uno Stato centrale. In una ampia conversazione Bianco ragiona di giustizia, di Ue e di ripartenza e sottolinea che la magistratura ha fatto un lavoro importante nella lotta alle mafie, ma ha assunto anche un atteggiamento antipolitico, ignorando che la redenzione non può mai avvenire per via giudiziaria.

Possibile crollo sociale e tempi di arrivo dei denari europei: come farà il governo a trovare tra i due elementi un punto di equilibrio?

Il governo troverà un equilibrio quando troverà una linea per rimettere in sesto il Paese. In primis mi pare positiva la conferma della posizione europeista, rispetto a quella sciagurata di chi era ed è contro l’asse portante dell’Italia. Per fortuna al livello internazionale c’è una grande leader, Angela Merkel, che ha rimesso in sesto il tutto: ora il governo italiano sia in grado di gestire i fondi non con una logica di mance assistenziali, anche se gli ultimi vanno sostenuti, ma con una progettualità che riguardi scuola, formazione e infrastrutture. La ripresa va stimolata aiutando le imprese a svilupparsi puntando su innovazione e ricerca.

E all’esterno del Paese?

L’Italia deve investire anche su ciò che vuole essere nel mondo: la sua posizione naturale come proiezione al livello mediterraneo è una dimensione sulla quale dovrebbe operare l’attività politica del governo. Non siamo lasciati soli, dinanzi a noi abbiamo delle chances. Inoltre non mescoliamo Covid e dopoguerra, che io ho vissuto in prima persona.

Per quali ragioni?

Avevo 10 anni e ne ho un ricordo vivo. Ci sono delle premesse importanti che distinguono i momenti e soprattutto, come osservato da Giuseppe De Rita, bisogna far leva sulla capacità del popolo di riprendersi. Occorre una spinta dal basso, non può farlo solo la politica.

Si sceglierà un nuovo patto nel perimetro della maggioranza oppure si batteranno altre strade in vista del fatto che arriverebbero prima i soldi del Mes e solo dopo quelli del Recovery Fund?

Non vedo alternative a questo governo, quindi la maggioranza è quasi costretta a stare insieme, anche se si tratta di culture traballanti. Chi può rappresentare un momento di consapevolezza maggiore, visto che proviene da una tradizione culturale che ha contribuito a ricostruire l’Italia, è il Pd. Credo che la politica responsabile dei dem sia un elemento di garanzia accanto ad alcuni mutamenti interessanti di alcuni leaders del M5S, che resta nel suo complesso privo di una piattaforma culturale. Dovrebbe trasformarsi profondamente per diventare un partito capace di governare, una modifica che potrebbe avvenire per logica di potere.

Il ruolo del premier la convince?

Non male Conte, anche se costretto a lunghe mediazioni. La grande questione non è quella di oggi o dell’attuale esecutivo, quanto la macchinosità della sua infrastruttura amministrativa. Le interferenze che spesso rallentano le procedure hanno come effetto quello di spaventare anche le persone per bene di una magistratura, sia ordinaria che amministrativa, che va al di là delle proprie competenze ed estende giurisdizionalismo in aree che sono proprie della P.A.

Il numero uno della Cgil lancia l’allarme (Landini: “Aiuti al lavoro o sarà crisi sociale”). Come prevenirla?

Osservo che la questione tocca coloro che non hanno patriottismo: mi riferisco agli evasori fiscali. Se ciascuno facesse il proprio dovere l’Italia si rimetterebbe in piedi nel giro di 48 ore.

Perché il linguaggio non felpato di Piercamillo Davigo, per dirla con le parole di Gian Carlo Caselli, solleva inquietudini?

Il problema è che la magistratura, checché se ne dica, ha fatto un lavoro importante nella lotta alle mafie, penso a Falcone e Borsellino. Ma ha assunto anche un atteggiamento antipolitico, non rendendosi conto che le leggi da loro applicate sono state realizzate dai politici: vedo un pregiudizio da questo punto di vista. Inoltre esiste l’idea, in parte animata dalla stessa magistratura, di essere i detentori dell’Italia. Si ignora, però, che la redenzione non può mai avvenire per via giudiziaria. I magistrati devono rispettare i limiti della legge, come dice la Costituzione, senza sconfinare in altre competenze. È un potere così autonomo da sembrare a volte arbitrario: ripercorrendo la storia della magistratura in Italia, ecco che accanto ai danni della politica vi sono quelli che la magistratura ha introdotto. Manca di autocritica e quindi è mancata la costruzione di un pensiero nuovo per la politica, venendo meno con le ideologie gli indirizzi di fondo.

Dal Covid una lezione anche alle istituzioni?

La pandemia dovrebbe indurre tutti a una riflessione profonda per ritrovare e vivere valori. De Rita non a caso ha chiesto il risveglio delle coscienze e della operosità degli italiani, due elementi che ci fecero vincere nel dopoguerra. L’Italia, non dimentichiamo, era in ginocchio ma quella vitalità puntò poco sullo Stato, che non aveva risorse, e molto sul proprio dinamismo.

Tutti i settori lamentano una criticità strutturale, ma poi le isole greche chiuse a quattro regioni provocano una sollevazione in vista delle vacanze che in molti non potrebbero permettersi. Come mai questo corto circuito?

La confusione c’è in Italia ma anche altrove. Gli unici leader con le idee chiare sono Merkel e Macron, che non pensano ad un’Europa da piccole patrie. Da questo punto di vista non è un caso che Conte abbia compreso alcuni passaggi, questa la ragione per cui si fa guidare da una logica morotea che lo porta poi alle grandi mediazioni. Aggiungo che la sagra dei governatori è fuori misura: non ascoltiamo quei tentativi di un ritorno alle particelle pre-risorgimentali, quando l’amministrazione era gestita da piccoli potentati locali e non da uno Stato centrale.

twitter@FDepalo

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