Skip to main content

“Mr Gorbaciov tear down this wall!”. Con questo invito perentorio ad abbattere il Muro di Berlino, una frase pronunciata due anni prima dell’effettiva caduta, il presidente americano Ronald Reagan prendeva di petto quella barriera che per 26 anni aveva rappresentato la Storia, essendo il simbolo più tangibile del confronto tra est e ovest.

Come altri presidenti prima di lui, Reagan era volato a Berlino ovest nel 1987 per dare un segnale della nuova e decisa posizione statunitense nei confronti dell’Urss, ormai avviata nel percorso della perestrojka, pretendendo che il palco da cui avrebbe parlato venisse collocato davanti a uno dei luoghi simbolici di quella città martoriata e divisa in due: la porta di Brandeburgo. D’altronde Reagan era già stato a Berlino nel 1982 e in quell’occasione aveva dichiarato, con il suo classico stile ingenuo: “Perché questo muro è qui?”.

Negli anni 80 la visita di un presidente americano a Berlino ovest era diventata un rito simbolico inaugurato da John Fitzgerald Kennedy che aveva pronunciato una frase ormai scolpita nell’immaginario collettivo di europei e americani: “Ich bin ein Berliner!”, “Io sono un berlinese”. Nel giro di due anni, d’altronde, egli si dovette confrontare con una serie di gravi crisi internazionali: la costruzione del Muro, il fallimentare sbarco alla Baia dei porci e poi la crisi dei missili a Cuba. Il Muro divenne il simbolo stesso della divisione tra il mondo del liberalismo democratico e capitalista dell’ovest e il comunismo dell’est. Il bipolarismo sembrava allora un dato acquisito e se Winston Churchill diversi anni prima aveva parlato di una cortina di ferro calata a dividere l’Europa, nel 1961 il filo spinato installato a dividere il settore occidentale da quello orientale dell’ex capitale tedesca diventò la barriera invalicabile che divideva due mondi. Per questo Berlino divenne una città simbolo, un’enclave occidentale nel territorio della Repubblica Democratica Tedesca.

Quando Kennedy vi si recò nel giugno 1963, volle dare un segno forte della solidarietà che circondava i tedeschi che ci abitavano. Il suo fu uno dei discorsi più incisivi del confronto tra est e ovest pronunciato davanti al municipio di Schöneberg, nel centro di Berlino ovest sulla Rudolph Wilde Platz, oggi a lui dedicata. Ma il giovane presidente americano un segno forte lo aveva già dato inviando a Berlino ovest, nell’agosto del 1961, il suo vice Lyndon Johnson, nemmeno una settimana dopo la divisione imposta dal governo tedesco dell’est e appoggiata dai sovietici. Nel suo discorso al fianco dell’allora sindaco della città, Willy Brandt, Johnson affermò che Berlino era ormai diventata una fonte di ispirazione per il mondo intero e che la sua presenza lì in quei giorni era la testimonianza della solidarietà del presidente e degli Stati Uniti tutti. Johnson non sarebbe tornato a Berlino da presidente, nemmeno nel suo viaggio del 1967 per i funerali dell’ex cancelliere tedesco Adenauer; intanto aveva avviato, però, una politica di apertura di credito nei confronti dei Paesi comunisti europei.

Fu Nixon a ritornare nella città tedesca. Lo fece in modo eclatante a circa un mese dal suo insediamento come presidente nel febbraio 1969, dando un segnale importante di come intendeva indirizzare la sua politica estera. Una politica forte e decisa nei confronti del mondo comunista e di chiaro schieramento a fianco degli alleati europei. La giornata a Berlino fu caratterizzata da un bagno di folla accompagnato dalla gratitudine dei cittadini per la rinnovata attenzione degli Stati Uniti. Dopo aver ispezionato un lungo tratto del perimetro del Muro, e riprendendo le parole di Kennedy nell’affermazione che tutti i cittadini del mondo che credono nella libertà sono dei berlinesi, Nixon dichiarò: “I cittadini di Berlino sono liberi, e nonostante un muro che la divide questa è una città, un popolo e una nazione!”.

Quando Jimmy Carter visitò la città brevemente il 15 luglio 1978, molte cose erano cambiate e, nonostante la partecipazione di una folla numerosa, i cuori dei berlinesi non furono altrettanto accesi dalle parole del presidente. Il momento in cui Carter riuscì a colpire la sensibilità della città fu quando pronunciò in tedesco il suo impegno: “Qualunque cosa accada Berlino resterà libera”. Un impegno che Reagan avrebbe rinnovato quasi dieci anni più tardi poco prima che accadesse l’impossibile: il 9 novembre 1989 il Muro di Berlino cadeva per sempre. I successivi presidenti americani avrebbero potuto visitare una città ormai riunificata.

