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Siamo ancora nelle conclusioni preliminari, ma è già un qualcosa di significativo. Nonostante i tanti rimproveri di Donald Trump, che ha ammonito l’Europa di non attaccare le proprie aziende, la Commissione europea ha accusato Google di non rispettare il Digital Markets Act (Dma). La causa va ritrovata in due servizi, per cui Big G è stata designata come gatekeeper già da diverso tempo – ovvero tra le grandi piattaforme digitali. A detta di Bruxelles infatti alcune funzioni di Google Search tratterebbero i servizi di Alphabet in modo più favorevole rispetto ad altri della concorrenza. Prediligendo i propri andrebbe così a ledere la concorrenza. Per la Commissione, Alphabet farebbe vedere i suoi acquisti, prenotazioni alberghiere, trasporti o altri risultati di natura finanziaria e sportiva in cima ai risultati di Google Search oppure in appositi spazi che saltano all’occhio dell’utente, vuoi per una questione grafica o per ragioni di filtraggio. Inoltre, siccome Alphabet addebita agli sviluppatori tariffe al di là di ogni ragione.

Non è l’unica accusa mossa contro il gigante di Mountain View. Da Palazzo Berlaymont è stata rilevata un’altra violazione, stavolta legata a Google Play che impedirebbe ai suoi sviluppatori di indirizzare liberamente i consumatori verso altri canali per offerte migliori. Se confermato, sarebbe in contrasto con il Dma che predica l’esatto opposto.

“Le conclusioni della Commissione ci impongono di apportare ulteriori modifiche al modo in cui mostriamo determinati tipi di risultati di ricerca, il che renderebbe più difficile per le persone trovare ciò che stanno cercando e ridurrebbe il traffico verso le aziende europee. Questo è semplicemente fuorviante”, è la risposta di Google. “Facciamo un esempio”, si legge nel comunicato in cui l’azienda cerca di discolparsi. “Quando non possiamo mostrare risultati di viaggio che portino le persone direttamente ai siti delle compagnie aeree, in genere finiscono con un biglietto più costoso perché  le compagnie aeree devono pagare commissioni ai siti web intermediari. Tali modifiche, e molte altre che abbiamo dovuto apportare in Europa, stanno gia’ causando alle aziende europee una perdita fino al 30% del traffico. Gli utenti sono così frustrati che molti ricorrono a soluzioni alternative macchinose per arrivare alle aziende e alle informazioni che desiderano”. Pertanto,  “le conclusioni della Commissione su Android e Play creano una falsa scelta tra apertura e sicurezza. Rischiano di esporre le persone in Europa a più malware e frodi e potrebbero significare che non potremo fornire altrettanta apertura in futuro: a differenza di iOS, dove Apple deve prima esaminare le app, gli sviluppatori possono distribuire liberamente le app su Android. Ciò crea più scelta rispetto a qualsiasi altra piattaforma: gli utenti possono accedere a 50 volte più app su Android che su iOS. Ma se non possiamo proteggere i nostri utenti da link truffaldini o dannosi che li portano fuori dall’ambiente sicuro di Play, allora la Commissione ci sta effettivamente costringendo a scegliere tra un modello chiuso e uno non sicuro”.

“Allo stesso modo”, aggiungono da Google, “se non possiamo imporre tariffe ragionevoli per supportare lo sviluppo continuo di Android e dei servizi Play che offriamo, allora non possiamo investire in una piattaforma aperta che alimenta miliardi di telefoni in tutto il mondo, aiutando non solo coloro che possono permettersi di spendere 1000 euro per l’ultimo modello premium. Continueremo a impegnarci con la Commissione e a rispettare le sue regole. Ma le conclusioni di oggi aumentano il rischio di un’esperienza ancora peggiore per gli europei. Il Dma e’ progettato per regolamentare grandi piattaforme come Google, Apple e Meta e aumentare la concorrenza, ma in realtà sta avendo l’effetto opposto danneggiando le aziende e i consumatori europei. Speriamo di trovare un modo per affrontare queste preoccupazioni”.

Si tratta dell’ennesimo scontro tra l’Unione europea e le aziende americane, in un momento tra l’altro estremamente teso tra le due sponde dell’Atlantico. Mentre dagli Stati Uniti continuano a chiedere meno burocrazia e maggiore flessibilità nei confronti delle società che operano sul territorio europeo, da Bruxelles sembrano tapparsi le orecchie e procedere secondo loro coscienza. La conferma arriva proprio dalla presidente e ceo del Center for European Policy Analysis, Alina Polyakova, che su LinkedIn è piuttosto esplicita: “Oggi, l’Ue ha multato Google e Apple – un brutto tempismo a dir poco dato che le relazioni Europa-Stati Uniti sono già sotto pressione per il commercio e la difesa. Perché continuare a gettare benzina sul fuoco?”

Perché l'Ue contro Google è benzina sul fuoco

Da Bruxelles accusano Big G di aver violato il Digital Markets Act (Dma), in relazione ai servizi di Google Search e Google Play. Dall’azienda si difendono, affermando che queste decisioni ledono utenti e consumatori. L’ennesimo capitolo di una faida che finirà per incancrenire ancor di più i rapporti sulle due sponde dell’Atlantico

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