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“Non si può vincere con una destra di carattere estremista, perché non è sufficiente accreditarsi come alternativa quando i cittadini sono delusi: questa è stata una grossa debolezza del Rn e poi al secondo turno il duello nel duello ha premiato le caratteristiche personali”. Lo dice a Formiche.net Paolo Pombeni, professore emerito all’università di Bologna e neo direttore della storica rivista il Mulino per il triennio 2024-2026, che commenta le elezioni francesi con riferimenti all’Ue e anche alla politica italiana.

Gollisti e socialisti saranno il nuovo ago della bilancia nel caos francese post elezioni?

Sì, i socialisti uniti al fronte popolare hanno indubbiamente un rilievo decisivo, ma l’alleanza anti natura mi sembra difficile da realizzare perché non sappiamo se la France Insoumise rinuncerà alla sua identità. Anche gli altri alleati non credo potranno fare un accordo, perché gran parte delle cose che propone Melenchon non riuscirebbe a reggere la prova dei fatti.

Anche in passato ci sono stati momenti così complicati in Francia ma non come oggi. Quale la differenza e soprattutto quali saranno i riverberi in Europa di questa debolezza francese?

Ci sono stati in altri momenti di questo tipo. Per fare una citazione dotta, ricordo negli anni Venti il famoso accordo fra radicali ed altri partiti che venne definito “il cartello di 1 minuto”, perché doveva durare giusto il minuto in cui l’elettore segnava la propria scheda, dopodiché il cartello si scioglieva e ciascuno andava per la sua strada. Io temo che, per certi aspetti, anche il nuovo fronte sia una specie di cartello di un minuto. Inoltre i riverberi sull’Europa saranno importanti perché l’Europa in questo momento è sfidata, non genericamente dalla destra, ma da questo cartello antioccidentale che è il significato profondo dei cosiddetti patrioti di Orbàn. Si tratta di una formazione che vuole distogliere l’Europa dalla sua tradizione costituzionale, liberale, occidentale e atlantista per andare verso il neo imperialismo di quelle che loro credono siano le potenze emergenti come Russia, Cina e India. Questa è una sfida molto pesante per l’Europa. Dentro il ruolo che aveva la Francia, per la sua storia culturale e politica, è legato proprio alla tradizione del pensiero politico francese. Per cui di una crisi di questa componente ne risentirebbe moltissimo.

Da cosa è dipeso il testacoda del Rassemblemant national?

Il problema è in una lezione che dovrebbe valere anche per l’Italia. Ovvero non si può vincere con una destra di carattere estremista perché non è sufficiente accreditarsi come alternativa quando i cittadini sono delusi: questa è stata una grossa debolezza e poi al secondo turno il duello nel duello ha premiato le caratteristiche personali.

Quindi Rn dovrebbe farsi più meloniano?

Sì, meno estremista sicuramente: la destra se vuole vincere deve diventare un partito “nazionale”, non un partito della rabbia. Deve essere un partito della proposta, invece che un partito della gestione del possibile e non un partito che promette che si tornerà ai tempi del paradiso terrestre.

In Francia quindi è tramontata la terza via macroniana per premiare la gauche di Melenchon?

Non ha vinto Mélenchon, è una delle componenti del nuovo fronte popolare che è formato da tante altre forze. Senza queste altre componenti Mélenchon non avrebbe vinto, per cui gli va riconosciuto come un atto di intelligenza politica aver dovuto fare quell’alleanza. Poi però la sua natura ha prevalso.

Condivide la vulgata che va per la maggiore in questo momento nel Pd, ovvero che uniti come il Nuovo Fronte popolare si vince?

Così non vincerà mai. O meglio, si può vincere contro qualcosa se quel qualcosa è un qualcosa di fortemente divisivo come il caso dell’Assemblea nazionale, oppure è qualcosa di assolutamente fallimentare come erano i conservatori britannici dopo 14 anni di gestione poco brillante del potere. Ma in Italia la situazione non è questa: uno dei problemi è dato dal fatto che la sinistra non riesce a governare perché non ha imparato la famosa lezione che bisogna portare il dissenso nel campo del nemico. Invece fa di tutto per tenerlo unito, il che è una cosa un po’ stupida, se devo essere franco. Il fascismo sta tornando, dice la sinistra italiana, ma la gente non ci crede. Questo è il problema vero. Occorrerebbe una proposta molto credibile, che però pone dei problemi quando si deve mettere insieme un’alleanza fra componenti molto agguerrite e molto poco capaci di creare un consenso che vada al di là dei loro fan club.

La destra per vincere non deve essere il partito della rabbia. Le elezioni in Francia lette da Pombeni

Non si può vincere con una destra di carattere estremista perché non è sufficiente accreditarsi come alternativa quando i cittadini sono delusi: questa è stata una grossa debolezza del Rassemblemant national e poi al secondo turno il duello nel duello ha premiato le caratteristiche personali”. Conversazione con Paolo Pombeni, professore emerito all’università di Bologna e direttore della storica rivista il Mulino per il triennio 2024-2026

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