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Bankitalia e il Fondo monetario hanno ragione. Chi tocca le pensioni muore, o quasi. Smontare l’attuale legge che porta il nome dell’ex ministro del governo Monti, Elsa Fornero, non è una buona idea. Persino il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ascoltato questa mattina in audizione alla Camera, qualche dubbio ce l’ha.

Non lo dice apertis verbis, ma quando parla di uno smontaggio della legge graduale e addirittura sperimentale, il senso è chiaro: bisogna andarci piano, anche perché lo spread dimostra che i mercati non sono d’accordo praticamente su quasi nulla della manovra gialloverde. Per tutta risposta alle critiche di Bankitalia, il vicepremier Luigi Di Maio ha invitato Via Nazionale a fondare un partito, presentarsi al voto e dunque, se eletta, impedire lo stop alla riforma.

Michel Martone, economista e giuslavorista, che il mondo delle pensioni lo conosce bene, fornisce una lettura semplice, basilare e forse per questo inattccabile. E cioè, in un momento in cui un Paese col terzo debito mondiale (2.300 miliardi) sta cominciando a faticare per trovare investitori disposti a finanziare il debito per 400 miliardi, togliere l’architrave che rende sostenibile l’attuale sistema è follia pura.

“Dire che si vuole smontare la Fornero non è sbagliato ma è persino pericoloso. Per un motivo molto semplice. La legge Fornero nasce in un momento in cui lo spread era a 560 punti base (novembre 2011, ndr). In quel preciso momento c’era la necessità di dare un segnale ai mercati che non si fidavano più di noi: attenti, guardate che noi stiamo trasformando il nostro sistema previdenziale in qualcosa di sostenibile, che sta in piedi con le sue gambe. E questo è avvenuto”, spiega Martone.

“Adesso invece è l’opposto. In un momento di nuova fragilità del nostro debito attaccare il sistema che tiene in equilibrio i nostri conti sul fronte della previdenza equivale a dare questo messaggio a dei mercati già nervosi: vogliamo rendere non più sostenibile il sistema previdenziale. Anche perché la questione previdenziale è legata a doppio filo con il nostro debito, se si manda in pensione la gente prima, il debito non può che salire. La Fornero, piaccia o no, assicurava e garantiva equilibrio”.

Martone affronta un altro punto a favore della linea Bankitalia-Fmi (ma non solo). Quello della presunta correlazione tra uscite/entrate dal mercato del lavoro. “Non c’è nulla di statisticamente provato in questo. Se io nel 2019 faccio 400 mila prepensionamenti non è detto che abbia altrettante entrate. Non esisto un rapporto 1 a 1, insomma, e questo dipende dal ciclo economico. Oggi per esempio non ci sono i contratti fissi. Dunque si esce con un fisso in mano e magari si entra con un contratto determinato”.

La stessa Corte dei conti ha sconsigliato vivamente al governo una revisione della Fornero. “Interventi a favore dei trattamenti previdenziali e delle politiche di assistenza che puntino al contrasto della povertà devono essere adottati senza mettere a rischio la sostenibilità finanziaria del sistema. Un indebolimento delle riforme che hanno contribuito ad una maggiore sostenibilità del nostro sistema non può non destare preoccupazione”.

A questo punto viene da chiedersi. Ma Salvini e Di Maio, alla luce di tutti questi allarmi, che faranno? “Io non lo so però una cosa la posso dire. Mi auguro che si facciano bene i conti. Ma molto bene”.

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