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“L’Italia ha bisogno di realizzare finalmente le riforme del Csm e della carriera dei magistrati, le proposte ci sono ma restano in un cassetto. E, in generale, c’è bisogno di selezionare una nuova classe dirigente”. Michele Vietti, avvocato e docente di Diritto commerciale, è stato tra l’altro sottosegretario alla Giustizia e vicepresidente del Csm. L’inchiesta sul pm Luca Palamara e le tante intercettazioni stanno gettando scompiglio tra le toghe, comprese le dimissioni dei vertici dell’Anm, e imbarazzo nella magistratura e nella politica: in questo quadro Vietti rilancia le proposte di cui si discute da anni.

I nodi vengono al pettine nella magistratura: le intercettazioni dell’inchiesta sul pm Luca Palamara hanno portato alle dimissioni del vertice dell’Anm. Sta venendo meno la credibilità del potere giudiziario. Qual è l’impatto politico e, anche, sulla gente comune?

Per la gente comune è negativo. In verità, per chi conosce il sistema, se le nomine degli uffici direttivi continuano a essere lottizzate tra le correnti e affidate ai giochi di potere, purtroppo non può stupire che ci si affanni a pietire con i capicorrente per indicare tizio o caio per un certo posto. Ma proviamo ad uscire dal pettegolezzo delle intercettazioni, che rappresentano peraltro una nemesi per i magistrati (a proposito: cosa si è fatto per regolare la loro pubblicazione?). Chiediamoci: un anno dopo l’inizio del cosiddetto caso Palamara, che cosa si è fatto? La tragica risposta è che non si è fatto nulla. Questo è il vero scandalo.

Ricordiamo gli interventi di cui si parla inutilmente da anni?

Si dovrebbe intervenire sulla legge elettorale del Csm, sul meccanismo di nomina degli uffici direttivi, su quello della progressione in carriera dei magistrati, sul sistema disciplinare che va assolutamente irrigidito. Se non si fa questo, e non lo si è fatto, la responsabilità è della politica.

È maggiore la responsabilità della politica o la resistenza della magistratura a farsi “toccare”?

Tutti i riformandi oppongono resistenza. La deriva del Csm sta nel fatto che da governo autonomo della magistratura come l’ha disegnato il costituente è diventato una sorta di autogoverno. La magistratura può anche non collaborare e così facendo si dimostra miope, come prova questo ritorno di fiamma, perché avrebbe dovuto anch’essa invocare a gran voce una riforma invece di dire “calati juncu ca passa la china” e attendere il passaggio della piena. Si confida sempre che tutto si risolva all’italiana perché la memoria collettiva si affievolisce e facciamo finta di niente.

Il vicesegretario del Pd ed ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha detto che serve una seria riflessione su come riformare il Csm.

Ho letto con piacere la parole di Orlando, bisogna fare questa benedetta riforma e ricondurre le correnti ad aggregazioni culturali e luogo di promozione di idee di politica giudiziaria, spezzando questo cordone ombelicale di voto, potere e nomine. Nel Vangelo è scritto “Oportet ut scandala eveniant”, ma è opportuno se poi facciamo tesoro degli scandali per cambiare.

In alcune intercettazioni è stato attaccato Matteo Salvini in modo oggettivamente inaccettabile per l’imparzialità che dovrebbe caratterizzare la magistratura. L’imbarazzo è stato evidente.

È grave. È vero che non si trattava dei magistrati impegnati nelle inchieste su Salvini, ma rappresenta comunque un vulnus al dovere del magistrato di apparire, oltre che essere, imparziale.

Quante speranze ci sono di fare delle vere riforme?

Ho presieduto una commissione nominata dall’allora ministro Orlando che nel 2018 gli consegnò una serie di proposte articolate per intervenire su questi temi. Un’analoga commissione presieduta dall’ex ministro della Giustizia ed ex presidente del tribunale di Roma, Luigi Scotti, aveva formulato varie alternative per cambiare la legge elettorale del Csm. Sono nei cassetti del ministero: si può cominciare a ragionarci?

Nel frattempo avvengono fatti di cronaca come l’arresto del procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, che alimentano una percezione sempre più negativa delle toghe.

Soprattutto perché l’inchiesta riguarda fatti che risalivano alla procura di Trani e che Trani fosse un ufficio anomalo non è notizia di oggi: basti pensare alla convocazione della Consob e all’inchiesta sulle agenzie di rating. C’era già all’epoca qualcosa che non funzionava.

Allargando il discorso, in questa emergenza cresce la voglia di derogare dalle norme per ottenere dei risultati, dal cosiddetto “modello Genova” alla richiesta di commissariare tutto.

La credibilità di uno Stato dipende anche dalla certezza del diritto che è la condizione per attrarre investimenti nazionali e internazionali. Dove non ci sono certezza del diritto e regole chiare che vengono fatte rispettare non c’è neanche attrattività economica. L’Italia non cresce da decenni perché produce regole confuse che spesso non sono rispettate neanche da quelli che le scrivono. L’ignoranza che di frequente caratterizza la classe dirigente non è una scusante.

Alla base c’è una scarsa preparazione che crea danni.

L’unica cosa buona prodotta dall’epidemia è che la rivalutazione della competenza insieme con il rispetto delle regole. Non ci si può svegliare una mattina e interpretare le norme a proprio uso e consumo: è un atteggiamento che mette in fuga gli imprenditori.

Fa riferimento alla questione Atlantia e alla controllata Autostrade esplosa dopo il crollo del ponte Morandi? Dal Movimento 5 stelle si chiede il commissariamento di un’azienda privata e quotata in Borsa.

È un esempio di scarsa competenza su temi complessi.

Oggi l’Italia vive una straordinaria emergenza, soprattutto economica, con una classe politica debole e una magistratura delegittimata. Una situazione rischiosa.

Credo che bisognerà fare ricorso a tutte le nostre migliori risorse per uscirne, soprattutto selezionando una nuova classe dirigente, non solo politica. Ha ragione Ferruccio de Bortoli quando scrive sul Corriere della Sera dell’esigenza di una grande iniziativa di formazione e di educazione nazionale. I partiti non fanno più selezione e neanche le “agenzie” tradizionali come la Chiesa, il sindacato, la Confindustria. Serve un grande sforzo collettivo di selezione per accedere alle funzioni di responsabilità, altrimenti diamo l’idea che il treno sia senza guidatore.

Perché è urgente riformare la giustizia (anche per l’economia). Parla Vietti

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