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LA COMMERCIALIZZAZIONE DELLA CORSA ALLA LUNA

Sul fronte commerciale, il trend è evidente da ancor prima, almeno da quando si è iniziato a parlare della cessione di alcuni servizi per la Stazione spaziale internazionale (Iss) ad aziende private, così da sollevare gli enti pubblici dai gravosi impegni finanziari. Lo stesso varrà per il programma Artemis, redatto dalla Nasa per rispondere all’incalzante tabella di marcia voluta in prima persona da Donald Trump: tornare sulla Luna entro il 2024. E infatti, oltre all’agenzia spaziale americana, sulla superficie lunare metteranno piede anche SpaceX, Blue Origin e Lockheed Martin.

LA FORMULA

Proprio ieri, la Nasa ha annunciato i diversi accordi siglati con 13 aziende nella formula di “Space Act Agreements”. Si tratta di una modalità di collaborazione innovativa, già adottata dagli americani, ma mai in maniera così corposa e strutturata. Non si prevede alcun contratto né pagamento. Alle società private viene chiesto un contributo di ricerca e sviluppo, offrendo loro in cambio la possibilità di lavorare insieme agli autorevoli centri della prima agenzia spaziale al mondo. “La comprovata esperienza della Nasa e le incredibili facility di cui dispone aiuteranno gli attori commerciali a maturare le proprie tecnologie a passo competitivo”, ha spiegato James Rauter, vertice dell’agenzia per le tecnologie spaziali. In particolare, ha aggiunto, “abbiamo identificato le aree tecnologiche necessarie alla Nasa per missioni future; le nuove partnership pubblico-private ne accelereranno lo sviluppo così che l’implementazione sia più veloce”.

…GLI ACCORDI DI JEFF BEZOS

E infatti, diversi osservatori d’oltre oceano hanno notato la rapidità con cui gli accordi sono stati siglati, tra l’altro andandosi a sommare ai contratti (quelli sì con lauti finanziamenti) previsti nell’ambito delle Next Space Technologies for Exploration Partnerships (NextStep) con cui la Nasa ha chiesto alle industrie di sviluppare concetti per veicoli di trasporto e di discesa sulla Luna, aggiungendo poi anche i moduli di ritorno sulla piattaforma orbitante, il cosiddetto Lunar Gateway che resterà invece in orbita cislunare. I temi sono comunque connessi. Blue Origin, ad esempio, aveva già ottenuto finanziamenti per il suo lander Blue Moon (presentato dal magnate Jeff Bezos in pompa magna lo scorso maggio). Ora, ottiene tre accordi di partnership che gli permetteranno di lavorare sul progetto insieme agli esperti dei celebri Johnson Space Center, Goddard Space Flight Center, Glenn Research Center, Marshall Space Flight Center e il più storico Langley Research Center. Si tratta di centri di ricerca rinomati e preparati, preziosi tenutari dell’esperienza scientifica dello spazio a stelle e strisce. Lavorarci insieme è il sogno di qualsiasi azienda privata.

…E QUELLI DI ELON MUSK

La SpaceX del visionario Elon Musk ha invece ottenuto due accordi oltre a quelli già in vigore. Riguardano la collaborazione sulla tecnologia per un grande veicolo di atterraggio, probabilmente lo Starship che l’azienda sta già sviluppano. In più, dovrà anche lavorare sul trasferimento di propellente in ambiente spaziale, un elemento delicato quanto necessario per una stazione che starà ben lontana dall’atmosfera terrestre, tra l’altro con la prospettiva di future missioni verso il Pianeta rosso. Ciò si aggiunge agli accordi già in vigore nell’ambito del programma “commercial crew” (su cui lavora anche Blue Origin) per avere al più presto razzo e capsula per l’invio di astronauti, ma anche alle intese siglate sui vettori per il Big Falcon Rocket.

GLI ACCORDI DI LOCKHEED MARTIN

Anche Lockheed Martin ha siglato due nuovi accordi. Il primo prevede la collaborazione con il Langley Research Center di Hampton, in Virginia, per testare materiali avanzati in grado di resistere a lungo ad elevate temperature. Il secondo riguarda invece il supporto alla vita. Insieme al Kennedy Space Center, Lockheed Martin lavorerà per sviluppare sistemi autonomi di crescita delle piante nello spazio. “L’integrazione della robotica con i sistemi di impianto – spiega l’agenzia americana – potrebbe aiutare la Nasa a portare piante a bordo di future piattaforme nello spazio profondo”. Ciò dimostra che l’obiettivo è sì il ritorno sulla Luna, ma anche che ciò rappresenta (come spiegato goffamente da Trump con un tweet su cui si sono riversate numerose critiche) una tappa intermedia verso destinazioni ben più ambiziose.

Lockheed Martin, SpaceX e Blue Origin. Ecco chi andrà sulla Luna con la Nasa

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