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Si arricchisce l’elenco delle misure economiche e geopolitiche sull’asse Washington-Ankara. Il nodo non è solo relativo alla condotta bivalente di Erdogan nel Mediterraneo orientale e nelle potenziali influenze sul costone balcanico, ma anche all’instabilità che le sue policies portano in grembo sul dossier energetico e sul Medio Oriente, con la questione ancora aperta dei curdi in Siria.

In parallelo, Ankara prosegue nelle sue provocazioni contro Cipro e Grecia dove gli Usa replicano colpo su colpo (spedendo nell’Egeo gli elicotteri Kiowa).

QUI USA

Da oggi termina il trattamento speciale Usa nell’ambito del programma che ha permesso l’importazione di alcuni prodotti turchi nel Paese. Lo annuncia la Casa Bianca che al contempo dimezza i dazi imposti sull’acciaio turco, dal 50% al 25%.

Secondo Washington occorre porre fine all’ammissibilità della Turchia a partecipare al programma del Sistema di preferenze generalizzate (Spg). L’US Trade Representative (Ustr) già da alcune settimane aveva lanciato indizi in questo senso, sottolineando come la Turchia non fosse più idonea a partecipare al programma perché “sufficientemente sviluppata economicamente”. Ma è chiaro che le tensioni interne allo status turco di membro Nato che però geopoliticamente al momento è un ibrido, dovrebbero aver giocato un ruolo.

Già lo scorso anno Trump aveva imposto tariffe più alte sulle importazioni di acciaio e alluminio turco per mettere pressione economica sulla Turchia nell’ambito della questione che coinvolse il pastore Andrew Brunson, detenuto da Ankara con l’accusa di terrorismo e rilasciato lo scorso ottobre.

QUI ANKARA

Ankara replica nelle stesse ore tornando sull’atavica questione relativa agli armamenti. Di fatto, punta a confutare le affermazioni degli Stati Uniti secondo cui i sistemi russi di difesa aerea S-400 sul suolo turco insieme agli aerei F-35 statunitensi creerebbero una violazione della sicurezza. Il ministero degli Esteri turco insiste nell’intenzione di creare una commissione congiunta per analizzare le opinioni tecniche di entrambe le parti in merito alla questione, assicurando che i sistemi saranno completamente sotto il controllo turco e non saranno integrati nei sistemi Nato esistenti. Passaggio che non è ritenuto sufficiente dalla Casa Bianca per procedere, visto che tra le altre cose è iniziata la costruzione ad Antalya (di fronte alla costa nord cipriota) della prima centrale nucleare turca di fabbricazione russa..

Se le affermazioni degli Stati Uniti fossero vere, ha detto da Riga il ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu, gli S-400 avrebbero già avuto accesso ai segreti della tecnologia F-35 poiché entrambi sono stati dispiegati in Siria e nella regione del Baltico e nel nord. Nell’occasione ha puntualizzato che la Norvegia dispone di F-35 accanto agli S-400 russi di stanza sull’altro lato del confine tra Norvegia e Russia.

QUI CIPRO

È di tutta evidenza come la partita turco-americana sia intrecciata a due dossier significativi per le sorti del Mediterraneo come quello energetico e quello legato agli sviluppi mediorientali, Iran e Siria su tutti. La novità diplomatica delle ultime ore è che Londra ha “aggiustato il tiro” sul caso Cipro e il Foreign Office dopo l’iniziale appoggio ad Ankara ha chiesto ufficialmente alla Turchia di interrompere le trivellazioni illegali previste nel Mediterraneo orientale. I militari inglesi tra l’altro sono di stanza in due basi cipriote e lì a breve arriverà anche una fregata francese, a dimostrazione del respiro internazionale della vicenda e di come l’isola occupata per il 36% dai turchi sia ormai centrale nello scacchiere euromediterraneo. Tuttavia il ministero britannico non ha ritirato la frase che definisce la vicinanza della nave turca “Fatih“, in una “zona in cui la sovranità è in discussione”, passaggio che testimonia l’ambivalenza del governo inglese alle prese in questi giorni con le tensioni a Downing Street che potrebbero portare la premier May al passo indietro entro l’estate.

QUI EGEO

Ma c’è un altro fronte che resta molto caldo rispetto alle reazioni scomposte turche: l’Egeo. Dalla primavera del 2018, quando il Pentagono ha avviato il progressivo disimpegno dalla base turca di Incirlik spostando al contempo il proprio cono di interesse in Grecia, si sono moltiplicati sia gli sconfinamenti aerei sui cieli greci degli F16 di Ankara, sia le azioni di disturbo condotte dall’intelligence turca su suolo greco, come dimostra l’arresto venti mesi fa di una spia turca alle porte della base greca di Salamina, mentre era intento a scattare foto. Ieri sono giunti al porto di Volos a bordo di un cargo i primi 10 elicotteri (su 70) Kiowa Warrior, che gli Usa hanno venduto ad Atene: di fatto è la “risposta” atlantica ai 35 droni made in Turkey che Ankara usa per pattugliare e sconfinare nell’Egeo.

A differenza dell’Apache il Kiowa ha costi meno elevati sia per l’assistenza in sede di manutenzione che per le fasi di volo, mentre gli Usa sono al lavoro per sostituirlo con il nuovo Future Attack Reconnaissance Aircraft (Fara).

twitter@FDepalo

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