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Non è per nulla buono il clima che accompagna la già difficilissima ripartenza di tutte le tipologie produttive di beni come di servizi.

La necessaria coniugazione tra lavoro e salute è resa incerta dalla ancora insufficiente disponibilità di dispositivi come mascherine, reagenti, camici monouso, alcol. E le rigorose disposizioni dell’Inail sembrano voler compensare la consapevolezza di queste carenze. Contemporaneamente, la qualificazione del contagio come infortunio sul lavoro può dare luogo a possibili responsabilità civili o penali del datore di lavoro, anche quando egli ha correttamente adottato ed efficacemente applicato i protocolli di sicurezza.

Né soccorrono le promesse di circolari su una presunzione di responsabilità che non dovrebbe essere semplice perché l’imponderabilita’ giurisprudenziale in Italia è tale da spaventare e ulteriormente demotivare chiunque. Non ha certo aiutato la cattiva idea di consentire agli avvocati il “patto di quota lite” per convincere clienti anche a liti temerarie.

Vengono infatti al pettine nodi meno recenti, come questo, e nuovi, come quelli ulteriormente disposti dal decreto “rilancio”. Marco Biagi diceva che è impossibile compensare un disincentivo normativo con un incentivo finanziario. Quella che impropriamente viene chiamata “burocrazia” pervade il maxi-provvedimento, nel quale la regolazione complessa e diffidente largamente prevale sul conclamato bisogno di “fare presto”.

Usciamo peraltro dalla cattiva esperienza delle norme sulla liquidità delle imprese attraverso le garanzie dello Stato sui prestiti bancari e degli ammortizzatori speciali come la cassa in deroga e il fondo di solidarietà. Anche disposizioni dedicate alla flessibilità come il temporaneo superamento delle causali per i contratti a termine hanno già dato luogo a interpretazioni dubbie e timori di rientro dalla finestra delle rigidità. I licenziamenti oggettivamente derivanti dall’andamento dell’impresa sono bloccati ma le date non collimano con quelle degli ammortizzatori. Le procedure per accedere a molti benefici fanno presagire lunghi controlli.

L’esame parlamentare del decreto si preannuncia peraltro complicato non solo per la quantità incredibile di disposizioni ma anche per alcune soluzioni fortemente divisive che accentueranno il conflitto politico in luogo della ricerca di buone correzioni. A ciò si aggiunga l’amaro sapore elettorale di molte disposizioni come la ennesima stabilizzazione di insegnanti (con relativo incremento strutturale di spesa corrente) a prescindere dagli oggettivi fabbisogni e da un progetto di rinnovamento dell’istruzione.

Siamo, insomma, ben lontani da quel circolo virtuoso della fiducia e della speranza che dovrebbe sostenere la faticosa ripresa e incoraggiare i molti che sono ancora incerti se valga la pena ripartire. Sembrano esaltarsi in questa fase tutte le ragioni di declino istituzionale, di disgregazione politica, di dequalificazione amministrativa, di frattura sociale lungamente maturate e più recentemente accelerate. È davvero il momento di decisioni alte e condivise per il bene della nazione.

Fiducia e speranza. Cosa manca nel decreto Rilancio secondo Sacconi

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