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Ad accomunare Russia e Cina non ci sono solo alcune visioni politiche e geopolitiche nel mondo reale. Sempre più le sintonie tra i due Paesi convergono sul modello di un nuovo ‘autoritarismo digitale’ mirato a sorvegliare il cyber spazio a livello domestico per controllare l’opinione pubblica, stroncare sul nascere la diffusione di manifestazioni di dissenso e evitare che opinioni e notizie provenienti dall’estero possano ‘alterare’ l’equilibrio interno.

AUTORITARISMO DIGITALE IN ESPANSIONE

L’aspetto peggiore di questa deriva che ha trasposto l’assenza di libertà nei due Paesi portandola anche in Rete è tuttavia, spiega un nuovo report di Brookings Institution a firma di Alina Polyakova e Chris Meserole, è questo modello si sta di fatto propagando in nazioni vicine a Mosca e Pechino – geograficamente o a livello politico – rappresentando sempre più un pericolo per circolazione di idee.

LE DIFFERENZE TRA I DUE MODELLI

Queste ‘dittature digitali’ di Pechino e , si rileva nello studio, sono simili nel risultato ma si basa su esperienze e misure differenti.
Dal 1998, si legge, “il governo russo iniziò ad adattare per il dominio digitale la tecnologia di sorveglianza dell’era sovietica, nota come Sistema di misure di ricerca operativa (Sorm). Per integrare la sorveglianza tecnologica, a partire dall’inizio degli anni 2000, lo stato russo ha iniziato ad attuare una serie di leggi che de facto criminalizzano le critiche al governo, legalizzano la sorveglianza senza restrizioni delle attività online dei cittadini e aumentano il controllo statale di Internet o Runet russi. E nel 2014, il governo ha fatto delle mosse legali e tecniche per stabilire una cosiddetta “Internet sovrana” russa basata sul modello cinese. Un progetto che si è da poco concretizzato e che è in via di implementazione. Con una sorveglianza che punta sempre più sull’utilizzo di intelligenza artificiale.

LE AZIONI RUSSE…

Ma ad esempio, si riporta citando l’analisi di Robert Morgus, sono quattro le caratteristiche dell’autoritarismo digitale russo che lo distinguono dal modello cinese: la sorveglianza del traffico Internet da parte del sistema Sorm (e l’opportunità di intimidazione fornita dall’accesso ai dati del servizio di intelligence Fsb); la struttura legale repressiva che richiede agli Isp di installare scatole nere Sorm senza controllo sulle informazioni raccolte; intimidazione e cattura statale di Isp e altre aziende; manipolazione delle informazioni (piuttosto che filtraggio del contenuto).

…E QUELLE CINESI

Più noto il modello cinese, basato su una barriera all’ingresso per ogni tipo di dato o informazione sgradita (il cosiddetto Great Firewall), una sorverglianza capillare che collega dati raccolti nel mondo reale (con tecnologie di riconoscimento facciale e di schedatura, come avviene con la minoranza uigura ma non solo) con quelli in Rete, un sistema che analizza queste informazioni e assegna un punteggio ai cittadini (il social credit score), l’impossibilità per le società occidentali tech di essere presenti se non seguendo le condizioni imposte dal Paese e, infine, l’obbligo per le compagnie cinesi di collaborare col proprio governo mettendo a sua disposizione ogni elemento ritenuto di interesse.

LE CONTROMISURE

Come reagire per evitare che questi modelli dilaghino? Poiché la Russia, la Cina e altri stati avanzano in influenza attraverso forme di autoritarismo digitale, scrivono infine i due autori, sono necessarie risposte più forti da parte degli Stati Uniti e di partner con idee affini per limitare gli effetti dannosi degli sforzi di Mosca e Pechino. Tra queste mosse ci sono la pubblica designazione di regimi come ‘autoritari’ digitali se impiegano abitualmente e deliberatamente la sorveglianza di massa senza adeguate garanzie e protezioni; sanzioni per le imprese che forniscono loro tecnologia e assistenza, non solo quelle nei Paesi citati, ma anche le società con sede in Europa e altrove; rafforzare i controlli sulle esportazioni di tecnologie sensibili verso la Cina e altre nazioni autoritarie; il tutto, conclude il report, da realizzare attravero lo sviluppo, da parte dell’Occidente, di un modello democratico di governance digitale (con annesso codice di condotta internazionale) in grado di superare questi regimi. Un obiettivo complesso, che, si rileva nello studio, sarà possibile solo se il settore tecnologico e la comunità politica negli Stati Uniti e in Europa saranno in grado di offrire modelli convincenti di sorveglianza digitale che migliorino la sicurezza pur proteggendo le libertà civili e i diritti umani, costruire resilienza, nonché sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi.

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