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Non ci si può presentare davanti a una superpotenza come la Cina senza essere consapevoli dei propri punti di forza e di debolezza. È necessaria una visione strategica, che porti ad interloquire alla pari, con l’apporto dell’Unione europea. Lia Quartapelle, deputata del Partito democratico e componente della commissione Affari Esteri non vede di buon occhio la firma del memorandum con la Cina su cui, sottolinea, c’è poca chiarezza. “Chiederemo al ministro degli Esteri di venire a riferire con urgenza, perché l’opposizione non ha potuto visionare nessun documento ufficiale”.

Sul fronte degli investimenti cinesi c’è della confusione. L’Italia sarebbe il primo Paese del G7 a firmare un accordo con la Cina, cosa si rischia? Anche dagli Usa sono molto preoccupati.

Prima di tutto di rompere l’unità europea, perché ieri da fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere che la Lega sta pensando a una legge italiana per proteggere il nostro Paese dall’invasione cinese. Al netto del fatto che è ironico che questa proposta venga dalla Lega, partito del sottosegretario Geraci che di fatto spinge per sottoscrivere questo memorandum, ma è ulteriormente ironico che si pensi a una legge nazionale per fare fronte, sostanzialmente, a un Paese che ha una dimensione da superpotenza. Noi siamo una media potenza, la Cina una superpotenza, può una legge nazionale riequilibrare i rapporti di forza? No, i rapporti di forza, lo dice il termine stesso, dipendono dalla forza di chi è coinvolto e se l’Italia vuole davvero proteggere il mercato interno e far valere gli export sul mercato cinese deve dotarsi di rapporti di forza. L’unico di cui disponiamo è quello di negoziare con la Cina come Europa, non come singolo Stato. Come dicevo, è veramente ironico che un movimento nazionalista da un lato per far vedere che l’Italia ha una dimensione maggiore di quella che ha negozia un accordo politico con la Cina, e poi si renda conto che la nostra dimensione nazionale ha bisogno di protezione. Scardiniamo i meccanismi europei e poi ci rendiamo conto che senza di questi siamo nudi, e quindi ripieghiamo su una legge italiana per proteggerci dalla Cina?

All’interno della stessa Lega ci sono voci contrastanti. Sia Giorgetti che lo stesso Salvini avevano espresso la propria contrarietà, ad esempio, per il 5G in mani cinesi. Eppure una bozza del memorandum visionata da Formiche.net mostra che è contenuta, appunto, la parola “telecomunicazioni”. Si mette a rischio la sicurezza nazionale?

Noi chiederemo al ministro degli Esteri di venire a riferire con urgenza in Parlamento, perché non abbiamo accesso a bozze di documenti ma stiamo lavorando su dichiarazioni. Come opposizione non c’è nessun documento che abbiamo potuto consultare, e questo sappiamo essere un modus operandi di questo governo che non coinvolge l’opposizione. Da quello che abbiamo capito l’MoU è più un documento politico, non è un documento operativo, in cui la Cina chiede da che parte sta l’Italia in particolare nella contesa con gli Stati Uniti e poi appunto verso i partner europei. I nazionalismi funzionano così, bisogna far sentire grande un Paese e quindi l’idea che l’Italia firmi un accordo politico con la Cina da un punto di vista nazionalista gonfia il petto, ma è evidente che la dimensione che noi abbiamo non rende possibile un accordo tra pari. Questa è la schizofrenia nazionalista, che fa il passo più lungo della gamba.

Una mancanza di lungimiranza?

Noi abbiamo un governo schizofrenico: il sottosegretario della Lega che spinge per un accordo ma poi Giorgetti e Salvini sono preoccupati e propongono una legge nazionale. Di Maio, che è favorevole all’accordo, e quindi favorevole ad aprire i porti – perché poi alla Cina interessano i porti italiani – però blocca le infrastrutture che dovrebbero collegare quei porti al resto d’Europa.

Si riferisce alla Tav?

È una totale mancanza di strategia. Se loro guardassero all’accordo con la Cina in senso strategico da un lato si doterebbero dell’elemento di forza più prossimo che è l’Unione europea, e in secondo luogo doterebbero il nostro Paese delle infrastrutture fisiche ma anche di controllo necessarie. Ad esempio, la questione del 5G è molto delicata e anche la Germania, che pure ha iniziato un appalto con Huawei sul 5G, da un lato sta facendo dei controlli, dall’altro ha un centro unico di controllo sulla rete unica delle telecomunicazioni. L’Italia non ha né chiesto determinati controlli – oggi Conte ne parlerà al Copasir e cercheremo di capire meglio – dall’altro lato noi abbiamo 4, 5 gestori della rete delle telecomunicazioni, questo rende la rete italiana assolutamente vulnerabile. Quindi una riflessione strategica anche sulla rete va fatta. Ci presentiamo a petto nuda davanti alla Cina e pensiamo che un accordo con un grande Paese renda anche noi un grande Paese, ma il rapporto con loro espone tutte le nostre vulnerabilità.

Tuttavia, fanno notare, rinunciare agli investimenti cinesi sarebbe sprecare un’opportunità. Come si può sfruttare, senza esporre l’Italia a rischi?

Io penso che l’Europa dovrebbe prendere una posizione indipendente dagli Stati Uniti sul rapporto con la Cina, che è una questione strategica dei prossimi decenni, se non del prossimo secolo, che non si può né ignorare né demonizzare. Bisogna però approcciarsi in modo equilibrato sapendo chi siamo, quali sono le nostre debolezze e quali sono i nostri punti di forza su cui possiamo contare. Se dimentichiamo i punti di debolezza e distruggiamo i punti di forza – che sono l’Unione europea – ci presentiamo nudi davanti a un attore che ha una dimensione molto superiore alla nostra.

Approcciare alla Cina in senso strategico, quindi.

Non penso che con la Cina si debba avere un atteggiamento necessariamente aggressivo, ma bisogna avere chiari i punti strategici. L’Italia è un Paese cardine tra l’Europa e l’Africa e nel Mediterraneo. Questo è un elemento strategico, un punto di forza del nostro Paese nei confronti della Cina. Una collaborazione tra Cina e Europa sullo sviluppo dell’Africa, che passi attraverso l’Italia potrebbe essere una straordinaria opportunità per il nostro Paese, ma se noi non ci approcciamo in modo, lo sottolineo ancora una volta, strategico al rapporto con la Cina cancelliamo dal tavolo tutte le opportunità che possiamo avere e il ruolo che possiamo ricoprire. C’è una corsa affrettata a qualificarci come primo interlocutore, senza essere pronti in alcun modo e per questo chiederemo al ministro degli Esteri di pronunciarsi sul memorandum, anche perché la sua voce non si è sentita. Non è un accordo commerciale, quello di cui si parla, è un accordo politico con una fortissima valenza strategica.

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