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L’immagine che esce a margine del vertice convocato all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron restituisce una traiettoria esattamente opposta “all’esigenza di una sempre maggior coesione fra i Paesi europei” indicata come priorità, sulle colonne di Formiche.net, dal già ministro dell’Istruzione nel governo guidato da Mario Draghi e accademico dei Lincei Patrizio Bianchi. Da economista, la sua è una lettura maggiormente legata alle questioni di crescita e competitività benché il paradigma indicato – sia nel merito che nel metodo – sia eminentemente politico.

Cosa dovrebbe esserci alla base di un rinnovato processo di coesione europea?

Ci sono tanti elementi che concorrono a determinare questo scenario, benché al momento pare che non ci sia la volontà politica da parte di molti Stati membri nel voler perseguire questo disegno. Resta il fatto che l’elemento chiave per una nuova coesione europea è la Difesa comune. Una sfida sulla quale, oggi a maggior ragione, non ci possiamo più permettere di derogare.

Lei, da economista, saprà bene che al centro di questo processo c’è un tema legato al budget da destinare al capitolo Difesa. Come uscire dall’impasse?

Penso che in realtà più che un problema di budget ancora una volta ci troviamo davanti a un problema politico. Lo sforzo sulla Difesa, così come su altri comparti strategici come l’Aerospazio deve essere più che altro organizzativo.

Ci spieghi meglio.

Dopo il tentativo fallito della Comunità europea di Difesa nel 1954, l’Europa ha sostanzialmente abdicato a questo tema in maniera piuttosto miope finendo per essere eccessivamente schiacciata sotto l’ombrello americano e, dunque, della Nato. Quando poi finì la fase più acuta di contrapposizione tra Usa e Urss sarebbe stato un momento perfetto – per il Vecchio Continente – per rivendicare un proprio ruolo (e dunque un’autonomia strategica) in un settore chiave come quello della Difesa. La storia, però, ci dice altro.

Resta complesso, comunque, immaginare che l’Europa possa rivendicare un proprio ruolo, anche sul piano economico, in maniera indipendente rispetto alle attuali potenze che dominano lo scenario geopolitico globale. 

In realtà è vero il contrario, specialmente in termini economici e quindi politici. Dal 2008, in virtù della crisi globale scoppiata negli Stati Uniti e poi deflagrata ovunque, è cambiato il ciclo economico. E l’Ue entra in fase di stagnazione. Tuttavia, nei dieci anni precedenti, cresceva più di Cina e Stati Uniti. In questo momento, invece, godiamo se riusciamo a crescere di pochi decimali oltre lo zero. La chiave di tutto, è la coesione. Se ci si muove per Paesi singoli, tutte le dimensioni – a partire dalla Germania – sono marginali. Adesso è un momento chiave per l’Ue.

In che termini?

L’ascesa di questa amministrazione statunitense, che fra le altre cose sostiene partiti filo-putiniani come AfD ci pone davanti a una questione fondamentale. Anche i Paesi governati da esecutivi di destra devono decidere da che parte stare: se con l’Europa, contribuendo e rilanciando il processo di coesione, oppure se stare dall’altra parte. Con la consapevolezza che qualsiasi linea divergente rispetto al consolidamento europeo, andrà a rafforzare gli Usa da un lato e la Russia dall’altro.

Sull’Intelligenza Artificiale si gioca e si giocherà tanto del futuro anche in termini geopolitici. Come si immagina il ruolo dell’Europa in questo contesto?

Sicuramente non possiamo dipendere dai colossi big tech, dobbiamo invece sviluppare una nostra autonomia strategica anche su questo fronte. Ne ho parlato a lungo anche con Mario Draghi. I pilastri di un’intelligenza artificiale europea sono tre: formazione (AI non deve essere un ambito riservato ai cultori dell’informatica ma deve essere trasversale e multidisciplinare), applicazione dell’AI anche nella Pubblica Amministrazione in ottica di snellimento dei processi (anche decisionali) e incrocio con le aziende per aumentare la competitività.

La Difesa è il pilastro della nuova integrazione Europea. Parla Bianchi

“Più che un problema di budget ancora una volta ci troviamo davanti a un problema politico. Lo sforzo sulla Difesa, così come su altri comparti strategici come l’Aerospazio deve essere più che altro organizzativo”, spiega a Formiche.net l’ex ministro dell’Istruzione e accademico dei Lincei Patrizio Bianchi

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