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Il primo provvedimento del neoistituito Consiglio per la sicurezza nazionale della Federal Communications Commission, l’authority americana per le telecomunicazioni, sarà un’indagine “ampia” sui dispositivi “made in China” presenti nelle infrastrutture di telecomunicazioni americane. Lo ha annunciato la stessa agenzia, con il presidente Brendan Carr, repubblicano “falco” sulla Cina (tanto che a novembre 2022 si era recato in visita ufficiale a Taiwan in qualità di membro della stessa commissione), ha spiegato che l’attenzione sarà rivolta a dispositivi e servizi offerti da aziende cinesi già bandite dalle reti statunitensi ai sensi del Secure and Trusted Communications Networks Act.

La legge del 2019

Questa legge, approvata nel 2019, ha incaricato la Federal Communications Commission di elaborare una lista di fornitori di dispositivi e servizi di telecomunicazioni cinesi che “rappresentano un rischio inaccettabile per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti o per la sicurezza delle persone negli Stati Uniti”. Inoltre, la legge ha messo a disposizione milioni di dollari in incentivi per le piccole compagnie di telecomunicazioni, affinché rimuovessero e sostituissero le attrezzature di produzione cinese, in particolare 4G e 5G. La lista comprende aziende come Huawei, ZTE, Hytera Communications, Hikvision, Chinese Telecom, China Mobile, China Unicom, Dahua Technology Company e Pacific Networks Corp. Sebbene la legge proibisca già l’utilizzo di sussidi federali per l’acquisto di tali dispositivi, Carr ha rivelato che la Federal Communications Commission sospetta possibili violazioni. “Abbiamo motivo di credere che, nonostante tali divieti, alcune o tutte le entità presenti nella lista stiano cercando di aggirare le normative continuando a operare in America in maniera privata o non regolamentata”, ha dichiarato.

La risposta al maxi-attacco cyber

L’indagine arriva dopo una massiccia campagna di spionaggio attribuita al governo cinese, che ha compromesso le infrastrutture di telecomunicazioni degli Stati Uniti (non ci sono evidenze, però, che le vulnerabilità riscontrate riguardassero dispositivi di fabbricazione cinese). E rappresenta lo sforzo più recente del governo statunitense per rimuovere dispositivi stranieri dalle infrastrutture critiche, in particolare da nazioni ritenute avversarie come Cina e Russia. Timori legati a Huawei e Zte erano già emersi con le agenzie d’intelligence preoccupate dal rischio di “backdoor” per gli hacker e dall’obbligo, imposto dalle leggi cinesi, per le aziende di condividere dati. Ma non solo: le aziende cinesi, offrendo prezzi fortemente competitivi, hanno fatto breccia nei mercati dei piccoli fornitori americani, sollevando preoccupazioni per possibili sussidi governativi occulti che influenzino le loro strategie di prezzo.

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