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Ancora una volta Standard&Poor’s grazia l’Italia e i suoi conti pubblici. Era già successo alla fine dello scorso ottobre, quando i rumors di un downgrade furono smentiti. Allora, come oggi, l’agenzia di rating ha confermato il suo giudizio sul debito sovrano italiano a BBB, confermando l’outlook negativo. Un giudizio BBB significa che l’Italia ha adeguate capacità di rispettare gli obblighi finanziari, ovvero pagare i rendimenti promessi a chi sottoscrive titoli di Stato, dunque debito, tuttavia condizioni economiche avverse o cambiamenti delle circostanze potrebbero facilmente ridurre tale capacità.

In estrema sintesi, il debito italiano è ancora sostenibile, vale a dire che le emissioni di titoli pubblici riescono ancora a finanziare la nostra esposizione. Ma le prospettive rimangono fosche e in assenza di crescita per mesi, il downgrade arriverà. Non bisogna infatti dimenticare che il nostro rating secondo Standard&Poor’s (qui l’articolo precedente alla diffusione del giudizio) rimane due gradini sopra il livello junk, ovvero spazzatura, quando cioè l’obbligazione emessa presenta un alto rischio ma soprattutto un alto costo per chi la emette, cioè lo Stato. In Italia poi il livello junk avrebbe un altro effetto: e cioè un impatto nefasto sulle banche: anche gli istituti potrebbero vedere ritoccato il rating al ribasso, con conseguente aumento del costo della raccolta.

C’è poi la questione spread a raffreddare gli animi di chi vede nella conferma del rating una vittoria. Il nostro differenziale coi Bund ha chiuso la giornata a 262 punti base, 70 in meno rispetto allo spread tra i titoli greci e quelli tedeschi. Solo che la Grecia è un Paese tecnicamente fallito.

Tornando al giudizio di Standard&Poor’s, l’agenzia di rating ha fatto alcune annotazioni che sanno di avvertimento al governo. “Un’inversione di tendenza sul fronte delle riforme e una volatilità della domanda esterna hanno spinto l’economia italiana in recessione. Inoltre il debito pubblico è in rialzo e quello privato in calo”. Dunque, confermata la prospettiva negativa, ovvero la possibilità di un abbassamento della valutazione in futuro.

“I rischi per la posizione fiscale dell’Italia stanno crescendo”, continua l’agenzia, i cui economisti prevedono per il 2019 un deficit di bilancio del 2,6% del Pil, rispetto all’obiettivo del governo del 2,4%. Standard&Poor’s stima inoltre che il debito pubblico dell’Italia aumenterà leggermente nei prossimi anni fino al 132,7% del Pil nel 2022. La crescita è invece prevista solo dello 0,1% in termini reali, per effetto delle difficoltà della seconda metà del 2018. Insomma, governo avvisato, mezzo salvato.

Standard&Poor's grazia (ancora) l'Italia. Ma il governo è avvisato

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