Tutti i presidenti Usa alla porta di Brandeburgo. Il racconto di Fiorentino

Di Daniele Fiorentino

“Mr Gorbaciov tear down this wall!”. Con questo invito perentorio ad abbattere il Muro di Berlino, una frase pronunciata due anni prima dell’effettiva caduta, il presidente americano Ronald Reagan prendeva di petto quella barriera che per 26 anni aveva rappresentato la Storia, essendo il simbolo più tangibile del confronto tra est e ovest. Come altri presidenti prima di lui, Reagan…

Berlino trent'anni dopo. Il racconto di una festa europea

Berlino. È una città in festa quella che accoglie i primi 30 anni dalla caduta del muro che dal 1961 al 1989 aveva tagliato in due la capitale della Germania. L’ennesima ferita a una città e a una popolazione che stava faticosamente riprendendosi dalla devastazione dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Una festa che durerà un mese intero ma che…

Dal sovranismo al sistema globale. L'evoluzione dell'Europa dal 1989 a oggi secondo Zagari

Di Cristiano Zagari

Un giovane studente di Scienze Politiche sull’aliscafo partito dall’isola di Ventotene e diretto a Formia riconosce un’importante personalità di questi ultimi decenni e decide di farsi avanti chiedendo un’intervista. La personalità, reduce da due anni d’insegnamento universitario negli Stati Uniti, si rivela cordiale e disponibile. Per il giovane ricercatore l’occasione è propizia anche se il tempo gioca contro di lui…

Città mondiali, ecco la geografia delle metropoli di oggi e del futuro

La pubblicazione dell'indice Global Cities Index 2019 da parte della società di consulenza globale A. T. Kearney è l'occasione, anno per anno, per leggere evoluzione, ruolo e direzione di uno dei protagonisti del nostro tempo: la realtà delle città globali. Sempre più centrali nella dimensione mondiale e sempre più centrali nel rapporto con altri protagonisti a partire dai big player…

Manovra tutta tasse? Il sospetto dei tecnici del Parlamento

Nuove tasse in arrivo dalla manovra? Pare proprio di sì, almeno a leggere la relazione del Servizio studi del Parlamento. Il quale ogni anno fa pelo e contropelo alla legge di Bilancio. Che la manovra 2020 non fosse particolarmente espansiva non è un mistero. Su 30 miliardi, 23 sono per l'Iva (e di questi 14 frutto della flessibilità concessa dall'Ue) …

Scuola/ STORIA DI VITA FAMILIARE VISSUTA

Roby Bianchi e Susy Capasso, alunni di 5^ primaria, abitano nello stesso condominio. Roby sta al 3° piano, Susy al terreno, perché è la figlia del portinaio. Bambini intelligenti, vivaci: i Genitori desiderano una buona scuola per loro. I Bianchi, con due bambini, lavorano entrambi a tempo pieno come quadri in due società di servizi; i Capasso, con tre figli,…

Come cambia la politica estera tedesca a 30 anni dalla caduta del Muro

A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, abbiamo dialogato con Salvatore Santangelo, docente di Geografia delle lingue presso l'Università di Tor Vergata e autore di "GeRussia", saggio sui rapporti fra Germania e Russia edito da Castelvecchi. Ancora oggi nei mercatini di Berlino è possibile imbattersi in banchetti che espongono “autentici” frammenti del Muro. A più di 30 anni…

Da Ecomondo un messaggio per la sostenibilità che verrà

Sono state 1300 le aziende che hanno occupato tutto lo spazio disponibile presso la Fiera di Rimini (129 mila metri quadrati) e che hanno animato quella che ormai è riconosciuta come riferimento imprescindibile per tutti coloro che in qualche modo si occupano di economia circolare: Ecomondo, organizzata da Italian Exibition Group. "Questa è la fiera più importante al mondo per…

L’Europa a trent’anni dalla caduta del Muro

Doveva essere la “fine della storia”, come scrisse Fukuyama. Un’era finalmente e definitivamente dominata dalle democrazie liberali. Dall’assenza di tutti i muri, tanto che i Pink Floyd mantennero una promessa fatta pochi mesi prima della caduta del Muro e si riunirono a Berlino per un memorabile concerto dal vivo di The Wall: il Muro per eccellenza, simbolo di tutti i…

Nel 1989 ha vinto l’Europa, che poi ha perso sé stessa

Non si capisce fino in fondo il processo politico e sociale che porta il 9 novembre di trent’anni fa al crollo del muro a Berlino senza un’altra data, di quasi due anni e mezzo successiva, cioè quel 7 febbraio 1992 in cui viene firmato il poderoso Trattato di Maastricht, che con i suoi 252 articoli pone la basi della seconda…

×

Iscriviti alla newsletter