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Potrebbe essere la Nato l’arbitro della partita che si sta giocando tra Washington e Ankara sul sistema russo S-400 acquistato dalla Turchia. Lo ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg, facendo trasparire ufficialmente la volontà di stemperare la tensione. In che modo? Invitando Stati Uniti e Turchia a sedersi attorno allo stesso tavolo per guardare i diversi aspetti della questione. Un passo ufficiale, dunque, che si inserisce in un frangente di per sé già abbastanza complesso, per via della crisi in atto tra Turchia e Cipro sul gas nel Mediterraneo orientale.

QUI NATO

Stoltenberg, in un’intervista al quotidiano turco “Hurriyet”, ha messo l’accento sul fatto che le ipotesi di sanzioni Usa contro la Turchia rischiano di produrre un effetto a catena anche sull’alleanza, per cui la tesi perorata con insistenza è quella che prevede un accordo sull’istituzione di una commissione tecnica che abbia il compito di analizzare tutte le conseguenze della presenza degli S-400 in Turchia circa la sicurezza dei caccia F-35. L’acquisto del nuovo caccia da parte di Ankara è stato osteggiato dal Dipartimento di Stato, perché fisiologicamente legato a doppia mandata alla fornitura russa.

E osserva: “Si tratta di una proposta che la Turchia ha messo sul tavolo. Abbiamo bisogno di un accordo tra i due alleati direttamente coinvolti per fare progressi sulle questioni tecniche. Come Nato, naturalmente, siamo sempre pronti a dare sostegno e aiuto”.

DIREZIONE

La mossa diplomatica intrapresa dalla Nato va nella direzione di quella scuola di pensiero d’oltreoceano che non vorrebbe “lasciare” che la Turchia guardi altrove (Mosca in primis) e non alle alleanze con l’occidente e con il Mediterraneo (ovvero l’Ue). Per cui, dopo aver espresso la preoccupazione circa le conseguenze della decisione della Turchia di acquisire il sistema S-400, il segretario generale lancia la stoccata sul tema sanzioni. E dice “non è una cosa buona per l’alleanza”.

Di contro alza il pollice relativamente al dialogo portato avanti dalla Turchia con Italia e Francia per l’acquisizione del sistema Samp-T dal consorzio europeo Eurosam (di cui fanno parte l’italiana Mbda e la francese Thales), anche perché proprio la Nato è fornitrice ad Ankara di una batteria di Patriot spagnoli e di Samp-T nella provincia di Kahramanmaras.

SCENARI

Da tempo il Pentagono, che esattamente un anno fa ha avviato il progressivo disimpegno dalla base turca di Incirlik, sostiene che l’acquisto turco del sistema russo S-400 sia incompatibile con i sistemi della Nato, e anzi rappresenti un notevole deterrente all’uso degli F35 perché li espone a una serie di rischi circa intelligence e geopolitica. Da subito la risposta turca si è concentrata sulla possibilità di dare vita ad una commissione per valutare i rilievi tecnici americani, ma è chiaro che questa azione a Washington non andava bene. Va sottolineato che la Nato ha un’azione calibrata sulla cosiddetta interoperabilità, ragion per cui dispone di sistemi che possano lavorare insieme. Nel caso della Turchia il conflitto è oggettivo, visto che il sistema S400 non risulta essere interoperabile con gli altri sistemi Nato.

Ma Stoltenberg, consapevole della delicatezza della questione, ha anche enunciato gli elementi tecnici a supporto, citando da un lato la possibile influenza sulla capacità di difesa della Nato in caso di consegna alla Turchia degli F35 americani (si tratterebbe di una “situazione grave”) e dall’altro la contingenza che la presenza su suolo di un membro Nato di un sistema come l’S400 che è russo. “Penso che dovremmo ora concentrarci su come evitare di entrare in una tale situazione e non speculare troppo su cosa accadrà se non ci riusciremo”, ha aggiunto.

QUI ANKARA

Incontrando ad Ankara il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il numero uno della Nato gli ha ricordato che la soluzione maggiormente auspicata è che si giunga ad un accordo, “per il bene della Turchia, degli Stati Uniti e dell’intera Nato”. L’incontro è stato utile anche per affrontare il ruolo turco nella sicurezza “atlantica” condivisa, ovvero la difesa collettiva contro le minacce terroristiche.

Nel mezzo però le parole del vicepresidente della Turchia, Oktay, secondo cui “quando la Turchia firma un accordo, la Turchia mantiene la sua promessa. Abbiamo firmato questo accordo e sono stati effettuati alcuni pagamenti. Non penso che gli argomenti esposti siano un appoggio”, riferendosi allo stop di Washington all’acquisto.

twitter@FDepalo

 

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