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Se era rimasto qualche dubbio sulla virata totalitarista del governo di Nicolás Maduro, in Italia o nell’Unione europea, il dubbio è stato sciolto con l’annuncio più recente del leader socialista venezuelano. Le elezioni legislative sono programmate per la fine di quest’anno e il chavismo sta svolgendo, con un’inusuale velocità, tutta una strategia politica per polverizzare l’opposizione. Alle ultime elezioni del Parlamento a dicembre del 2015, la coalizione dei partiti di opposizione vinse con una grande maggioranza, un risultato che questa volta il regime non può permettersi.

Così Maduro ha deciso di “espropriare”, come se fossero imprese, due partiti politici. Un colpo di grazie per lasciare fuori dal gioco politico il partito socialdemocratico Acción Democrática (Ad) e al partito di centro Primero Justicia (Pj). Queste due formazioni politiche sono le più solide e antiche dell’opposizione.

Il primo, Ad, governò il Venezuela durante gli anni della fortuna petrolifera, mentre il secondo, Pj, è nato proprio come controparte del chavismo alla fine degli anni ‘90. Nel mirino di Maduro ci sono anche il partito social cristiano Un Nuevo Tiempo (Unt), che ha molta forza sul territorio regionale ed è guidato dall’ex chavista Manuel Rosales, e il partito Voluntad Popular, del presidente del Parlamento Juan Guaidó e il leader dell’opposizione Leopoldo López, rifugiato da mesi nell’ambasciata spagnola a Caracas.

Tutto indica che Unt sarà lasciato da solo dagli alleati Ad e Pj, nell’attesa di sapere la sorte del partito Vp nelle mani del Tribunale Supremo di Giustizia. Uno degli scenari per il partito di Guaidó ed essere dichiarato dalle autorità come organizzazione terroristica”, sfruttando il processo aperto dalla Procura della Repubblica, che risponde a Maduro e i suoi interessi. Con queste novità sarà impossibile per l’opposizione venezuelana formare l’alleanza G4, con i quattro principali partiti dell’opposizione, una strategia di coalizione messa in atto alle elezioni presidenziali del 2018 per resistere alla mancanza di garanzie e inabilitazione di candidati.
Secondo il quotidiano La Nación, l’obiettivo di Maduro ora è forzare i partiti dell’opposizione, che erano sospesi e non potevano più candidarsi alle legislative di fine anno, a partecipare alle elezioni ma con una leadership diversa. L’ex candidato presidenziale in Venezuela, Henrique Capriles, – che già nel 2013 è stato vittima delle manipolazioni elettorali del chavismo alle urne -, ha denunciato che il regime cerca di rubare l’identità del proprio partito: “Con il furto delle sigle vogliono usurpare ancora il Tribunale Supremo della Giustizia ha deciso di consegnare il Pj ai corrotti”. Per Henry Ramos Allup, uno dei principali esponenti di Ad, il governo di Maduro vuole “simulare nelle prossime elezioni ci siano Ad e Pj”, ma non con un voto reale. Juan Guaidó ha avvertito che chi vuole “convalidare questa farsa sono gli stessi attori delle presidenziali del 2018”.
La strategia di “rubare” l’identità di questi partiti di opposizione per convalidare un processo elettorale è stata adottata anche da Daniel Ortega in Nicaragua, quando vinse le elezioni presidenziali con quello che gli esperti definiscono “un’opposizione addomesticata”. “La strategia del governo cerca di rompere la simbologia istituzionale dell’opposizione, cacciandola dal Parlamento ed escludendola dal Consiglio Nazionale Elettorale (Cne), togliendo i partiti di opposizione (consegnandoli a disertori) e costringendo a decidere tra la clandestinità e l’esilio”, ha spiegato Luis Vicente León, presidente della società di analisi e sondaggi Datanálisis.
Ed è proprio sul Cne, l’istituzione che impone le regole e vigila i processi elettorali in Venezuela, che il regime di Maduro vuole avere l’assoluto controllo. In pochissimi giorni, il chavismo ha nominato nella direzione tre militanti del partito socialista e due ex oppositori, il tutto senza contare sul voto del Parlamento, come prevede la Costituzione. Su questa mossa totalitarista di Maduro a livello elettorale si è pronunciato il capo della democrazia di Bruxelles, Josep Borrell, sostenendo che per l’Unione europea “un Cne indipendente e bilanciato, così come condizioni di equità che permettano la partecipazioni di partiti politici e candidati, sono la pietra angolare di un processo elettorale credibili”. L’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha chiesto anche all’opposizione e il governo venezuelano di iniziare “negoziazioni significative e inclusive per la nomina del Cne e annullare i divieti sui partiti dell’opposizione”.
Per Borrell la scelta contro i partiti Ad e Pj “riducono al minimo lo spazio democratico del Paese e creano altri ostacoli per la risoluzione della profonda crisi politica del Venezuela”. Per lui, la soluzione del conflitto è in nuove “elezioni legislative e presidenziali libere”.Chissà cosa direbbe oggi su Maduro l’esponente del Movimento 5 Stelle Alessandro  Di Battista che, come ricorda Il Foglio, tempo fa riteneva Maduro un “’governo democraticamente eletto’ contro cui era in corso ‘un tentativo di colpo di stato’ per ‘fermare il cambiamento’” e quello bolivariano un modello da cui ispirarsi per uscire dall’euro ed stampare una moneta sovrana.

Così Maduro espropria l’opposizione in Venezuela. Italia e Ue resteranno zitte?

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