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Un voto dal valore simbolico enorme, un presidente che sta operando per se stesso e non per gli interessi del Paese. Abdullah Bozturk, giornalista turco fuggito per scampare alle purghe post golpe di Erdogan ha spiegato a Formiche.net cosa c’è dietro la fretta di Ankara a mandare le proprie truppe in Libia e quali potrebbero essere le conseguenze di questo gesto.

Bozturk, il parlamento turco ha votato l’invio di truppe in Libia. Che valore ha questo gesto?

Un valore simbolico enorme. Il Parlamento dopo la riforma costituzionale ha perso parte del suo potere, non può opporsi concretamente alle decisioni prese dalla presidenza della Repubblica. Erdogan ha deciso praticamente da solo, dopo una breve consultazione con ministero della Difesa, Forze Armate e Servizi segreti. Questa è la sua guerra.

La votazione doveva avvenire inizialmente l’8 gennaio. Come mai questa accelerazione secondo lei?

Personalmente intravedo tre motivazioni. La prima è spostare sull’arena estera l’attenzione dell’elettorato e farlo seguire il meno possibile le vicende interne. L’economia sta attraversando ancora un periodo delicato e il ceto medio ne sta pagando il prezzo. La seconda è una motivazione ideologica. Erdogan sta cercando di ampliare l’influenza dei Fratelli Musulmani nella regione e la Libia è un Paese perfetto per questo scopo. Va poi considerato che molti familiari di Serraj vivono in Turchia quindi c’è anche questo legame. La terza motivazione è di ordine strategico. Ankara in questo momento viene vista come un Paese destabilizzatore da molte nazioni della regione. Le relazioni sono complicate con molti di loro. A furia di agire autonomamente, la Turchia si è isolata e adesso le servono nuovi alleati.

Poi ci sarebbero i vantaggi cui la Turchia potrebbe andare incontro in tema di petrolio, ricostruzione del Paese e altro…

Questo è un punto molto complesso. Prima di arrivare a mettere le mani sul petrolio libico e su contratti particolarmente vantaggiosi, la Turchia dovrà essere in grado mettere d’accordo tutte le parti. Una cosa che in Libia, vista anche la struttura del Paese, caratterizzata ancora dalla divisione in tribù, non è affatto facile. La Turchia si sta esponendo molto quando invece sarebbe stato meglio assumere un ruolo di mediazione e un atteggiamento più prudente.

Il presidente Erdogan non sembra pensarla allo stesso modo….

Perché lui agisce nei suoi interessi esclusivi, non in quelli del Paese.

La Turchia è passata dall’appoggio ad Haftar a quello ad al-Serraj con il memorandum firmato lo scorso 27 novembre. L’uomo forte di Bengasi, però, può ancora contare sull’aiuto di nazioni influenti come Francia, Russia, Arabia Saudita ed Egitto. Coma andrà a finire?

Andrà a finire che Erdogan non può contrapporsi a una simile forza e lo sa. Però con le truppe presenti sul territorio può favorire una destabilizzazione continua degli equilibri interni, che porti la Turchia a mettere le mani su tutti quegli interessi come petrolio e contratti di cui parlavamo prima.

Rimane la madre di tutte le domande: Vladimir Putin permetterà tutto questo?

Gli interessi dei due divergono sia in Siria sia in Libia. E nella prima Mosca sta dettando le condizioni senza possibilità di replica. Andrà a finire così anche in Libia. Dubito fortemente che Putin gli concederà troppo spazio. Troveranno una soluzione di breve termine dando alla Turchia il minimo possibile, ma solo perché a Putin Ankara serve per destabilizzare la Nato.

Perché Erdogan alla fine dovrà trattare con tutti. Parla Abdullah Bozturk

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