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È lecito chiedersi, alla luce degli ultimi giorni, quanti governi ci siano in Italia. Anche limitandosi alle reazioni successive la bocciatura della manovra economica da parte della Commissione europea, infatti, emergono almeno tre posizioni: quella dura e persino sfacciata dei vicepresidenti del Consiglio, quella più pensosa o banalmente realista del ministro dell’Economia Tria e del premier Conte e quella, per cui bisogna affidarsi più ai rumors, che farebbe capo al sottosegretario Giorgetti.

Al di là di indiscrezioni e retroscenisti, è un fatto che Roma non abbia una sola voce, con cui parlare ai partner. O meglio, una c’è ed è pure tonante, ma non è quella del presidente del Consiglio e del titolare dell’Economia, vale a dire i massimi responsabili – ad oggi teorici – dell’attività di indirizzo generale e in materia economica.

A Bruxelles, dove potranno essere tante cose, ma non sono tonti, ascoltano esclusivamente le voci di Luigi di Maio e Matteo Salvini. È un fatto, non un’opinione. Può dare fastidio o essere smentito per prassi, ma è difficile non notare che polemiche e attacchi della Commissione Ue, taluni oltremodo scomposti, abbiano costantemente come target i due vicepremier. Sgradevole, ma illuminante.

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Avendo avuto l’opportunità di intervistare per Rtl 102.5, nelle ultime 72 ore, sia Luigi Di Maio sia Matteo Salvini, mi sembra oltretutto interessante sottolineare delle emergenti differenze, fra le loro posizioni. Almeno formalmente, il leader del Movimento 5 Stelle ci tiene ad abbassare i toni con l’Europa e mostrare un volto dialogante.

Quanto a Matteo Salvini, proprio la Commissione europea e membri come Pierre Moscovici, invece, sono la più grande assicurazione, in vista delle elezioni europee di maggio. Sembrano differenze superficiali, ma potrebbero celare distanze sostanziali: Salvini guarda il mondo dalla cresta dell’onda e può giocare una partita anche politicamente spregiudicata. Di Maio deve difendere le conquiste identitarie del Movimento nella manovra, ma non può far saltare il banco con l’Europa. Il prossimo giro, semplicemente, potrebbe non essere il suo. Dicembre e il ritorno di Di Battista dal buen retiro sono vicini. Non sembra, al di là dei tweet e delle dirette Facebook ormai di circostanza, una differenza di poco conto.

Resta però la domanda di partenza, ossia quanti governi ci siano in Italia, il che equivale a chiedersi chi comandi per davvero. Anche se la risposta appare scontata, le conseguenze potrebbero essere totalmente imprevedibili.

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