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Nel 1994, il film Stargate ha affascinato il pubblico con la sua audace esplorazione di un portale che collega la Terra a mondi sconosciuti, offrendo un mix avvincente di avventura, mistero e tecnologia avanzata. Oggi, con il Progetto Stargate, gli Stati Uniti mirano a compiere un’impresa altrettanto ambiziosa nel mondo reale: aprire un “portale” verso il futuro attraverso l’intelligenza artificiale. Così come nel film, dove la scoperta del portale interstellare ha ridefinito il destino dell’umanità, questo piano tecnologico intende ridefinire e rafforzare il dominio americano nell’innovazione globale.

Stargate: “Il più grande progetto di infrastrutturazione AI della storia”

“Il più importante progetto di questa era”. Con queste parole altisonanti, Sam Altman annuncia il progetto Stargate, una mossa che sottolinea l’impegno degli Stati Uniti a mantenere la propria leadership tecnologica globale, in particolare nell’intelligenza artificiale.

Il Progetto Stargate rappresenta un investimento di 500 miliardi di dollari (più o meno la disponibilità di spesa di un paese come la Norvegia) nei prossimi cinque anni per costruire data center e infrastrutture di calcolo essenziali per lo sviluppo e il funzionamento di sofisticati modelli di IA. Un finanziamento iniziale di 100 miliardi di dollari è stato già stanziato e il progetto prevede la costruzione di 20 data center, ciascuno con una superficie di mezzo milione di piedi quadrati, l’equivalente di sette campi da calcio, con il primo sito già in costruzione in Texas. Queste strutture sono cruciali per fornire l’enorme potenza di calcolo richiesta dall’IA e soddisfare la crescente domanda di data center, che triplicherà entro il 2030.

Stargate è una joint venture completamente privata tra le principali aziende tecnologiche: OpenAI, Oracle e Softbank, nonché partnership tecniche con Arm, Microsoft e Nvidia. L’unico finanziamento semi-pubblico viene dalla società emiratina MGX, il braccio di investimento tecnologico del governo degli Emirati Arabi.

Scommessa o azzardo?

Si prevede che il progetto genererà notevoli benefici economici e creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro negli Stati Uniti. Investendo pesantemente nell’IA, gli Stati Uniti mirano anche a reindustrializzare, anche se per un investimento del genere ci saremmo aspettati molta più occupazione, visto che non riesce nemmeno a riprendere i licenziamenti avvenuti nel settore: solamente l’anno scorso, secondo Layoffs.fyi, il mondo tecnologico ha licenziato più di 264.000 dipendenti, 100.000 in più rispetto all’anno precedente.

«Non hanno i soldi. SoftBank ha meno di 10 miliardi garantiti. Lo so da fonti autorevoli»: così critica il progetto Elon Musk, “il co-presidente”. L’attacco non è diretto a Trump, ma a Sam Altman, l’ex amico con il quale è invischiato in una battaglia legale. Il ceo di OpenAI non ha esitato a rispondergli, invitandolo a visitare «i siti già in costruzione», ma soprattutto a comportarsi con responsabilità: «È una cosa fantastica per il Paese. Mi rendo conto che ciò che è fantastico per il Paese non sempre è ottimale per le tue aziende, ma nel tuo nuovo ruolo spero che darai priorità agli Stati Uniti».

 

Che siate d’accordo o meno con Altman, che ha fatto del marketing tecnologico la sua fortuna, Stargate è probabilmente una delle scommesse più audaci mai fatte dall’industria tecnologica. Dopotutto, oltre al prezzo da capogiro e alle esigenze energetiche astronomiche (che potrebbero rivaleggiare con la domanda di elettricità di intere città), l’investimento massiccio non ha alcuna garanzia di ritorno. Dato che l’IA odierna è ancora una tecnologia in fase iniziale, nessuno sa come ricavarne denaro di fronte a investimenti così importanti.

Big Tech accelera: un nuovo modello per la crescita

​Ma le altre Big Tech non stanno a guardare in questa corsa al “super potere” dell’intelligenza artificiale e del calcolo computazionale. Google è pronto a investire un miliardo di dollari su Anthropic, che con il suo chatbot Claude è il principale rivale di OpenAI. Microsoft metterà sul piatto 80 miliardi per costruire data center nel prossimo anno, mentre Amazon ne metterà quasi altrettanti. Mark Zuckerberg ha annunciato un investimento tra 60 e 65 miliardi di dollari per Meta AI nel 2025, costruendo un data center da oltre 2 gigawatt, abbastanza grande da coprire una parte significativa di Manhattan, che supererà le 1,3 milioni di GPU.

