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A parte le questioni di merito, le incertezze sul riconoscimento di Juan Guaidó come presidente del Venezuela testimoniano di quello che è a mio avviso il vero problema di questo governo: la mancanza di una politica estera. Un deficit che nessun paese, tantomeno uno medio-piccolo come il nostro, ha potuto sopportare troppo a lungo nella storia. L’opinione comune imputa al “sovranismo” e all’ “isolazionismo” questa mancanza, ma non credo che ci siano motivi ideologici profondi dietro.

D’altronde, anche in un mondo di nazioni e non di poteri sovranazionali, come quello immaginato (e non del tutto a torto) da molti, le alleanze e i rapporti internazionali sono fondamentali. Anzi, forse di più. Come dimenticare che l’Italia, come Stato nazionale, è nata proprio dall’abile azione diplomatica di un politico di stazza come il Conte di Cavour? Anche le rivendicazioni dell’Italia verso l’Unione europea potrebbero avere un altro senso e un’altra forza se fossero supportate da una rete di relazioni internazionali che è tutta da costruire.

Il fatto è che il ministro Moavero, che di esperienza internazionale ne ha da vendere, non rappresenta il nuovo blocco di potere che si è creato in Italia: vissuto come un corpo estraneo, è stato di fatto isolato. Inoltre, un tecnico in un governo totus politicus come questo non può per principio avere molta voce in capitolo. La politica estera italiana viene oggi fatta dal premier Conte, in sostanza, più che dal legittimo titolare. Il quale però, in qualche modo, fa comodo anche agli alleati di governo, coprendo sia la loro comprensibile inesperienza sia le contraddizioni interne all’esecutivo. Le quali, in politica estera, si sono acuite dopo che Di Battista, esponente dell’ala terzomondista e movimentista più spinta, ha fatto irruzione nella politica italiana mettendo in qualche modo una ipoteca sulle posizioni dei Cinque Stelle.

In una delle sue interviste a tratti surreali, Di Battista, se ricordo bene, aveva elogiato il presidente Trump e criticato Obama. Il fatto che la Casa Bianca si trovi oggi dalla parte di Guaidó dovrebbe farlo riflettere. Dubito però che ne abbia la volontà. Quanto a noi, non possiamo non augurarci che anche questo nodo sia presto sciolto in positivo ma senza ritornare in modo acritico al passato.

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