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Il nucleare non è solo una questione di energia e politica. Ma anche di popolo. E allora, in vista di un referendum più che probabile una volta che il Parlamento avrà dato il via libera al ddl delega già incardinato e che getterà le basi per il ritorno dell’atomo in Italia, è lecito cominciare a tastare il terreno. Ebbene, la metà degli italiani è a favore della costruzione di centrali nucleari di nuova generazione, con il 17% di assolutamente favorevoli e il 31% di moderatamente positivi, mentre abbastanza contrario si dice il 15% degli intervistati. In forte riduzione, rispetto al passato, coloro che si professano in totale disaccordo: sono il 14%, quasi la metà di coloro che si dicevano del tutto contrari in un analogo sondaggio sul medesimo campione del 2024, quando gli italiani contrari a prescindere al nucleare risultavano il 24%. Senza opinione invece restano il 23% degli italiani.

Tutto nero su bianco nell’indagine Gli italiani e il nucleare realizzata da Swg per conto di Sogin, la società pubblica che si occupa dello smaltimento delle scorie nucleari e del cosiddetto decommissioning dei vecchi impianti, su un campione rappresentativo di italiani maggiorenni che offre un’analisi delle percezioni e delle aspettative degli italiani sulla reintroduzione del nucleare. Oltre un quarto degli italiani, inoltre, è secondo l’indagine pronto a dirsi favorevole al nucleare a fronte di compensazioni sul territorio di residenza.

Il 26% degli intervistati tra i contrari e gli indecisi si dichiarano più disponibili infatti ad accettare la costruzione di una centrale nucleare nel proprio comune a fronte delle possibili compensazioni, dove al primo posto in ordine di importanza, con ben il 75% tra gli intervistati pronti a mutare la propria opinione al riguardo, figura la bolletta energetica gratuita per dieci anni per i residenti nell’area dove verrebbe installato l’impianto; al secondo e al terzo posto a parimerito, sempre per i due terzi del campione, la messa in sicurezza di fiumi, torrenti e altre zone ambientali potenzialmente a rischio e il miglioramento dell’ambiente con la creazione di nuovi parchi, aree verdi e azioni di rimboschimento, ai quali è sensibile il 74% del campione fra i contrari e gli indecisi.

Questo dato è corroborato dall’esperienza: la qualità della vita, in una scala da 1 a 10, è infatti percepita come migliore rispetto alla media nazionale in prossimità dei siti dei vecchi impianti nucleari in corso di dismissione, dove la popolazione ha potuto godere di tali benefici con la loro installazione. Vale in generale, con un punteggio di 6,8 per chi vive in un’area entro i 15 km da un impianto nucleare rispetto al punteggio di 6,4 della media nazionale, sia per tutti gli indicatori specifici, e in particolare per la qualità dell’ambiente, valutata con un punteggio di 6,9 contro 6,0, e delle infrastrutture, con un 6,3 contro il 5,4.

Ora non resta che capire i tempi del Parlamento. Il ddl, che apre all’istituzione di un’Autorità indipendente per la sicurezza e stanzia una copertura di 60 milioni nel triennio 2027-2029 per gli investimenti, delegherà l’esecutivo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale, anche ai fini della produzione di idrogeno, “la disattivazione e lo smantellamento degli impianti esistenti, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo dell’energia da fusione, nonché la riorganizzazione delle competenze e delle funzioni in materia, anche mediante riordino e modificazioni della normativa vigente”. La macchina si è messa in moto.

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