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Con l’obiettivo di smontare le fake news sul Coronavirus, anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso alcuni giorni fa di iscriversi a TikTok. In generale, i video brevi caricati su questa piattaforma (appena 15 secondi di puro intrattenimento) stanno riscuotendo enorme successo. La stragrande maggioranza degli utenti di TikTok è composta da giovanissimi, una “fascia acerba”, vulnerabile e fortemente esposta, scriveva su Formiche.net Federica Zanella, deputata di Forza Italia, membro della Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni. Ma nonostante il successo, l’app della società cinese Bytedance continua a essere nel mirino degli Stati Uniti per l’utilizzo che fa dell’intelligenza artificiale e per il pericolo di condividere dei dati degli utenti con il governo cinese. Un nuovo capitolo della sfida tecnologico tra Washington e Pechino.

ULTIME DA WASHINGTON

A novembre il Senato di Washington aveva deciso di accende un faro sull’app cinese, seguito dopo pochi giorni dal Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius) che aveva deciso di aprire una indagine su TikTok. A fine dicembre, invece, è toccato all’esercito statunitense prendere l’iniziativa contro l’app cinese vietandone l’uso ai propri soldati e considerandola una cyber-minaccia. In pratica, come Huawei e Zte, anche TikTok favorirebbe lo spionaggio cinese.

In queste ore il senatore repubblicano Josh Hawley del Missouri ha annunciato di voler introdurre una legge per vietare a tutti dipendenti federali – e quindi non più soltanto ai militari – di utilizzare TikTok sui loro dispositivi. Motivi di sicurezza nazionale, ha spiegato rinnovando l’accusa all’applicazione di condividere i dati degli utenti con il governo cinese. “TikTok sta raccogliendo enormi quantità di dati e li sta condividendo con Pechino; sono obbligati a farlo”, ha spiegato il senatore in un punto con la stampa a margine di una seduta della commissione Giustizia del Senato incentrata sulle connessioni tra l’industria tecnologica e la Cina.

I TIMORI ITALIANI

TikTok è finito anche nel mirino del nostro Copasir. In ballo, è stato rimarcato, c’è “la sicurezza dei nostri dati, intesa come Paese, che finiscono nella disponibilità del governo cinese visti gli accordi che ha con TikTok. Dunque non si tratta di una banale questione di privacy”. Come avevamo spiegato allora, le ragioni sono due: La prima: l’app non è nuova a falle dell’infrastruttura che la rendono vulnerabile agli hacker. La seconda: come riportava Il Messaggero, TikTok è cinese ed è “tenuta a riferire al governo i dati degli iscritti: foto e video finiscono in un database a disposizione della autorità politiche”, il tutto sulla base della legge sull’intelligence cinese approvata a metà 2017, la cosiddetta National Intelligence Law. Ecco perché il Copasir ha chiesto un’indagine condotta in collaborazione con il Dis (Dipartimento per l’informazione e la sicurezza) e l’Aise (Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna)

Ma dopo il comitato bipartisan presieduto dal leghista Raffaele Volpi è arrivato il turno, a stretto giro, del Garante per la Privacy Antonello Soro che in una lettera inviata all’autorità europea competente ha lanciato l’allarme sulla protezione dei dati dell’app cinese chiedendo un intervento dopo “alcune segnalazioni in merito alle possibili vulnerabilità che presenta questa app per smartphone e come anche altre Autorità, come l’Ico inglese e l’Ftc americana, abbiano già proceduto ad avviare indagini autonome”.

TikTok, perché gli Usa vogliono estendere il divieto a tutti i dipendenti pubblici

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