Ma perché tutta questa corsa? Questa pioggia di miliardi che farebbe gola a molti Paesi? Sta emergendo un nuovo modello per la crescita, che incrocia potenza computazionale, energia, connettività e capitali, e le imprese tecnologiche americane non vogliono essere lasciate indietro: motore di questo nuovo modello ci sono i chip Nvidia, che costano molto e sono una risorsa scarsa, e per questo c’è bisogno di grandi investimenti.

Altre scommesse tecnologiche ad alto rischio nel corso degli anni non sono state così costose, né così del tutto incerte: il Progetto Manhattan, creato per lo sviluppo di una bomba atomica durante la Seconda guerra mondiale, ha cambiato la storia. Tuttavia, è stato il governo, non le aziende private, a sostenere quel progetto, ed aveva anche il vantaggio di essere basato su una scienza ben compresa. Adesso le grandi aziende tech stanno scommettendo su un risultato che nessuno comprende appieno: cercano di raggiungere l’Intelligenza Artificiale Generale (AGI), una tecnologia in grado di superare le capacità umane, ma ancora difficile da definire.

Non è la prima volta che ci scontriamo con una sorta di hype tecnologico: abbiamo visto nello scorso decennio i miliardi di dollari investiti nelle auto a guida autonoma e nel metaverso.

La paura del sorpasso cinese

​Non è stato un nuovo momento Sputnick, quando l’America si accorse di essere rimasta indietro nella corsa allo spazio, ma Big Tech si è impaurita nel vedere i nuovi modelli della società cinese DeepSeek, leader nel settore dell’intelligenza artificiale, che ha rilasciato senza roboanti eventi o conferenze stampa un nuovo modello open-source (Deepseek R-1), piazzandosi subito tra i migliori modelli al mondo, alla pari con le controparti americane. Perché è stato un momento shock?

  • Prestazioni elevate: DeepSeek-R1 ha dimostrato di superare OpenAI o1 e Meta Llama in benchmark cruciali come matematica, programmazione e ragionamento complesso. Il modello utilizza tecniche avanzate di apprendimento per rinforzo e messa a punto supervisionata, che gli permettono di autovalutare le proprie risposte, garantendo maggiore affidabilità e meno allucinazioni rispetto ad altri modelli.
  • Modello di distribuzione aperto: A differenza dei modelli proprietari di OpenAI e Meta, R1 è open-source con licenza MIT, consentendo a chiunque di utilizzarlo e modificarlo senza restrizioni. Ciò democratizza l’accesso all’IA avanzata e riduce la dipendenza dalle piattaforme americane, minando il loro vantaggio competitivo. Le versioni “distillate”, più piccole, di DeepSeek-R1, che vanno da 1,5 a 70 miliardi di parametri, rendono il modello accessibile anche su dispositivi meno potenti, come laptop, ampliandone la diffusione e riducendo la necessità di costosi data center centralizzati.
  • Costo notevolmente inferiore: L’accesso a DeepSeek-R1 tramite API è fino al 95% più economico rispetto a OpenAI o1, rendendolo una scelta attraente per aziende e sviluppatori che cercano soluzioni di alta qualità a costi ridotti. Inoltre l’azienda sostiene che uno dei suoi modelli è costato solo 5,6 milioni di dollari per l’addestramento, rispetto alle centinaia di milioni di dollari che le principali aziende americane pagano per addestrare i propri.

C’è da dire che un punto debole di DeepSeek-R1 è la censura imposta dal governo cinese su tematiche sensibili come Tiananmen o Taiwan, limitandone il potenziale in mercati occidentali e accademici. A parte questo, che purtroppo sembra interessare a pochi, OpenAI e altri attori americani hanno avvertito il governo degli Stati Uniti che i progressi cinesi potrebbero rappresentare la più grande minaccia per i mercati azionari statunitensi: se un’azienda cinese riesce a costruire un modello all’avanguardia a basso costo, senza accesso a chip avanzati, metterebbe in discussione l’utilità delle centinaia di miliardi investiti in questo settore. Perché cittadini e utenti dovrebbero utilizzare un modello AI americano se quello cinese costa una frazione ed è più performante?

