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È noto che per la buona politica l’arte del governare si misura attraverso gli atti compiuti. Le opere realizzate materialmente, le leggi varate in modo definitivo, e la loro positiva ricaduta sulla vita della gente ne sono la vera prova. Lo sgangherato entusiasmo parolaio, sguaiato e parossistico, comunicato attraverso i media non è quindi giustificato se mancano i requisiti essenziali. Invece, i nostri governanti nazionali o locali si agitano con logorrea fastidiosa, monotona, ripetitiva per annunciare successi, svolte, cambiamenti di verso, senza che vi siano effetti concreti sul miglioramento del bene comune.

È purtroppo ciò che è avvenuto in Italia da quando Berlusconi arrivò a Palazzo Chigi, inaugurando uno stile poco noto sino a qualche anno prima: usare la comunicazione, sofismi per imbonire la gente, e in tal modo restare sulla cresta dell’onda. Il suo successore attuale Conte non è certo Berlusconi, conosce poco dei codici e delle regole della comunicazione politica, ma i due vicepresidenti del consiglio, altro che Berlusconi. Bravi Masanielli! Gli italiani però stanno capendo il significato del copione, e manifestano insofferenza e fastidio, nell’ascoltare questa classe politica molto approssimativa e provinciale che recita con aria tronfia, talvolta spavalda, la filastrocca: in Italia ormai il governo del cambiamento è arrivato, il Paese ha cambiato verso, la disoccupazione è in calo e tutta la litania che ne consegue.

A questi nuovi profeti va, invece, ricordato con toni estremamente bassi che l’agricoltura di buona parte della Campania è in gravi difficoltà dopo gli scempi avvenuti nella “terra dei fuochi”; che in tutto il Mezzogiorno le condizioni socio-economiche sono precarie e preoccupanti, non risolvibili col reddito di cittadinanza; che le regioni e i comuni stanno vivendo una vita difficile per i tagli del governo, al punto che servizi essenziali ai cittadini non possono essere più garantiti. E il governo ancora minaccia riduzioni di finanziamenti, non sa che al Sud la gente non ha i soldi per curare la propria salute e quella dei familiari, e non si tiri fuori sempre la malasanità che sperpera nel Meridione, perché la malasanità sperpera anche al Nord. Basta fare bene i conti!

La disoccupazione nel Mezzogiorno d’Italia è in caduta libera, per giovani e adulti. L’unico lavoro che si riesce ancora a recuperare è quello nero o sporco che offre la malavita. I media si esaltano per i risultati raggiunti dal governo M5S-Lega, ma quali? Operazioni che servono solo ad impoverire ancora di più le famiglie italiane. I toni falsamente trionfalistici sono inutili, non servono, perché la gente è molto più avveduta di quanto si possa credere. I conti in tasca li sa ancora fare. E allora, caro senatore Luigi Paragone, prima leghista, poi FI, poi grillino, lasci perdere i trecento posti di lavoro recuperati al Nord e guardi alla spaventosa disoccupazione al Sud, dove malavita comune e organizzata spadroneggiano ormai. E stia attento nel suo Nord, perché prima o poi potrebbe trovarsi in qualche trappola, dalla quale è poi difficile uscirne. Così si fa moralizzazione della vita pubblica.

sondaggi

La cecità del governo su povertà e disoccupazione

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