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Anche al più distratto degli sguardi del più disattento degli osservatori non può sfuggire la violenza e la tragedia umana che segna la realtà dei conflitti in corso. Né sfugge la logica dell’egoismo nazionale mentre l’uso pre-potente della tecnologia (e non l’uso in quanto tale, benevolo e prezioso in molteplici ambiti della società) sta accelerando il processo di solidificazione delle basi di una costituzione materiale di tipo tecnocratico e di scala globale. Da una parte e di fatto, soggetti diversi dalle istituzioni pubbliche, influenzano, condizionano, e orientano la vita quotidiana di singoli cittadini e intere fasce di popolazione. Dall’altra, è in corso una ridefinizione di principi e concetti che fino a non molto tempo fa avremmo potuto ritenere acquisiti alla nostra società e che, tuttavia, continuiamo a dare per scontati. 

Sullo sfondo non si può ignorare la corrosività di un supposto dibattito pubblico che procede per monologhi e copioni fatti di inconsistenti polarità e bipolarità; e l’arroganza di chi pretende di imporre la propria idea come verità assoluta, tacciando di fanatismo chi semplicemente la pensa diversamente.

Assieme a Giorgio Bartolomucci, fondatore del Festival della Diplomazia, abbiamo allora pensato di introdurre all’interno del Festival un percorso di approfondimento, si potrebbe dire di tipo etico ed estetico, sui simboli, sulle condizioni, sulle possibili cause ed effetti dell’affermare qualcosa in linea di principio. Abbiamo voluto riflettere sul costo non solo dell’enunciare, ma del sostenere e tenere in equilibrio principi coesistenti e in tensione. 

La serie di video conversazioni “Simboli, condizioni, cause ed effetti: Il costo dei principi” è stata realizzata nell’ambito del Festival della Diplomazia, dalla  Scuola sulla Complessità dell’Associazione culturale “cento giovani”. Dati il contesto e le circostanze, le conversazioni non rappresentano stravaganti amenità, ma offrono uno strumento per leggere tra le righe l’attualità, le opinioni e i commenti. Giusto il tempo di prendere parte a un esercizio di pensiero sopra le righe: pensare la realtà in quello spazio dato dal mondo com’è o come si presenta ai nostri occhi e il mondo come dovrebbe essere o almeno come vorremmo che fosse.

I principi si manifestano come simboli,  si radicano in condizioni storiche e sociali, producono cause e lasciano effetti. Non sono astratti né gratuiti: custodirli, tradurli in leggi e comportamenti, tradirli o  trasformarli può avere un prezzo, individuale e collettivo: libertà, responsabilità, salute, tempo, denaro, relazioni, perfino vite umane. Dal mondo fisico a quello biologico, dalla mente umana alla politica, dalla scienza alla fede, passando per la lingua, la musica, il diritto, l’economia, l’innovazione e la storia, questa serie esplora cosa significa restare fedeli a un principio e quale rapporto apre con la realtà. Ne abbiamo parlato con ospiti eccezionali: Silvia Andreoli, Paolo D’Achille, Rosita D’Angiolella, Andrea Carandini, Andrea Cangini, Francesco Cicione, Cristina Costarelli, Ferruccio De Bortoli, Federico Iadicicco, Andrea Monda, Narciso Mostarda, Lucia Ronchetti, Roberto Sgalla e Giorgio Vallortigara. A loro vanno i nostri ringraziamenti per aver condiviso spunti e considerazioni con autorevolezza e generosità.

La domanda che attraversa le conversazioni è tanto semplice quanto radicale: quanto costa restare fedeli a un principio? In un tempo che confonde coerenza e rigidità, pragmatismo e opportunismo, la riflessione sul prezzo dei principi ci porta ad esplorare le fondamenta della convivenza democratica e chiedersi se esistano principi che valgano persino la vita stessa. Significa interrogarsi su quando un principio resti un faro e quando, invece, diventi una gabbia o una bandiera da tenere alta a ogni costo. 

Il costo dei principi sui quali è fondata la nostra società postula la centralità della persona, richiama doveri e diritti, impegno e responsabilità, libertà e senso del limite, non fanatismo o idolatria. Spinge ad essere presenti a noi stessi, a prendere coscienza e a prestare attenzione, a cogliere dentro ogni equilibrio il punto di torsione, a muoversi tra evidenza e rivelazione, tra ciò che sappiamo e ciò che possiamo soltanto immaginare. Dovremmo cercare più in alto, in questo senso, essere ambiziosi. Rinnovare il nostro modo di stare al mondo, secondo misura, accordare le discordanze, stabilire una legge umana di convivenza, ambire a diventare pienamente umani. 

In fondo, ogni principio ha un costo che può dare senso e direzione alle nostre scelte, individuali e collettive. Rappresenta il momento sospeso tra trascendenza e immanenza, in cui si traccia una linea e ci si mette in cammino o lo si riprende da dove si era interrotto. Si apre una pagina nuova del pensiero e dell’esperienza. Ci permette di sentire e desiderare, discutere, negoziare la realtà che intendiamo. In un mondo fuori squadro, è una promessa dentro la quale possiamo trovare un nuovo inizio. È un atto politico che armonizza prospettive diverse, che orienta le relazioni e le scelte, ed è un atto poetico, autenticamente creativo, che interpreta il mondo e, al tempo stesso, gli dà forma. La risposta che cerchiamo quando ci domandiamo non solo in cosa crediamo, ma quanto siamo disposti a pagare per ciò in cui crediamo.

Il costo dei principi nella società tecnocratica. Scrive Gerace

“Il costo dei principi” è un percorso di riflessione etica ed estetica sui simboli e le fondamenta invisibili della società. Attraverso una serie di conversazioni con voci autorevoli, il progetto esplora cosa significa oggi custodire, tradurre o trasformare i principi che regolano la convivenza, interrogandosi sulle condizioni storiche e sociali che li radicano e sugli effetti che producono nella realtà

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