Skip to main content

“Il capo militare libico è il cliente ideale per lo scambio oro per dollari in Venezuela”. È questo il titolo di un articolo pubblicato sul sito Insight Crime, un’organizzazione con sede a Washington e Medellín, specializzata nel monitoraggio sulla criminalità organizzata a livello internazionale.

Sulla scia dell’inchiesta pubblicata dal quotidiano americano The Wall Street Journal, anche Insight Crime sottolinea i legami economici tra il regime di Nicolás Maduro in Venezuela e il leader militare Khalifa Haftar, che controlla gran parte della Libia, e sta perdendo territorio di fronte alle forze governative sostenute dall’Onu. “Visti gli sforzi per mantenere l’insorgenza – si legge sul sito – è ragionevole la tesi di alcuni report che sostengono abbia chiesto aiuto finanziario al Venezuela”.

Secondo l’agenzia Reuters, da giugno gli Stati Uniti seguono i passi di Haftar e molti indicano la strada verso il Paese sudamericano: “Le sanzioni economiche imposte dal presidente Maduro e altri importanti membri del governo hanno colpito le finanze del regime, costringendo alla ricerca di altre fonti di liquidità. Per questo, si sono rivolti alla Russia, agli Emirati Arabi Uniti e all’Iran, che si presume si siano appoggiati ad Haftar in Libia”. Per il timore che i conti siano bloccati per nuove sanzioni americane, si pensa che il leader libico sia volato a Caracas per portare dollari e scambiarli per oro, giacché il metallo prezioso è più difficile da rintracciare dalle autorità americane e libiche.

Per Insight Crime, è una pratica del regime venezuelano vendere oro in Medio Oriente: “Infatti, il governo ha scambiato le riserve di oro della Banca Centrale del Venezuela per prodotti chimici per le raffineria di petrolio con altri alleati internazionali, come l’Iran”.

Le indagini sul presunto “baratto” di oro per dollari con Haftar aggiunge un’altra dimensione ai legami del Venezuela con potenti personaggi mediorientali: “Haftar entra in questo schema come possibile socio-commerciale del Venezuela. Nella lotta in Libia, il militare è stato sostenuto dalla Russia e dagli Emirati Arabi Uniti, che si pensa abbiano aiutato anche il Venezuela aggirando le sanzioni degli Usa e comprando oro e petrolio”.

Maduro e il suo entourage sono sempre più circondati. A giugno, il presunto uomo dei conti del regime, Álex Saab, è stato arrestato a Capo Verde e tutto indica che sarà estradato negli Stati Uniti. C’è il sospetto che sia stato lui a negoziare la vendita di oro al governo della Turchia, tra gli altri affari.

A maggio, invece, l’ex parlamentare Adel El Zabayar è stato segnalato da Washington come intermediario tra Maduro e organizzazioni terroristiche come Hezbollah e Hamas.

“Le riserve del petrolio venezuelano si stanno esaurendo – conclude Insight Crime -. Maduro sta cercando sempre di più minerali come l’oro per tenere a galla il governo. Il regime di Caracas addirittura ha lasciato alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) e ai guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln) che prendano l’oro del Venezuela, creando un ponte criminale di fondi che è diventato vitale per sopravvivere alle continue sanzioni americane”.

Quel filo (dorato) che lega la Libia di Haftar e il Venezuela di Maduro

“Il capo militare libico è il cliente ideale per lo scambio oro per dollari in Venezuela”. È questo il titolo di un articolo pubblicato sul sito Insight Crime, un'organizzazione con sede a Washington e Medellín, specializzata nel monitoraggio sulla criminalità organizzata a livello internazionale. Sulla scia dell’inchiesta pubblicata dal quotidiano americano The Wall Street Journal, anche Insight Crime sottolinea i…

huawei

La stretta Usa convince Taiwan. Niente più chip a Huawei

Inizia a dare i suoi frutti la mossa con cui il dipartimento del Commercio statunitense ha di fatto spezzato la catena di fornitura di Huawei impedendo la vendita di semiconduttori e altro equipaggiamento con componenti di tecnologia statunitense. Un bloody nose, notavamo su Formiche.net, che ha costretto ad esempio il colosso taiwanese del settore Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsmc), principale fornitore…

