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Il Regno Unito e il Bahrein sono alleati da 202 anni. Grazie a queste relazioni, il Bahrein ha anche assunto un importante ruolo economico e di sicurezza per molti altri Paesi in Europa ed è stato designato dagli Stati Uniti come grande alleato non Nato. Sebbene sia una piccola isola – uno stato di 570mila cittadini, la sua cultura araba e islamica (ci sono anche fiorenti comunità cristiane, ebraiche e indù), la conoscenza locale, le sue reti tribali e politiche hanno contribuito a risolvere alcune delle minacce più pronunciate che sono emerse nel Golfo arabo. Dall’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq allo scatenarsi della guerra al terrorismo. Oggi, il Bahrein sostiene gli sforzi internazionali condividendo informazioni vitali su Hezbollah, Al Qaeda e Daesh.

Il Bahrein, inoltre, si trova nel bel mezzo di importanti riforme politiche ed economiche, tra cui lo sviluppo di un sistema democratico: il 24 novembre 2018, ha tenuto la sua quinta elezione parlamentare che ha visto la più alta percentuale di donne in corsa per le elezioni e l’opposizione socialista ha ottenuto enormi guadagni di seggi aggiuntivi. Si tratta di un evento unico nel Medio Oriente.

Stranamente, il programma di democratizzazione del Bahrein viene omesso nella maggior parte dei dibattiti pubblici europei. Cercando su Google “Bahrain Elections 2018” i risultati sono rivelatori: la maggior parte della stampa araba applaude il Bahrein per essere andato alle urne – e non per le strade – e per il suo espressionismo politico, mentre nella maggior parte dei media europei, le elezioni sono vendute, succintamente, come una “finzione”. Questa visione duale della questione rischia, dunque, di confondere. In una regione piena di conflitti, dove il settarismo è molto diffuso, le guerre civili infuriano e le competizioni geopolitiche si avvicinano al punto di ebollizione, le elezioni parlamentari in Bahrein dovrebbero essere celebrate. E allora perché, in Europa, non lo sono?

Molte opinioni europee sul Bahrein derivano dalla crisi del 2011. In realtà la crisi è stata un evento unico nel Paese – una ripetizione al rallentatore dei tentativi di colpo di Stato, atti di terrorismo, sovversione e incitamento che hanno fatto seguito alle rivendicazioni dell’Ayatollah Khomeini sulla sovranità iraniana sul Paese – che è stato inserito in un racconto più ampio della primavera araba che, essenzialmente, costruisce un Medio Oriente binario: e cioè dove il governo è “cattivo” e i dimostranti – non importa quanto violenti – sono “buoni”. Tale semplificazione risulta però pericolosa.

In Bahrein, è stato il blocco politico settario, l’Al Wefaq, a generare e governare il dibattito pubblico internazionale sul Paese. Dal 2011 è riuscito ad essere definito come l’unico gruppo di opposizione. Ma è necessario essere prudenti. Il blocco non costituisce comunque l’opposizione. Si tratta invece di un blocco settario con un’agenda settaria. Ed è finanziato dall’Iran. Il suo leader spirituale, Isa Qassim, è un ayatollah della scuola Qom e i suoi affari politici sono gestiti da Ali Salman, un religioso sciita. Inoltre questo non prende le proprie decisioni, ma le rinvia al Consiglio degli studiosi islamici, che si riferisce ad Al Wefaq come il “blocco dei credenti”. Soprattutto, poi, ha evitato le elezioni nazionali del 2002 e del 2014 e ha usato le intimidazioni per dissuadere i suoi ex deputati dal candidarsi come indipendenti. Sebbene sciolti, i membri di Al Wefaq continuano a farsi sentir con i loro ex partner parlamentari (sunniti e sciiti) e a diffondere disinformazione alla stampa internazionale.

L’attenzione asimmetrica su Al Wefaq eclissa la pluralità politica del Bahrein. Questa non è semplicemente l’opposizione. Ci sono molti altri blocchi e società e persone che svolgono questo ruolo. Dai socialisti e sindacalisti ad altri blocchi sciiti e tradizionalisti sunniti, laici e, naturalmente donne – che hanno vinto circa il 15% dei seggi disponibili, segnando una pietra miliare nella partecipazione politica femminile – il Paese può vantare una cultura politica vivace e matura. E, con quasi il 70% dei voti espressi, è chiaro che questo nuovo Parlamento rappresenta la volontà del popolo bahreinita, sia esso sciita, sunnita, cristiana, ebraica, indù o laica.

La narrazione mediatica predominante che afferma che il Bahrein è governato dal settarismo è, dunque, di fatto ed eticamente errata. Il Paese è molto più vario di così. Le elezioni di novembre, l’affluenza alle urne, il dibattito pubblico, le campagne, i vincitori sottolineano il fatto che il Bahrein ha preso la giusta decisione di vietare e sciogliere il blocco settario di Al Wefaq – che è stato un agente di disturbo e la politica del Paese è più stabile grazie alla sua esclusione. Dopo tutto, non sarebbe opportuno incoraggiare e rafforzare un blocco settario, guidato da un ayatollah, in una società multireligiosa, multifede, multi confessionale e multireligiosa.

Vi spiego l'importanza strategica del Bahrein e la disattenzione dell'Europa

Di Mitchell Belfer

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