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Con uno dei margini minori della storia (50 a 48) il Senato americano ha confermato Brett Kavanaugh come 114esimo giudice della Corte Suprema; poco dopo ha giurato. La nomina di Kavanaugh – decisa dal presidente Donald Trump per rafforzare la composizione conservatrice della massima assise giurisprudenziale statunitense – aveva incontrato diversi problemi dopo che tre donne lo aveva accusato di molestie, avvenute negli anni Ottanta, ai tempi in cui il giudice frequentava superiori e università.

Su richiesta dei senatori che compongono la Commissione Giustizia del Senato – che avrebbe dovuto aver il compito quasi scontato di ratificare la nomina dopo le audizioni e passare la pratica all’intera aula – e dopo che una delle accusatrici di Kavanugh era stata sottoposto a un’audizione pubblica sotto giuramento in commissione, nell’ultima settimana le accuse e i dubbi si erano concretizzati in un’inchiesta lampo dell’Fbi, che aveva valutato l’eventuale rilevanza penale e cercato prove che avessero potuto bloccare il processo di conferma.

Ma non sono state trovate nuove prove — Dianne Feinstein, la più importante senatrice Democratica del comitato ha invece detto che “la parte più importante è quella omessa”. I risultati della rapidissima indagine (i democratici la volevano lunga, ma hanno vinto i repubblicani che pressavano per la celerità) non sono stati resi pubblici, ma sono stati mostrati ai senatori in copia unica e riservatamente uno per volta in un’aula del Senato per evitare che potessero uscire indiscrezioni su un dossier così sensibile: quel che si sa è che è lunga 46 pagine e si compone anche degli interrogatori fatti a nove persone coinvolte nei casi.

La battaglia per la nomina è iniziata, sostenuta da posizioni partigiane su entrambi gli schieramenti per l’enorme valore politico, da molto prima Kavanaugh venisse ufficialmente indicato da Trump, con la questione delle molestie – e le incertezze che ha prodotto tra i congressisti e l’opinione pubblica – che è sembrata un elemento da appiglio concreto per permettere ai democratici di intralciare la nomina. Nella Corte, anche il giudice Clarence Thomas, nominato nel 1991, era stato accusato di molestie sessuali dalla professoressa di legge Anita Hill.

Da due giorni, Capitol Hill è piena di cittadini americani che protestano contro Kavanaugh, ritenuto inadatto per l’incarico eccezionale che gli è stato affidato (la Corte è composta da nove giudici che siederanno a vita nel palazzo di First Street emettendo sentenze di altissimo valore giuridico che segneranno il futuro del paese). La particolare risonanza è dovuta anche al momento storico: sono i tempo del #MeToo, il movimento spontaneo che invita e sostiene le donne che denunciano molestie sessuali anche se subite tanti anni fa. Inoltre c’è lo scenario Trump, che è un elemento di polarizzazione sociale, con i sostenitori che lo appoggiano e i critici che lo attaccano in modo sempre più agguerrito, anche perché siamo nella fase finale per la campagna elettorale delle elezioni di metà mandato.

D’altronde il presidente non fa niente per evitare tale situazione divisiva, anzi .Venerdì su Twitter ha scritto che le donne che stavano protestando a Washington contro Kavanaugh erano state pagate da George Soros (il finanziere è considerato nella più infima, grottesca ed elementare delle teorie del complotto internazionali, il macchinatore di tutta una serie di eventi e situazioni: da notare che da venerdì quella teoria è ufficialmente accetta e diffusa da colui che siede alla Resolute Desk dello Studio Ovale).

Certe dichiarazioni strampalate piacciano a certi repubblicani, e in generale il processo di nomina — come è andato, com’è finito — potrebbe aver gasato gli elettori Rep: secondo i sondaggi in molti hanno percepito una disparità di trattamento a sfavore del giudice. Intervistato dal Washington Post, il leader della maggioranza Repubblicana in Senato, Mitch McConnell, ha spiegato apertamente  come l’indagine sia stata positiva dal punto di vista elettorale per il suo partito, e in fondo anche per Kavanaugh — McConnell ha chiamato i democratici “the mob”, termine dispregiativo che si può tradurre con “la cupola”.

Kavanaugh è il secondo dei giudici già nominati da Trump: il primo era stato Neil Gorsuch, altro conservatore che dal 31 gennaio 2017 è entrato tra i nove della Corte al posto del defunto Antonin Scalia, che Barack Obama aveva provato a sostituire con un progressista andando incontro per mesi all’ostruzionismo dei repubblicani che controllano il Congresso.

Con l’ingresso di Kavanaugh al posto di un giudice dimissionario per ragioni di età e salute che per tanto tempo ha fatto da ponte tra le posizioni più conservatrici e più liberali, Anthony Kennedy, ci si aspetta che la Corte possa riprendere in mano decisioni molto combattute e detestate dai repubblicani, addirittura quella sulla libertà di aborto. Parlando in un evento organizzato dall’università di Princeton, Elena Kagan, una delle tre giudici donna della Corte, ha detto di essere preoccupata che con l’arrivo di Kavanaugh Scorus (l’acronimo inglese della Corte Suprema) possa diventare troppo di parte, e ha invitato i colleghi a stare lontani dalla faziosità politica, per mantenere la credibilità dell’istituzione.

A lavorare sui senatori sul voto a favore di Kavanaugh sono stati ex presidenti, come George W. Bush (con cui il giudice aveva collaborato alla Casa Bianca), ma soprattutto i più ortodossi e reazionari – privati e ricchi donatori, associazioni, gruppi religiosi – che stanno finanziando la corsa alle Midterms del Partito Repubblicano.

Lo stallo sul voto s’è sbloccato venerdì, quando tre senatori –Susan Collins del Maine e Jeff Flake dell’Arizona, entrambi repubblicani, e Joe Manchin III della West Virginia, democratico che tra meno di un mese deve combattere la rielezione in uno stato, l’Indiana, molto conservatore – hanno annunciato il loro sostegno a Kavanaugh: erano tre dei quattro indecisi, mentre la senatrice repubblica dell’Alaska, Lisa Murkowski, ha comunque votato contro (Murkowski aveva spiegato il suo voto contrario dicendo che credeva che Kavanaugh fosse un uomo perbene, “ma non l’uomo giusto per la Corte Suprema in questo momento”; sulla senatrice è piombata la minaccia di Trump: la pagherà alle urne ha detto il Prez).

Collins, spiegando il suo voto ha parlato della presunzione di innocenza come pilastro fondamentale del Paese, ma ha aggiunto che “il movimento MeToo è concreto. È importante. Ce n’era bisogno da tempo”.

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