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Cosa resta della politica? È la domanda che mi sono posta in uno dei miei soliti viaggi in treno da lobbista itinerante. Ero seduta accanto a quattro ragazzi veneti che, a giudicare dalle magliette con un logo in bella vista, lavoravano per una ditta di cosmetici. Due maschi e due femmine, ci separava solo lo stretto corridoio del vagone. Scherzavano, sorridevano, cercavano il mio sguardo quando facevano una battuta. Erano allegri e spiritosi. Abbiamo subito simpatizzato e scambiato qualche freddura.

Poi mi sono messa a lavorare al computer, ma ogni tanto mi perdevo nei loro discorsi: “In Brasile le aziende hanno l’obbligo di assumere l’80% di brasiliani. Solo il 20% sono stranieri. Non come da noi che è esattamente il contrario”. A naso mi è sembrata un’osservazione totalmente campata per aria. Non conosco il dato brasiliano, Paese dove la mescolanza etnica è comunque evidente, ma non ho notizia di un dato italiano corrispondente a questa percentuale. A meno che non parliamo di lavori domestici, raccolta dei pomodori o di altri settori nei quali gli italiani non sono esclusi a priori ma, a torto o a ragione, preferiscono chiamarsi fuori. Al di là delle presunte statistiche, quello che mi ha colpito è che, dal setaccio dei media, i miei giovani compagni di viaggio avessero raccolto questa sintesi da sparare su un treno come verità indiscutibile. Una verità accettata per tale, malgrado, per quanto io ne sappia, la mancanza di un riscontro nella realtà.

Ecco cosa resta della politica. Perché nell’era delle mille opportunità mediatiche su un tema tanto complesso come il lavoro arriva così poco, così male e così sbagliato? “Acqua, acqua da tutte le parti; e non una goccia da bere!” Scriveva Coleridge nella Ballata del vecchio marinaio.

Abbiamo affrontato questo tema con Giuseppe Sala che abbiamo intervistato per la testata mensile di Telos A&S PRIMOPIANOSCALAc. Leggi qui. Nel suo intervento, che fa parte di una serie di interviste con i sindaci, Sala affronta il tema della disaffezione alla politica, sentimento che i primi cittadini si trovano quotidianamente ad affrontare: “La disaffezione alla politica – a cominciare da quella dei più giovani – è il risultato della mancata capacità della politica stessa di affrontare seriamente e in modo concreto temi sensibili e trasversali, che riguardano tutti. Penso alle sfide dell’ambiente, della disoccupazione, della giustizia sociale […] Tuttavia, posso dire che […] quando le istituzioni escono dai palazzi e vanno là dove ci sono i problemi senza nascondere la testa sotto la sabbia, allora la popolazione non solo si sente presa in considerazione, ma non fa mancare la propria presenza e partecipazione. E questo, a Milano, è possibile anche perché la città può contare su una forte rete di associazioni, brillante espressione di civismo”. Mi conforta. Qualche goccia da bere è c’è ancora.

Giuseppe Sala e la goccia da bere

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