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Chi è che sa cambiare? Chi è che sa, dopo aver letto, rileggere? I “laici”? Sarebbe bello, ma tanti dibattiti non sembrano confermarlo. Per brevità però teniamo l’interrogativo aperto e diamo invece uno sguardo fugace all’altro mondo, quello dei credenti. Con la chiarezza che gli è propria Francesco da Nagasaki e Hiroshima ha condannato non solo l’uso ma lo stesso possesso di armi nucleari: “L’uso dell’energia atomica a fini bellici è immorale”. È stato sempre così per la Chiesa? Al tempo della deterrenza era altrettanto chiara la posizione vaticana? Certo, Giovanni XXIII ne auspicò il bando. Ma quando l’arcivescovo di Seattle, Raymond Hunthausen, denunciò che la costruzione del sottomarino atomico Tridente aveva il potenziale distruttivo di 2040 bombe come quella di Hiroshima e questo prospettava scenari inammissibili per la sua coscienza cristiana, si ritrovò obbligato a lasciare il posto. La Santa Sede non la pensava come lui. Così, presa tra l’incudine e il martello, la Chiesa americana elaborò una posizione di compromesso: la deterrenza è giustificata se servirà a portarci al bando delle armi chimiche da parete di tutti.  La questione non è tramontata con la disputa di Hunthausen, visto che ancora nel 2014 il vescovo di Detroit ha sostenuto che i vescovi americani non hanno mai richiamato il governo americano alle sue responsabilità per il mancato raggiungimento degli obiettivi posti come giustificazione della deterrenza. A quel tempo Giovanni Paolo II era impegnato direttamente nella questione dell’est europeo e la deterrenza non sembrava inutile, ma poteva aiutare il collasso interno del sistema sovietico. E oggi? Oggi solo gli Stati Uniti spendono 50 miliardi di dollari l’anno per l’armamento nucleare e il blocco sovietico non c’è più.

Cosa è successo dunque a Nagasaki e ad Hiroshima? Non è successo a forse qualcosa di paragonabile a quando accadde quando Paolo VI abolì la pena di morte? Cosa fece quel giorno Paolo VI? Non disse che quel che si era ammesso fino ad allora non era più ammissibile? Facciamo un altro esempio, quella di libertà di culto. Papa Leone XIII in una sua nota epistola scrisse al riguardo: “Con siffatta libertà si pone nella stessa linea la verità e l’errore, la fede e l’eresia, la Chiesa di Gesù Cristo e qualsiasi istituzione umana; con essa si stabilisce una deplorevole e funesta separazione tra la società umana e Dio che ne è l’autore e si giunge alla triste conseguenza dell’indifferentismo dello Stato in materia di religione e, ciò che è lo stesso, del suo ateismo”. Il concilio Vaticano II invece ha solennemente affermato: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.”

Potremmo proseguire a lungo. C’è stato un tempo in cui i papi ritenevano la vita celibataria superiore a quella coniugale. Pio XII si occupò di questo in un’ enciclica, accantonata però da Giovanni Paolo II che in un’ udienza del mercoledì parlò dell’assoluta uguaglianza valoriale tra le due. Ecco che diviene meno sorprendente e più logico o consequenziale che Francesco abbia voluto nel catechismo della Chiesa cattolica il no alla pena di morte, ben sapendo che quella pena c’era stata anche in Vaticano. Ma i tempi cambiano: non cambia la verità, ma il modo in cui la si capisce. E oggi ostinarsi a credere nella deterrenza nucleare sarebbe assurdo. Se è stata ritenuta ammissibile ieri, non da tutti abbiamo visto e non facilmente, oggi appellarsi alla tradizione sarebbe curioso. Come qualcuno che tornasse a chiedere il rispetto della tradizione ritornando alla teoria che è il sole a girare intorno alla terra.

In definitiva, possiamo dire che Francesco ha fatto fare alla sua Chiesa un altro enorme passo avanti sulla via della migliore comprensione della verità in un mondo profondamente cambiato rispetto a quello di ieri, nel quale i miliardi di dollari spesi annualmente per le armi nucleari potrebbero aiutare moltissimo se spesi in altro modo, visto che fame, carestie, assenza di acqua potabile e altro continuano a tormentare il nostro mondo in tanti suoi territori, mentre noi ci chiediamo come arrestare esodi che definiamo “migrazioni”.

Dunque questo viaggio in Giappone si pone sullo stesso livello di quello compiuto a febbraio ad Abu Dhabi, quando Francesco con la dichiarazione di fratellanza ci ha fatto dire dalle religioni che questo secolo o svolta in questa direzione o può prendere vie senza ritorno. Una considerazione che conduce alla questione ecologica, un’emergenza umana e naturale che purtroppo parla proprio questa lingua. Qual’è l’alternativa all’ecologia integrale? E può esserci ecologia integrale con la pena di morte, le armi atomiche e la distruzione dei polmoni del mondo? Un mondo senza fratellanza può affrontare queste sfide?

A Hiroshima Francesco completa la dottrina della fratellanza

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