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“Terra” e “centrali elettriche”. Sono questi i temi che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump crede che saranno centrali nella conversazione telefonica prevista per domani con il presidente russo Vladimir Putin. È stato lo stesso Trump, parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One nella serata di domenica, a rivelare la data del colloquio telefonico con la sua controparte russa. Martedì parlerò con il presidente Putin. “Nel fine settimana è stato fatto molto lavoro. Stiamo facendo abbastanza bene, credo, con la Russia. Vedremo se avremo qualcosa da annunciare entro martedì”, sono le parole pronunciate dal Presidente Usa, “stiamo già parlando [con l’Ucraina e la Russia] per la divisione di alcuni beni”.

La notizia della programmazione di questo confronto telefonico era tutt’altro che inaspettata. Già la scorsa settimana il presidente russo, commentando la proposta di cessate il fuoco avanzata dagli Stati Uniti dopo il vertice avuto a Gedda con l’Ucraina, aveva suggerito una discussione telefonica con l’inquilino della Casa Bianca sui dettagli dell’eventuale accordo. Suggerimento che aveva ricevuto quasi immediatamente un feedback positivo da parte di Trump.

Nel frattempo, i contatti tra Mosca e Washington sono stati mantenuti anche dai rispettivi ministri degli Esteri. Infatti, nella giornata di sabato, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha chiamato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov con il duplice scopo di informarlo sugli attacchi ordinati dall’amministrazione Trump contro bersagli Houthi in territorio yemenita e di “discutere le prossime tappe per dare seguito ai recenti incontri in Arabia Saudita, e concordando di continuare a lavorare per ripristinare la comunicazione tra Stati Uniti e Russia”, secondo quanto riportato da fonti americane, mentre le controparti russe parlano di una discussione su “aspetti specifici dell’attuazione dell’intesa reciproca raggiunta durante l’incontro tra alti funzionari russi e statunitensi a Riad il 18 febbraio”.

Anche Steve Witkoff (che nonostante il suo titolo formale di “inviato speciale per il Medio Oriente” sta acquisendo un ruolo sempre più rilevante nella gestione dei rapporti di Washington con Mosca, a scapito dell’ex generale Keith Kellog, nominato a gennaio “inviato speciale per le discussioni di pace tra Russia e Ucraina”, che adesso sembra essere ostracizzato dall’amministrazione Usa, forse anche in virtù del suo essere “falco” nei confronti di Mosca e più vicino alle posizioni di Kyiv) ha fornito un responso positivo, dichiarando che le parti coinvolte nel conflitto le parti russe e ucraine “sono oggi molto più vicine” rispetto alla “distanza di chilometri” precedente all’inizio delle trattative. Sottolineando però che la strada è ancora lunga, e che le discussioni future saranno “molto complicate”, facendo anche riferimento a temi specifici come il destino di un reattore nucleare o l’accesso ai porti del Mar Nero.

Al momento, però, sembra che le pressioni per fare delle rinunce siano più rivolte verso Kyiv che verso Mosca. Mike Waltz, consigliere di Trump per la sicurezza nazionale, ha suggerito domenica che l’Ucraina dovrebbe probabilmente cedere un po’ di territorio ai russi (“Si tratterà di una sorta di accordo sul territorio in cambio di future garanzie di sicurezza – il futuro status dell’Ucraina”), ribadendo che l’eventualità di un’adesione dell’Ucraina alla Nato sia quasi impossibile.

Dal canto suo Kyiv continua ad escludere concessioni territoriali, facendo però aperture in altri settori. Una di queste aperture riguarda l’eventuale allentamento delle sanzioni imposte a Mosca, e viene da Vladyslav Vlasiuk, commissario del presidente ucraino Volodymyr Zelensky per la politica delle sanzioni, il quale ha dichiarato in un’intervista che il ritorno dei Paesi occidentali a fare affari con la Russia in un modo o nell’altro è semplicemente “una questione di tempo”, ma deve avvenire alle giuste condizioni. Le restrizioni economiche, gli embarghi e i divieti di importazione di energia russa, ha detto Vlasiuk, “hanno i loro obiettivi, che potrebbero essere quelli di spingere la Russia a fermare la sua aggressione e a farle fare un accordo per una pace duratura”, piuttosto che essere semplicemente una “punizione di qualsiasi tipo”.

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