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“Mi auguro che lei possa venire in Italia al più presto, manca da troppo tempo: non vorrei che il popolo italiano pensasse che lei non gli presta attenzione”. È forse questa, durante i saluti di rito prima dell’inizio dell’incontro a Mosca tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il russo Vladimir Putin, la frase simbolo, pubblica del faccia a faccia Italia-Russia. E sono parole che si prestano a diverse letture.

Conte era al Cremlino, come lui stesso ha detto, “per esplorare le potenzialità della nostra collaborazione” e il pensiero su queste dichiarazioni corre subito a uno dei temi caldi che interessano i due Paesi: la Libia. “Penso che la Libia sia stato tra i primi punti dell’agenda di Conte a Mosca”, spiega a Formiche.net Arturo Varvelli, Co-Head del Middle East and North Africa Centre dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, Ispi. “La Libia – continua l’analista italiano – resta tra i pochi, pochissimi, campi di interesse di questo governo italiano al di fuori delle relazioni con Stati Uniti e Russia e dei travagliati rapporti con i nostri partner europei e la Ue. Diciamo che la conferenza a Palermo è il primo vero banco di prova del governo gialloverde in politica estera”.

Varvelli parla del vertice internazionale che l’Italia sta organizzando per invitare tutte le anime interne libiche e gli attori con interessi esterni sulla Libia per avviare un reale, forte processo di riunificazione e stabilizzazione politica del Paese nordafricano. La diplomazia italiana lavora con insistenza per muovere elementi di primo piano a prendere parte al vertice siciliano: contatti continui con il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ma anche coi vertici del governo russo, la cui presenza sarebbe stata assicurata da Putin. La speranza è che queste presenze alzino il livello dei partecipanti innescando una sorta di colpo al rialzo, che gioverebbe per lo spessore e la riuscita del progetto.

Qual è lo stato dell’arte? “Dire al momento se l’iniziativa italiana sulla Libia avrà successo sarebbe un azzardo. La riuscita del vertice di Palermo dipende da due fattori: da una parte la partecipazione di una figura di alto livello degli Stati Uniti e/o della Russia che trascinerebbe con sé la partecipazione di altri vertici politici europei e mediterranei, dall’altra la presenza di rappresentanti dell’est della Libia che darebbe una dimensione inclusiva all’azione italiana, cosa che il governo e la Farnesina in particolare hanno sempre sostenuto di perseguire”.

Il contatto russo è importante anche in questo senso: nell’est del Paese governa il territorio, senza legittimazione, il maresciallo di campo Khalifa Haftar, che ha conquistato l’area di Bengasi e dell’oriente costiero libico vincendo una battaglia contro gruppi islamisti e infiltrazioni riconducibili ad al Qaeda e all’Is. Haftar ha ricevuto sostegno diplomatico anche dalla Russia – per esempio, a gennaio 2017 fu ospitato a bordo della portaerei “Ammiraglio Kuznetsov”, che aveva fatto scalo a Tobruk mentre rientrava dalla Siria, e lì avviò un contatto aperto con il ministero della Difesa russo che lo aveva portato ad agosto dello scorso a Mosca, dove era stato ricevuto dal ministro degli Esteri, dal delegato di Putin per la crisi libica e dai vertici della difesa.

Mosca potrebbe avere l’influenza necessaria per muovere Haftar verso Palermo, e farlo partecipare nel sistema multilaterale che l’Italia vuol creare a un faccia a faccia con Fayez Serraj, leader del processo di riunificazione lanciato dalle Nazioni Unite (atteso domani a Roma per un incontro preparatorio), e con le altre realtà libiche. “A mio giudizio la conferenza necessitava di molto più tempo per essere preparata, ma i tempi stretti sono stati dettati da due fattori: dare una risposta alla conferenza del 29 maggio scorso convocata dal Presidente francese Emmanuel Macron a Parigi (un vertice ristretto tra l’Eliseo, Haftar e Serraj ndr), e dare un seguito concreto alle parole di accordo sul Mediterraneo e la Libia (la famosa “cabina di regia”) trovate tra Donald Trump e Conte a Washington nel luglio scorso”, dice Varvelli.

“Tuttavia bisogna essere onesti: sperare che la conferenza trovi la quadra sulla Libia è irrealistico. Sarebbe invece un risultato credibile e spendibile riuscire a creare un consenso internazionale su una nuova roadmap, un percorso condiviso dai soggetti più influenti nella crisi libica che tenga conto della necessità di arrivare a elezioni, ma solamente dopo aver stabilito chiaramente i passaggi istituzionali”. È questo il pensiero dell’analista dell’Ispi.

La Libia può essere un argomento gancio per le relazioni Italia-Russia, e Mosca apprezza la struttura allargata che il governo italiano vuol dare alla riunione siciliana – apprezzata anche da Egitto ed Emirati Arabi, altri due attori vicini ad Haftar. Roma guiderà l’Osce ancora per qualche mese del 2018, e questa è una sorta di leva da giocare per gli italiani, perché l’organismo per la sicurezza e cooperazione dell’Europa è un fattore di interesse per la Russia, non foss’altro per il ruolo di monitoraggio sulla situazione in Ucraina dell’est. La Russia “è un nostro partner strategico”, ha ribadito Conte (che ha parlato anche davanti a una serie di imprenditori presenti per la fiera della calzatura Mir Khozi a Mosca) “e mi darete atto che sin dal primo momento dall’assunzione dell’incarico, quando sono volato al G7 a Charleroi in Canada, ho invocato in un prossimo futuro un G8 col presidente Putin seduto al tavolo con noi a valutare come risolvere tutte le più importanti crisi nel mondo”.

Il presidente ha anche parlato di sanzioni, tema scottante su cui gli americani stanno preparando nuove misure – che potrebbero mettere in seria difficoltà Mosca, ammette l’establishment russo – e su cui Washington ha fatto già capire di non gradire scatti in avanti. “Le sanzioni sono un mezzo per cercare di impostare la risoluzione di vertenze”, ha detto Conte e questo deve avvenire “attraverso un proficuo dialogo”.

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