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“Questa Convenzione è un passo importante per garantire che le nuove tecnologie possano essere sfruttate senza erodere i nostri antichi valori, come i diritti umani e lo stato di diritto”. Ad affermarlo è la ministra della Giustizia britannica, Shabana Mahmood, in un comunicato che apre le candidature a tutti coloro che vorranno sottoscrivere il primo trattato sull’intelligenza artificiale giuridicamente vincolante, firmato oggi anche dalla Commissione europea e volto a ridurre i rischi che derivano dallo sviluppo tecnologico. Del trattato avevamo scritto qui lo scorso maggio quando, dopo diversi mesi di trattative che hanno coinvolto 57 paesi, era stato definitivamente approvato.

Un breve recap. In quell’occasione era stato il Consiglio d’Europa ad approvare il testo, che aveva l’obiettivo di garantire il rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e della democrazia nell’utilizzo di sistemi pensati con l’intelligenza artificiale, andando così a definire “un quadro giuridico che copra il loro intero sistema di vita e affronti i rischi che essi possono comportare, promuovendo al contempo un’innovazione responsabile”. La portata del trattato è data dagli attori coinvolti: non ci sono solamente membri dell’Unione europea, ma anche Stati come Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Giappone, Israele, Messico, Perù, Stati Uniti, Uruguay e Vaticano, a cui si aggiungono altri rappresentanti del mondo privato, civile e accademico che hanno potuto partecipare ai negoziati come osservatori.

Le regole per monitorare i rischi provocati dagli strumenti di IA prevedono due approcci: uno di subordinazione al trattato, nel rispetto delle sue normative; un altro di self-control, con i membri che si adoperano con ulteriori misuri aggiuntive rispetto a quelle del testo normativo. Come ha spiegato la Commissione europea in una nota, la convenzione quadro sarà attuata all’interno dell’Ue tramite il suo regolamento sull’IA, che prevede norme armonizzate per l’entrata sul mercato, la diffusione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale, oltre ad altre normative che vigono nello spazio comunitario.

Il secondo appuntamento di questa maratona legislativa era fissato appunto al 5 settembre, giorno in cui i ministri della Giustizia europei si sono riuniti nella capitale lituana, Vilnius, per apporre la propria firma. Successivamente, la Commissione presenterà la sua proposta al Consiglio per la conclusione, che dovrebbe avvenire anche con il voto del Parlamento europeo.

Tuttavia, anche in questo caso vale il celebre proverbio “fatta la legge, trovato l’inganno”. Sebbene il trattato sia una tappa importante nel processo di regolazione della tecnologia, la vastità dei principi rischia di renderlo troppo vago. O per dirla con le parole che l’esperta giuridica dell’European Center for Not-for-Profit Law Stichting, Francesca Fanucci, ha rilasciato alla Reuters, il pericolo è che il testo sia “annacquato.” La formulazione dei principi e degli obblighi in questa convenzione – ha spiegato – è così ampia e piena di avvertenze da sollevare seri dubbi sulla loro certezza giuridica e sulla loro effettiva applicabilità”. Ad esempio, Fanucci mette in evidenza le sanzioni che riguardano i sistemi di IA utilizzati per la sicurezza nazionale o il poco controllo sulle aziende private: “Questo doppio standard è deludente”.

Diverso, comprensibilmente, l’entusiasmo che invece arriva da Bruxelles. “La legge europea sull’intelligenza artificiale diventa globale”, ha scritto su X la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha spiegato l’importanza di questo passo. “In linea con la nostra legge sull’intelligenza artificiale, essa fornisce un approccio comune per un’IA affidabile e innovativa, compatibile con i valori democratici. L’Ue continuerà a promuovere l’innovazione al servizio delle persone”.

L’Ue batte un altro colpo sull’IA. La Commissione firma la convenzione quadro

È la prima legge giuridicamente vincolante, già adottata lo scorso maggio dal Consiglio d’Europa, volta a ridurre i rischi derivanti dagli strumenti tecnologici e a salvaguardare i diritti umani. La porta è aperta a chiunque voglia entrare a farne parte. Sebbene alcuni osservatori mettano in guardia dai reali effetti di un testo così ampio, è un ulteriore passo verso la regolazione voluta da Bruxelles

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