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La mossa americana anticinese, di Congresso e Casa Bianca, nella direzione dell’Hong Kong Human Rights and Democracy Act è un passo di grande importanza da un punto di vista dell’affermazione universale dei diritti umani, osserva l’ambasciatore Giulio Terzi di San’Agata, ex ministro degli Esteri. Ma va anche oltre, perché quel tema torna ad avere un ruolo centrale nella politica estera all’interno di una cornice critica come quella Usa-Cina e come quella dei rapporti ancora molto limacciosi tra Italia e Cina.

Come leggere in filigrana la firma di Trump sull’Hong Kong Human Rights and Democracy Act?

È un passo di grande importanza da un punto di vista dell’affermazione universale dei diritti umani. La dichiarazione, ricordo, è contenuta in una legge completamente bipartisan: il popolo americano nell’interezza dei suoi rappresentanti ha deciso che era giunto il momento di intervenire nel rapporto cruciale con la Cina riaffermando i diritti umani, riposizionandoli al centro. Non dico che siamo tornati alla politica di Carter e dell’idealismo americano, ben lungi da tutto ciò. Ma quei diritti sono tornati ad avere un ruolo centrale nella politica estera all’interno di una cornice critica come quella Usa-Cina.

Qual è l’obiettivo cinese?

La Cina, riconoscendosi sempre più nella sua identità comunista con Xi, che ha ricordato più volte l’eredità anti occidentale di Mao, spinge anche all’Onu per contestare il principio di universalità dei diritti umani, che invece è contenuto in tutti i grandi trattati che la stessa Cina ha ratificato nel corso degli anni. Inoltre la presa di posizione netta e precisa dell’amministrazione Usa a convalida di una decisione del Congresso viene espressa in un giorno simbolico come quello del Ringraziamento.

Pechino ha già annunciato possibili ritorsioni contro gli Stati Uniti tacciandoli di interferenza in affari interni cinesi. Cosa potrebbe accadere?

Pechino reagisce come da previsioni e annuncia conseguenze di enorme portata. Sappiamo quanto sia diventata invasiva nel suo modo di essere. È curiosa la strategia cinese che, da un lato contesta l’interesse di altri Paesi per ciò che accade macroscopicamente a Hong Kong, e dall’altro mette in naso in tutte le questioni più dettagliate di Paesi terzi, europei, africani e americani su temi che hanno a che fare tutto ciò che è cinese. Se qualcuno si permette di parlare di Cina, che siano cantanti, scrittori o amministratori, viene subito bandito. Questa la dimostrazione più plateale di quanta scarsissima credibilità si dovrebbe dare alle posizioni di indignazione cinesi su questa mossa Usa, che mi auguro venga seguita rapidamente dagli Stati membri dell’Ue.

Il tema è sentito finalmente anche in Italia, dove Fratelli d’Italia e Radio Radicale hanno organizzato una conferenza telefonica con Joshua Wong, leader degli attivisti.

È molto importante la posizione espressa da Giorgia Meloni, che ha richiesto un’indagine sul merito dei contatti avuti con la Cina dai massimi vertici del M5s e di cui non si sa nulla. Esiste il rischio che vengano trattate materie non solo economiche. Qualcuno spieghi la posizione italiana sugli aspetti non chiariti del memorandum con la Cina.

La risoluzione approvata in Commissione Esteri segna l’intenzione del Parlamento di ovviare agli imbarazzi, ad esempio, della Farnesina?

Quella italiana al momento è una politica autonoma e contrastante rispetto alle tradizionali linee di politica estera dell’Italia. Penso ai diritti umani, alle libertà fondamentali, al memorandum stesso di cui avevano già predetto gli aspetti devastanti.

Oltre agli investimenti nei porti, cosa non funziona in quell’accordo?

Non solo Trieste o Taranto, vedo che la Cina dispone anche di una sorta di sorveglianza su ciò che viene pubblicato sui nostri media. Abbiamo accettato, con gli accordi fra agenzie di stampa e con i progetti per diffondere in Italia i libri di Xi, anche una costante lente di ingrandimento dell’ambasciata cinese nel nostro Paese, come dimostra il caso che ha riguardato alcuni mesi fa una giornalista del Foglio. Una sorta di autocensura indotta anche su quello che si scrive. Ricordo un recente reportage del Corriere della Sera (che ha definito Xi uomo dell’anno) direttamente da Pechino che incensava il sistema cinese, le scuole bellissime e i cittadini entusiasti. E un altro della Cnn negli stessi giorni con un taglio molto diverso.

twitter@FDepalo

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