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A memoria d’uomo una crisi di questo genere non se la ricorda nessun albergatore italiano, nemmeno a guardare indietro di generazioni in generazioni. Se c’è un settore che pagherà il prezzo più alto di questa crisi globale da coronavirus è proprio il comparto ricettivo-turistico. Un segmento che in Italia, insieme al turismo, vale circa 11 miliardi di Pil, la metà del valore del decreto Cura Italia. Ecco cosa dice a riguardo il rapporto appena sfornato da Thrends, società statistica attiva nei comparti turismo e ospitalità.

PUNTO DI NON RITORNO?

L’incipit del rapporto è laconico. “A quanto è dato di comprendere oggi, non ci sono state crisi nella storia del comparto alberghiero paragonabili a quella che si appresta a dimostrarsi per il 2020 a causa del coronavirus. Questa avrà impatti molto superiori alla sola perdita di camere di marzo ed aprile . Una attenta lettura delle prospettive per i principali mercati incoming porta a considerare che la crisi di domanda investirà soprattutto i mercati long -haul ed i prodotti turistici Mare, Città d’arte, Business Travel, cioè quasi tutti i principali segmenti per il nostro Paese”. Dunque, per il settore alberghiero, una crisi mai vista prima e dalla quale sarà molto difficile riprendersi.

IL COSTO DEL CORONAVIRUS

Partendo da questa constatazione la società ha elaborato tre possibili scenari in base al termine del lockdown nel nostro Paese. Più tardi si andrà, peggio sarà. Prima però un calcolo complessivo sul costo del virus per il settore alberghiero italiano. Ebbene, per l’Italia, si delinea una perdita di presenze complessive che si colloca fra i 126 ed i 153 milioni rispetto ai volumi alberghieri medi, attesi per il 2020 su base 2018 -2019. “I tempi della ripresa dei flussi alberghieri potrebbero molto differire: il mercato domestico seguirà un andamento più accelerato di quelli esteri, ma con volumi non certo equivalenti a quelli storici”, si legge nel rapporto.

E questo perché i mercati esteri rilevanti per l’Italia “potrebbero riscontrare limitazioni negli spostamenti e dimostrare maggiore percezione del rischio associato a viaggi intercontinentali. Nel complesso, è possibile stimare un calo di domanda che si colloca fra il -45 % ed il – 55 % a seconda dell’evolversi e della durata delle misure di lockdown. Però, se le misure economiche messe in capo dai governi sapranno incidere sull’economia reale alla base della domanda, in uno scenario in cui il virus non rappresenti più una minaccia, l’impatto di questa crisi potrebbe non essere determinante per i fondamentali di medio periodo”. Tradotto, nel 2022 i volumi potrebbero tornare vicini alla media dell’ultimo quinquennio.

GLI SCENARI

Ed ecco il primo scenario, quello cioè dove il lockdown da coronavirus termina il 15 aprile. In questo caso, secondo Thrends, il livello delle cancellazioni delle prenotazioni sarebbe è limitato al 30-40% per le destinazioni mare con la “finestra temporale per nuove prenotazioni mare si riduce principalmente al mese di maggio e giugno, per prenotazioni su luglio ed agosto”. Inoltre, l’assenza di chiare indicazioni dal ministero competente, sia giugno che settembre “sono a rischio per possibili slittamenti dell’anno scolastico, fattore di impatto sulle prenotazioni”.

Il secondo scenario, quello di un lockdown fino al 30 aprile, comporta un livello delle cancellazioni delle prenotazioni superiore al 40% per le destinazioni mare mentre la finestra temporale per nuove prenotazioni mare si ridurebbe principalmente al periodo 15/05 – 15/06 e qualora l’anno scolastico non fosse ripartito o non fosse stato chiuso, giugno sarebbe compromesso per il mercato famiglie.

Infine il terzo scenario, quello con il lockdown al 15 maggio. In questo caso, il livello delle cancellazioni delle prenotazioni sarebbe superiore al 60% per le destinazioni mare. La finestra temporale per nuove prenotazioni mare si ridurrebbe principalmente al periodo 30/05 – 30/06, per prenotazioni su luglio ed agosto e causa del lungo periodo di incertezza che ha colpito il mercato domestico e quelli internazionali, il mese di giugno sarebbe compromesso.

turismo

IL FATTORE TEMPO

Tutto è, insomma, legato al tempo. A essere ottimisti, ovvero con un lockdown fino al 15 aprile, “considerato il mix di mercati per l’Italia, usando una presenza media a camera di 2 persone, a si tratterebbe di un calo di circa 63 milioni di camere. Per rendere l’idea: sarebbe il volume di notti realizzato da circa 2,670 hotel di buone dimensioni (annuali, da 100 camere, con una occupazione media del 65%). Oppure quello di 8.000 hotel di dimensione media (italiana)”.

E comunque, “non è una crisi esclusivamente settoriale. I suoi severi impatti si faranno sentire su indotto, sistema bancario, occupazione ma anche presso i Comuni: se anche si considerassero, come tassa di soggiorno, solo 3 euro a presenza, il più conservativo degli scenari comporterebbe incassi mancati presso i Comuni per almeno 375 milioni di euro, escludendo quelli legati alla tassazione di altro tipo”.

Il crollo del mercato alberghiero in Italia costerà 150 milioni. Il report di Thrends

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