tiktok

Bye bye TikTok. Ecco come Trump vuole bandire l'app cinese

Settimane, non mesi. Tanto resta a TikTok, tra le più popolari piattaforme social al mondo, prima di essere messa al bando negli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump fa sul serio: l’app di video made in China che ha scalato la vetta del mercato nel giro di pochi anni è un rischio per la sicurezza nazionale. L’ultima puntata della guerra…

putin

Giochi di guerra per il Cremlino. Così Putin allerta 150mila militari

Di Stefano Pioppi e Danilo Mattera

Il coronavirus non spaventa le Forze armate russe. Su ordine del presidente Vladimir Putin, il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha ordinato un controllo sulla prontezza operativa di 150mila unità, 26mila sistemi d'arma, 414 velivoli militari e 106 navi da guerra. Coinvolge i distretti militari meridionali e occidentali, nonché le Flotte del Nord e del Pacifico. L'obiettivo dichiarato è verificare…

Cosa c'è dietro l’accordo militare tra Siria e Iran. L'analisi di Valori

L’8 luglio ultimo scorso il Capo di S.M. iraniano Mohammad Baqeri e il ministro della Difesa siriano Ali Abdullah Ayub hanno siglato a Damasco un accordo, definito “comprensivo”, per rafforzare la cooperazione militare tra i due Paesi. Tale accordo, dicono i due dirigenti, rafforza la cooperazione militare tra Iran e Siria, soprattutto in relazione all’aumento previsto della pressione Usa nell’area…

sisi, terrorismo

Le minacce in Libia e i problemi in Egitto. I due fronti di al Sisi

Il presidente/generale egiziano, Abdel Fattah al Sisi, è tornato a ringhiare sulla Libia. Galvanizzato dall’invito dei parlamentari amici — la maggioranza dell’HoR restata a Tobruk sotto il controllo di Agila Saleh — che ha chiesto al Cairo assistenza militare qualora il governo onusiano Gna, sostenuto dalla Turchia, decidesse di attaccare Sirte. La città costiera è al centro della partita militare…

rafat

Perché in Iran la leadership è spalle al muro

“Non a Gaza, non in Libano, la mia vita è in Iran”: nella serata di giovedì per le strade della Repubblica islamica, a Behbahan e Shiraz, sono tornati gli slogan con cui i manifestanti a fine 2019 contestavano la teocrazia. “Non a Gaza, non in Libano” significa che quei cittadini chiedono alla leadership di concentrarsi su di loro, sul Paese, e non…

Gioie e dolori del Recovery Fund

Oggi inizia il Consiglio europeo con al centro il futuro Recovery Fund, unitamente agli altri strumenti che la UE sta mettendo a disposizione della ripresa post pandemia. Se ne parla tanto e vengono snocciolati come in un rosario, senza però che si faccia chiarezza perché forse nessuno ha ancora detto chiaramente quanto, cosa, come e con quali condizioni. Proviamoci. Iniziamo…

La guerra dei fagioli. Così Trump e Ivanka sfidano la sinistra radical

Sempre chiare le priorità di Donald Trump: c’è l’epidemia che batte record di contagi ogni 24 ore e l’economia che annaspa, ma lui un giorno licenzia il manager della sua campagna e il giorno dopo va, insieme alla prima figlia Ivanka, alla “guerra dei fagioli” in nome del voto ispanico e se la prende con TikTok, temibile strumento di spionaggio…

Il virus, lo Zen, la Grazia e l’intervista a Scorsese di Spadaro

Un grande regista parla di sé, della sua esperienza di asmatico nel tempo della pandemia. È Martin Scorsese e lo fa con un figlio della sua stessa terra, la Sicilia, anche lui direttore, ma di una diversa produzione culturale, La Civiltà Cattolica. Il primo elemento che emerge è che per la principale pubblicazione del cattolicesimo italiano, e non più solo…

×

Iscriviti alla newsletter