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Ciò che non sono riusciti a fare temi come il futuro dell’ex Ilva e di Alitalia, e gli oltre 16 “tavoli di crisi” al ministero dello Sviluppo Economico, potrebbe essere il risultato di una diatriba apparentemente tecnica sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes).

I termini della questione sono stati illustrati più volte, sin dal dicembre 2018, quando il negoziato europeo sulla riforma del Mes era in corso. Occorre precisare che la trattativa è stata riservata, come avviene in tutti i negoziati internazionali, ma non segreta: i punti essenziali delle modifiche al Mes erano sui siti pertinenti del Consiglio Europeo e dello stesso Mes (un’istituzione che in pochi anni ha raggiunto dimensioni notevoli – 400 dipendenti). Non sono state pubblicizzate ovviamente le posizioni delle singole parti coinvolte nel negoziato. È dato che l’opinione pubblica era alle prese con altre tematiche (Tav, Ponte Morandi, governo sempre in bilico), i commenti allo svilupparsi della trattativa di pochi economisti non hanno avuto risonanza esterna.

Non sta certo a me dire in che misura il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria abbiano informato i colleghi di governo e il Parlamento. Il 14 ottobre scorso ho partecipato a un seminario alla Camera dei Deputati e quasi tutti i partecipanti sembravano essere molto poco al corrente sulla questione e sui suoi termini.

Dopo il “vertice di maggioranza” di domenica primo dicembre, è stato dato al ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri il mandato di riaprire una trattativa che molti degli altri 18 Stati membri del Mes considerano chiusa. Non è chiaro, dai comunicati di Palazzo Chigi, cosa Gualtieri debba ottenere: modifiche alle “clausole di azione collettiva”? Revisione alle misure che in pratica rappresentano un “cordone sanitario” rispetto ai Paesi le cui politiche possono mettere a rischio “la stabilità finanziaria europea”? Ad inserire, come inizialmente previsto, il Mes nelle istituzioni europee? Ad integrare la riforma del Mes nel completamento dell’unione bancaria europea e nell’avvio dell’unione del mercato dei capitali? Nel giungere ad una redazione della riforma del Mes più chiara e meno ambigua? Se i termini del mandato dato a Gualtieri non vengono esplicitati, dopo il Consiglio Europeo del 12-13 dicembre, la bagarre è destinata a riprendere.

Gualtieri e l’Italia si trovano in una situazione da “Catch 22”, o “Comma 22”, il celebre romanzo di Joseph Heller sui paradossi dei regolamenti militari americani. Non ha l’arma di minacciare di non ratificare o di ritardare la ratifica dell’accordo. Se l’Italia ratifica il testo tale e quale, si dà la zappa sui piedi perché approva modifiche che, secondo parte della maggioranza (e di tutta l’opposizione) possono aggravare le difficoltà del Paese. Se (unica tra i 19) non ratifica, i mercati potranno leggere la “non ratifica” come l’autocertificazione di essere sull’orlo del baratro e accelerare, così, una crisi debitoria.

Allora, il Parlamento sarà prossimo all’approvazione della legge di Bilancio. Ed il Partito democratico dovrà decidere se continuare a coabitare con il M5S. Elezioni in primavera potrebbero riportargli voti andati al M5S e frenare eventuali emorragie verso Italia Viva. Anche perché la causa della rottura verrebbe facilmente presentata come nobile: il ruolo dell’Italia in Europa.

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