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Tra i ranghi delle forze armate della Repubblica Popolare Cinese l’interesse per i droni cresce, ovviamente, in modo costante. Le preziose lezioni offerte dagli scontri sul fronte ucraino delineano per i sistemi unmanned un ruolo fondamentale all’interno delle dinamiche belliche di questo particolare momento storico, caratterizzato dalla transizione da un regime di precision-warfare a un nuovo standard che ancora deve prendere piede. Un processo che richiede costanti e cospicui sforzi da parte delle strutture militari dei grandi attori mondiali nel portare avanti linee di sviluppo militare più o meno promettenti. Nel caso dei droni, il dubbio è ovviamente minimo. E proprio per l’ampio uso di questi apparecchi che si prospetta all’orizzonte, le forze armate mondiali sono spinte a cercare di dotarsi di capacità di contrasto quanto più efficaci possibile.

Di recente il “The PLA Daily”, quotidiano militare ufficiale della People’s Liberation Army, ha riportato lo svolgimento di diverse esercitazioni volte a sperimentare le capacità anti-drone dell’esercito cinese, la più recente delle quali si è svolta a Kunming, capitale della provincia occidentale dello Yunnan. Altri articoli hanno riguardato tecnologie in fase di studio, come ad esempio l’arma laser ad alta potenza “Dragonfire”, testata con successo a gennaio dalle forze armate di Londra, o l’impiego di simili tecnologie in conflitti come quello ucraino o quello inc orso in Medio Oriente. In uno di questi articoli viene scritto che “Attraverso lo studio delle guerre locali degli ultimi anni, si scopre che i militari stranieri di solito adottano il rilevamento, l’inceppamento elettronico… e altri mezzi per implementare le operazioni anti-Uav, e spesso ottengono buoni risultati”; subito dopo, l’autore dell’articolo chiede a gran voce di costruire di sistemi anti-droni “più intelligenti e più efficienti” per le forze armate cinesi. Anche la rivista pubblicata dall’agenzia di stampa statale cinese Xinhua Globe Weekly si è espressa al riguardo in un articolo sulle difese aeree di Israele, dove affermava che “Chiunque sia in grado di contrastare efficacemente l’uso dei droni da parte della controparte può prendere meglio l’iniziativa sul campo di battaglia”. Data l’attenzione mediatica, dire che il tema sia attenzionato dai vertici militari di Pechino potrebbe risultare superfluo.

Un rapporto sulle capacità di difesa aerea della Pla pubblicato dal Pentagono nel 2023 affermava che l’esercito cinese si è concentrato sul miglioramento delle difese aeree tattiche contro i droni a bassa quota e le loitering munitions, coerentemente con quanto avviene in Ucraina. L’emerge di queste necessità ha portato per la dimensione industriale cinese, che non ha certo ignorato tali stimoli. “Il nostro business è influenzato da situazioni internazionali, come la guerra tra Russia e Ucraina, durante la quale i droni sono stati ampiamente utilizzati. I droni del nostro Paese sono straordinari e una volta che c’è una lancia, ci deve essere uno scudo” ha dichiarato al South China Morning Post un dipendente di Jindowin, un’azienda di Nanchino specializzata in tecnologia anti-drone, che ha poi sottolineato come l’azienda non abbia un mercato estero, e che i suoi prodotti siano destinati alla sicurezza interna.

La tecnologia potrebbe rivelarsi fondamentale anche per le ambizioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e nello stretto di Taiwan: il governo statunitense sta infatti lavorando alla costituzione di un complesso sistema di droni, noto come “Replicator”, atto a contrastare le capacità cinesi nell’Indo-Pacifico. E accanto a Replicator sussiste in parallelo anche il progetto “Hellscape”, focalizzato sulla difesa dell’isola di Taiwan da una possibile invasione anfibia cinese.

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