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Il mercato globale dei chatbot dovrebbe raggiungere 1,25 miliardi di dollari entro il 2025. Inoltre, si stima che in questo biennio crescerà a un tasso medio annuo superiore al 37%. Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dallo studio dal titolo “L’intelligenza delle tutele. I consumatori tra protezione ed empowerment al tempo dell’intelligenza artificiale” condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e recentemente presentato a Roma.

UNA NUOVA INTERAZIONE

Lo studio – curato dal presidente I-Com Stefano da Empoli e dalla direttrice dell’area digitale Silvia Compagnucci – si concentra, tra le altre cose, anche sui chatbot, quei software di intelligenza artificiale, programmati sulla base di algoritmi, in grado di conversare, rispondere a domande e risolvere i problemi degli utenti. In pratica, la forma più avanzata di interazione tra aziende e consumatori. Uno strumento in fortissima crescita anche nel settore pubblico – per il quale si prevede un aumento del 42% a livello mondiale – e pure nella vendita al dettaglio grazie alle principali piattaforme di e-commerce come Amazon, Alibaba, Flipkart, Snapdeal e Walmart. I chatbot, inoltre, sono sempre più frequentemente utilizzati in ambito finanziario e assicurativo. Peraltro, dallo studio emerge come siano sempre di più le aziende che decidono di sviluppare interfacce digitali capaci di assistere gli utenti in ogni momento e di fornirgli risposte precise e istantanee in grado di portare valore aggiunto al servizio di customer care offerto dall’impresa.

NUMERI ANCORA BASSI

Tuttavia, sebbene l’intelligenza artificiale stia facendo passi avanti da gigante, sono ancora molti coloro che utilizzano i tradizionali strumenti di comunicazione per entrare in contatto con le imprese. Su un campione di mille persone, il 60% degli intervistati predilige l’utilizzo del telefono e delle e-mail, il 54% si interfaccia con il sito web, il 39% si reca direttamente sul posto per avere un contatto face to face e il 38% utilizza le chat online. Segue chi si affida alle app e ai social media mentre solo il 15% utilizza i chatbot. Una percentuale ancora bassa, ma che si stima in crescita nei prossimi anni. Diversi sono i motivi che spingono i consumatori a utilizzare questi software che simulano un assistente umano: in particolare per ottenere una risposta veloce in caso di emergenza (37%) o per risolvere un problema (35%). Molti anche i benefici: il 64% degli intervistati apprezza la disponibilità 24 ore su 24 del servizio di customer care, indiscutibilmente uno dei maggiori vantaggi dei chatbot. Nonostante questi numeri incoraggianti, permane però ancora qualche dubbio: per il 43% degli intervistati sarebbe preferibile avere a che fare con una persona in carne e ossa, mentre in molti hanno paura di commettere errori.

UNA SFIDA STRATEGICA

“I dati dello studio dimostrano quanto l’intelligenza artificiale sia destinata a incidere in profondità in tutti i settori economici, compreso il rapporto tra imprese e consumatori”, ha commentato Stefano da Empoli. Che poi ha aggiunto: “In questo senso, considerata l’importanza strategica di questa sfida, è da accogliere positivamente la decisione del ministero dello Sviluppo economico di selezionare un team di 30 esperti con l’obiettivo di giungere in tempi rapidi all’elaborazione della strategia nazionale sull’intelligenza artificiale. Coerente con questo approccio è anche la scelta, operata con la legge di Bilancio ora in discussione in Parlamento, di istituire un Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things. La dotazione non è di per sé finanziariamente così rilevante – 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 – ma si tratta comunque di un primo, importante, passo per sostenere progetti di ricerca e sfide competitive in questi campi”.

OPPORTUNITÀ E SFIDE

Lo studio si concentra anche sulle opportunità e le sfide per le imprese e i consumatori. Per le prime lo sviluppo e l’adozione di strumenti dotati di intelligenza artificiale permettono di sfruttare una serie di vantaggi come, per esempio, l’ottimizzazione dell’inventario in tempo reale, il miglioramento della logistica e delle consegne, nonché la profilazione dei clienti. Su oltre 22mila consumatori di 27 Paesi in tutto il mondo, le prospettive per i dispositivi dotati di intelligenza artificiale sono promettenti. Attualmente solo il 10% degli intervistati ha dichiarato di possedere questo genere di dispositivi. Al primo posto ci sono i consumatori asiatici. Tra i primi 10 Paesi, troviamo Cina, Vietnam, Indonesia, Stati Uniti, Thailandia, Brasile, Francia, Regno Unito, Polonia e – decima – l’Italia.

ITALIA IN CODA

Infine, lo studio contiene un indice che classifica i Paesi europei in base al grado di digitalizzazione dei consumatori. Brutte notizie per l’Italia. Il nostro Paese si posiziona al terzultimo posto con solo il 51% della popolazione stabilmente su internet: peggio fanno solo Bulgaria e Romania. La media europea si attesta al 70%. Sul gradino più alto del podio troviamo la Danimarca, con il 100% dei cittadini che utilizzano internet, seguita da Svezia e Paesi Bassi con percentuali rispettivamente del 99% e del 98%.

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Intelligenza artificiale, tra innovazione e tutela degli utenti. Studio I-Com

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