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Anche Davos, tempio dell’alta finanza mondiale, scopre il virus cinese che sta terrorizzando mezzo mondo. Mentre gli scienziati e gli esperti si scervellano per capire l’origine della patologia, anche nel salotto buono della cittadina svizzera, sede in questi giorni del World Economic Forum, comincia a serpeggiare una certa paura tra banchieri, imprenditori e dirigenti di grandi multinazionali. Sembra che, dalle indiscrezioni raccolte dalla Cnbc, i più preoccupati siano proprio gli americani (in queste ore si registrano i primi casi proprio negli Stati Uniti), al punto che alcuni esponenti della finanza a stelle e strisce proprietari di aziende in Cina si sono rivolti direttamente al presidente americano Donald Trump, ospite in questi giorni del Forum.

IMPRENDITORI PREOCCUPATI (A DAVOS)

Che cosa sta succedendo a Davos? I vertici delle imprese americane che hanno partecipato al World Economic Forum hanno espresso privatamente preoccupazioni sul coronavirus, come viene chiamato il virus che ha gettato nel panico il Dragone. Il motivo di tale preoccupazione è presto spiegato. Molti di questi dirigenti hanno investimenti in alcune delle aree rurali della Cina, le stesse dalle quali sembra essersi scatenato il virus. Questo, naturalmente, avrebbe importanti ricadute sulle attività: oltre a mettere a rischio il personale della aziende in loco, gli stessi imprenditori sarebbero costretti a varare misure severe all’interno delle aziende per contenere il contagio. I numeri, d’altronde, parlano chiaro. Il virus ha finora colpito 440 persone e ne ha uccise oltre 20, solo in Cina, diffondendosi a Pechino, Shanghai e Macao.

Molte società, tra cui i grandi istituti finanziari quali JP Morgan, Citigroup, Morgan Stanley e Bank of America, hanno uffici in Cina e danno lavoro a migliaia di persone. Mentre queste banche americane non hanno ancora emesso alcun avvertimento sul virus, un istituto finanziario con sede in Europa ha invece diffuso una guida per il suo personale. “Stiamo avvisando il personale in loco di essere consapevoli della situazione, è in atto un attento monitoraggio e la salute e la sicurezza del personale sono la nostra massima priorità”, ha affermato il dirigente della banca in questione.

L’APPELLO A TRUMP

Non è tutto. Tornando alla paura di Davos dinnanzi a una potenziale epidemia, gli stessi imprenditori e finanzieri statunitensi avrebbero sollevato queste preoccupazioni direttamente al presidente Trump, durante una colazione, ieri mattina. Da parte sua, il capo della Casa Bianca, avrebbe cercato di rassicurare gli animi, mostrandosi sicuro circa la corretta gestione della crisi sanitaria da parte del presidente cinese Xi Jinping. Gli Stati Uniti, ha aggiunto il magnate diventato presidente, avrebbero ad oggi la situazione totalmente sotto controllo. Alcuni colloqui ufficiali hanno avuto al centro addirittura il modo in cui i leader gestiranno le loro attività in occasione delle prossime celebrazioni per il capodanno cinese (annullate intanto a Pechino), dal momento che si tratta di uno degli eventi tradizionalmente più affollati del mondo.

IL CINEMA PAGA DAZIO

Lasciando la Svizzera e le sue preoccupazioni, sembra proprio che il coronavirus abbia già causato danni a pezzi di industria cinese. Per esempio rovinando i piani dei grandi produttori cinematografici cinesi, costretti a cancellare l’uscita di diversi film nelle sale, programmati proprio durante le vacanze del capodanno cinese, la stagione più ricca pere il box office. Secondo Bloomberg le varie cancellazioni seguono gli annunci delle autorità sanitarie cinesi che hanno chiesto alla popolazione di evitare assembramenti in luoghi pubblici, dove il virus simile alla Sars potrebbe diffondersi. Un esempio? Le azioni della Wanda Film Holding Co, produttore e distributore cinese sono scese del 21% questa settimana. E Beijing Enlight Media, altra big, ha perso in totale, in questi quattro giorni, il 15%.

Il coronavirus spaventa le imprese Usa. Che si appellano a Trump (via Davos)

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