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Raggiunto un nuovo accordo sul cessate il fuoco a Tripoli, in Libia. Sarà quello definitivo? Dopo quello del 4 settembre mediato dalle Nazioni Unite le milizie erano tornate a scontrarsi aspramente, causando diverse vittime civili. Oggi, esattamente nello stesso momento in cui ha preso il via la 73esima Assemblea Generale dell’Onu, la “fine degli scontri” sembra essere finalmente arrivata, almeno secondo quanto riferito in un tweet dalla rete televisiva Al Arabya, che a sua volta ha citato il comunicato ufficiale del Dipartimento della sicurezza della capitale libica. Nello stesso tempo, comunque, qualcosa sembra muoversi per quanto riguarda le agognate quanto necessarie elezioni: la Francia sembra disposta a rivedere la sua posizione sulla tempistica che porterebbe i libici al voto.

Il comunicato sulla nuova tregua, intanto, recita così: “Dopo la fine degli scontri che aveva avuto luogo nel sud di Tripoli e con l’inizio del ritorno alla normalità nelle zone che erano state teatro” dei combattimenti, “mettiamo in guardia gli abitanti” dal toccare “qualsiasi oggetto sconosciuto o strano”. E aggiunge che la Brigata al Somoud, una delle protagoniste delle ultime feroci violenze che si erano scatenate nella capitale, “si è ritirata da una base situata sulla via dell’aeroporto”.

Dunque, il nuovo accordo per il cessate il fuoco fra le milizie tripoline “prevede l’uscita di tutte le formazioni armate dalla capitale e il ritorno alle loro basi” oltre alla “consegna di tutte le postazioni oggetto del conflitto alla forza militare comune formata dal Consiglio presidenziale” guidato dal premier Fayez Al Sarraj. L’intesa prevede, inoltre anche che la Settima Brigata venga considerata “come parte dello Stato maggiore del governo di intesa nazionale” e “uno “scambio di prigionieri”.

Un ennesimo sospiro di sollievo, dunque, soprattutto per il rischio a cui erano sottoposti le migliaia di civili che si sono trovati in mezzo agli scontri in questi giorni. E mentre la Francia sembra indietreggiare di un passo, dopo la sua ferma convinzione volta a sostenere il voto entro dicembre del 2018, Al Serraj ha annunciato invece che il suo esecutivo è pronto a ricorrere anche ad “alternative” per garantire lo svolgimento delle votazioni. “Il processo democratico non resterà ostaggio dell’Assemblea dei deputati” di Tobruk, organismo rivale del Gna che “non ha rispettato la scadenza di approvare la base costituzionale necessaria per le elezioni”, ha detto al Sarraj.

La Francia, d’altra parte, sembra davvero intenzionata a rivedere le sue posizioni. Una fonte diplomatica di Parigi ha riferito che “la scadenza è stata decisa dagli stessi libici e se (l’inviato Onu per la Libia), Ghassan Salamè, e i quattro responsabili che hanno sottoscritto l’accordo di Parigi ritengono di dover rinviare la data, perché no”. Un passo fondamentale per la distensione dei rapporti anche con Roma, che da subito aveva sostenuto il pensiero di Salamè sull’impossibilità oggettiva di tenere elezioni così presto.

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