Ma come ha potuto l’AI cinese arrivare a questo livello? Sembrerebbe che DeepSeeker abbia accesso a circa 50.000 GPU NVIDIA H100, le GPU più ricercate e preziose, nonostante le restrizioni americane sulle esportazioni, attraverso l’utilizzo di data center in nazioni vicine.

Una nuova mossa per il controllo del potere tecnologica: la stretta all’export dei semiconduttori

​La reazione degli Stati Uniti è stata quindi di restringere ancora di più l’esportazione di chip avanzati per l’intelligenza artificiale al fine di mantenere il vantaggio tecnologico, che viene stimato in 6-18 mesi, e per questioni di sicurezza nazionale: infatti la tecnologia IA ha applicazioni sia civili che militari, ed è per questo fondamentale impedire che paesi avversari possano utilizzare queste tecnologie per scopi dannosi, come lo sviluppo di armi biologiche o simulazioni nucleari.

In uno degli ultimi atti dell’amministrazione Biden, le nuove misure mirano proprio a limitare ancora di più l’accesso ai chip più utilizzati, concentrando lo sviluppo dell’AI in nazioni amiche, ovvero a coloro che “accettano di seguire le regole statunitensi e di rispettare gli standard di sicurezza e i diritti umani”. Le restrizioni mirano a limitare la costruzione di data center AI in nazioni considerate a rischio e dividono il mondo in tre livelli di accesso alla tecnologia AI americana:

    • Primo livello: Comprende gli Stati Uniti e 18 alleati, che hanno accesso senza restrizioni alla tecnologia AI americana. Tra questi ci sono i paesi del G7 più Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Taiwan, Olanda e Irlanda.
    • Secondo livello: Include la maggior parte degli altri paesi, che saranno soggetti a limiti sull’ammontare totale di potenza di calcolo a cui possono accedere (pari a circa 50.000 GPU dal 2025 al 2027). Le aziende in questi paesi possono ottenere licenze per superare i limiti qualora accettino di rispettare gli standard di sicurezza e dei diritti umani degli Stati Uniti.
    • Terzo livello: Comprende paesi come la Cina, l’Iran, la Russia e la Corea del Nord, a cui è vietata l’esportazione di chip e modelli AI avanzati.

La proposta di come suddividere il mondo per accedere alla tecnologia americana

Queste regole riguardano non solo i chip, ma anche i modelli AI “pesanti” (model weights), ovvero i parametri numerici che permettono al software di elaborare i dati. Le aziende non potranno ospitare questi modelli nei paesi del terzo livello e dovranno rispettare gli standard di sicurezza per ospitarli nel secondo livello. I modelli open source e quelli meno potenti di un modello aperto già disponibile non sono soggetti a queste restrizioni.

Gli Stati Uniti cercano così di impedire alle nazioni avversarie di accedere a tecnologie all’avanguardia tramite intermediari in luoghi come il Medio Oriente e il Sud-est asiatico, che spesso riforniscono di chip e di potenza computazionale i paesi del terzo livello. Le aziende con sede negli Stati Uniti che vogliono fornire servizi nei paesi del secondo livello devono mantenere almeno metà della loro potenza di calcolo totale sul suolo americano. L’obiettivo più ampio di queste normative è garantire che gli Stati Uniti e i paesi alleati abbiano sempre più potenza di calcolo rispetto al resto del mondo.

La nuova politica ha suscitato reazioni forti: l’industria teme che queste misure possano danneggiare l’economia americana e spingere i mercati strategici verso i concorrenti. Anche l’Unione Europea ha espresso preoccupazione per le restrizioni, evidenziando il potenziale impatto negativo: non tutti i paesi europei sono infatti nella prima cerchia di “amici”.

Molte aziende del settore dei semiconduttori, tra cui NVIDIA, hanno criticato la decisione definendola “sbagliata” e “controproducente” per la competitività americana e, seguendo i dettami dell’“amichettismo digitale” di TikTok, hanno chiesto esplicitamente e ufficialmente a Donald Trump di rivedere questo nuovo modello di blocco delle esportazioni, che dovrebbe entrare in vigore nelle prossime settimane.

