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Si apre oggi a Pechino la terza edizione del Belt and Road Forum, una due-giorni dedicata al progetto lanciato nel 2013 ad Astana dall’allora neo-eletto segretario del Partito comunista cinese Xi Jinping, che della “Nuova Via della Seta” ha fatto uno cavallo di battaglia sia dell’espansionismo economico cinese nel mondo, sia del suo pluri-esteso mandato da segretario.

Centocinquanta paesi e 30 organizzazioni internazionali hanno finora firmato un accordo di cooperazione all’interno del framework della Bri con Pechino, che ha accresciuto a dismisura i suoi investimenti diretti esteri, passando dagli 82 miliardi di dollari del 20212 ai 154 registrati nel 2020, divenendo così il primo investitore estero al mondo. Fornendo le risorse economiche necessarie ai Paesi in via di sviluppo per avviare importanti e ambiziosi progetti infrastrutturali (ferrovie, autostrade, centrali energetiche, porti), ma contemporaneamente legando il loro destino a Pechino tramite il perverso meccanismo della trappola del debito.

Ma lo slancio di questo progetto sembra essersi persa negli ultimi anni. La pandemia Covid-19 e le scarse performance dell’economia cinese hanno inficiato l’andamento del progetto, secondo quanto affermato in forma anonima da un alto funzionario del governo di Pechino, il quale aggiunge che nella kermesse di questi giorni sono state riposte grandi speranze di rilanciare l’iniziativa. Analisi condivisa anche da fonti americane, che sottolineano come Pechino abbia meno capitale da prestare, e stia aumentando la pressione per recuperare il denaro prestato.

Un contesto che rende ancora più importante il Forum organizzato da Xi, a cui prenderanno parte diversi e rilevanti ospiti internazionali provenienti, secondo quanto affermato dalle autorità cinesi, da più di 140 paesi: dal presidente russo Vladimir Putin (arrivato a Pechino poco dopo il suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov) al premier ungherese Viktor Orbàn (unico esponente apicale di un paese membro dell’Unione europea a partecipare alla kermesse) e al presidente serbo Aleksandar Vučić, arrivando fino al presidente indonesiano Joko Widodo, a quello argentino Alberto Fernandez e al premier Thailandese Srettha Thavisin.

L’Italia sarà presente, ma sarà rappresentata dall’ambasciatore italiano in Cina Massimo Ambrosetti, anziché da un esponente dell’esecutivo. Un segnale importante che dimostra l’intenzione dell’Italia di proseguire il suo sganciamento dalla Nuova Via della Seta, a cui aveva aderito nel 2019 con il memorandum d’intesa firmato dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

“A differenza del successo dei due meeting Bri di diversi anni fa, la scarsa partecipazione prevista per il terzo forum è un segno che la Bri potrebbe perdere la sua attrattiva” commenta Xue Gong, esperto della Rajaratnam School of International Studies di Singapore, a ulteriore riprova della fase di declino che la Nuova Via della Seta sta attraversando in questo momento.

Non è da escludere che Xi, il cui discorso previsto per domani dovrebbe rappresentare uno dei momenti clou dell’evento, possa fare dichiarazioni rilevanti per resuscitare l’interesse e le potenzialità della sua creatura.

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