Le politiche tecnologiche della Casa Bianca per il controllo dell’intelligenza artificiale

Trump molto probabilmente confermerà la stretta, nonostante le proteste di Nvidia. In compenso, assicura alle aziende americane che a casa loro nessuna burocrazia si metterà di traverso, e lo si può capire con le sue ultime mosse: si è preso il guadagno politico dell’annuncio dell’investimento multimiliardario (che era già stato annunciato negli scorsi mesi in sordina), appoggiando attivamente Stargate, auspicando una reindustrializzazione degli Stati Uniti e dichiarando un’emergenza energetica nazionale per garantire un sufficiente approvvigionamento di energia per i data center. Inoltre, il presidente ha emanato un ordine esecutivo sull’intelligenza artificiale, intitolato “Removing Barriers to American Leadership in Artificial Intelligence”, che incarica il direttore dell’OMB (l’Ufficio per la Gestione e il Bilancio), capi di agenzie selezionati e consulenti tecnologici della Casa Bianca, tra cui il nuovo consigliere speciale per l’IA e le criptovalute David Sacks, di elaborare un piano strategico entro 180 giorni. L’ordine prevede anche una revisione completa delle politiche e normative sull’IA ereditate dall’amministrazione Biden, già revocate da Trump nel suo primo giorno in carica, considerate “pericolose” perché imponevano oneri eccessivi alle imprese, ostacolando l’innovazione privata ed enfatizzando la regolamentazione, la trasparenza e le garanzie etiche nello sviluppo dell’AI. Le agenzie federali dovranno sospendere, rivedere o abrogare tali disposizioni per allinearsi al nuovo indirizzo politico, concentrandosi su prosperità umana, competitività economica e sicurezza nazionale, a discapito delle disposizioni anti-bias e di equità sociale dell’amministrazione precedente.

La corsa al potere dell’intelligenza artificiale continua

​Stargate, il nuovo ordine esecutivo di Trump, la spesa in datacenter di Big Tech e il controllo dell’export dei chip mirano a garantire la leadership americana nell’IA, assicurando che gli Stati Uniti abbiano il controllo del potere tecnologico, mantenendo un vantaggio competitivo rispetto alle nazioni rivali, come la Cina, per salvaguardare la sicurezza nazionale e raccogliere i benefici economici e strategici dell’IA.

Se un tempo la tradizionale proiezione di potere avveniva attraverso la costruzione di grattacieli, nell’era dell’IA non serve avere l’edificio più alto, ma il data center più grosso. In questo modo emergono nuove forme di dominio tecnologico che potrebbero ridefinire il concetto di supremazia globale: ma se le cose andranno male, potremmo ritrovarci con una montagna di data center e la bolletta elettrica di una piccola nazione. Dopotutto, nell’era dell’IA, il vero superpotere potrebbe essere semplicemente riuscire a pagare l’energia.

Come nella Guerra Fredda, quando la supremazia militare si misurava in testate nucleari, oggi la nuova corsa agli armamenti si combatte a colpi di potenza di calcolo e intelligenza artificiale. Gli Stati Uniti stanno costruendo una rete di data center come fossero le basi missilistiche del passato, con l’obiettivo di mantenere un vantaggio strategico sui rivali. Ma proprio come allora, la domanda rimane: basterà accumulare potenza tecnologica per garantire sicurezza e prosperità, o finirà per alimentare una nuova era di tensioni globali e costi insostenibili?

Stargate, DeepSeek e non solo. La corsa alla supremazia tecnologica è più accesa che mai

Di Marco Bani

Come nella Guerra Fredda, quando la supremazia militare si misurava in testate nucleari, oggi la nuova corsa agli armamenti si combatte a colpi di potenza di calcolo e intelligenza artificiale. Gli Stati Uniti stanno costruendo una rete di data center come fossero le basi missilistiche del passato, con l’obiettivo di mantenere un vantaggio strategico sui rivali. Ma…

Perché le Big Tech americane tremano di fronte alla cinese DeepSeek

La start-up ha realizzato il suo ultimo chatbot, lanciato la settimana scorsa, che vanta prestazioni simili se non superiori a quelle delle aziende americane. Ci è riuscita utilizzando una quantità di chip notevolmente inferiore, spendendo molto meno e nonostante i limiti all’export tecnologico di Washington. Si apre una nuova fase nella corsa all’IA

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