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Luigi Di Maio è da poche ore tornato dalla sua due giorni in Egitto ed Eni annuncia un altro colpo importante nel Paese africano. Partendo proprio dall’ultima operazione del gruppo guidato dal ceo Claudio Descalzi, presente in Egitto dal lontano 1954, il Cane a sei zampe ha annunciato una nuova scoperta a gas nel deserto occidentale egiziano. Il tutto a pochissimi mesi dall’avvio del vero polmone gassoso di Eni nell’offshore egiziano, il maxigiacimento di Zohr da 1,7 miliardi di metri cubi giornalieri e i cui motori si sono accesi lo scorso maggio.

LA SCOPERTA DI ENI

Tornando all’ultima scoperta, il pozzo è stato perforato sul prospetto esplorativo denominato Faramid S-1X, situato nella concessione di East Obayed nel deserto occidentale egiziano, a circa 30 chilometri a nord-ovest della concessione di Melehia. La perforazione ha raggiunto la profondità di 5,2 chilometri e ha incontrato numerosi livelli mineralizzati a gas nelle arenarie della formazione Khatatba di età Giurassica. Il pozzo di East Obayed è stato testato con successo alla produzione erogando 700 mila metri cubi di gas al giorno, confermando l’importante potenziale produttivo della concessione. La società ha inoltre avviato gli studi per lo sviluppo commerciale di queste importanti riserve di idrocarburi che, in aggiunta al potenziale a gas della Concessione di Meleiha, potranno dare un nuovo contributo alla produzione di gas per il Paese.

L’EGITTO CONNECTION DI ENI

La scoperta annunciata oggi dal gruppo energetico (di cui S&P ha rivisto al rialzo il rating di lungo termine, portandolo ad ‘A-‘ con outlook stabile), al netto dell’avvio Zohr la scorsa primavera, sancisce una stagione ricca di successi per Eni in Egitto. Non a caso a inizio estate lo stesso Descalzi aveva paventato la possibilità di imminenti nuove scoperte. Una previsione che si è subito materializzata visto che solo una settimana dopo il gruppo fondato da Enrico Mattei ha annunciato la seconda scoperta a olio leggero nel prospetto esplorativo B1-X situato nel permesso di South West Meleiha, nel deserto occidentale egiziano, circa 130 chilometri a Nord dell’oasi di Siwa. Il pozzo, il secondo perforato da Eni sui temi geologici profondi nel bacino del Faghur, è stato aperto alla produzione nelle arenarie della Formazione Dessouky con portate di 5.130 barili di olio equivalente al giorno di olio. Anche questa scoperta non ha fatto altro che confermare l’elevato potenziale esplorativo e produttivo del bacino del Faghur.

LA SPONDA DI DI MAIO

Non è un caso che lo stesso Di Maio (il terzo esponente di governo a mettere piede sul suolo egiziano dopo Matteo Salvini ed Enzo Moavero Milanesi) abbia in conclusione della sua visita dichiarato come “gli investimenti che ha fatto qui Eni, soprattutto nel periodo più difficile, quello in cui molti magari giustamente sono andati via, ne fanno un attore produttivo importantissimo per l’Egitto e per il presidente egiziano, che ha avuto parole di lode”.

UN PAESE IMPORTANTE (PER L’ITALIA)

L’Egitto però non è solo Eni. Per l’Italia rappresenta qualcosa di più. Rimanendo nel campo del business, da una parte ci sono le 150 aziende italiane che oggi operano nel Paese guidato da Al-Sisi (da Eni, a Edison, da Intesa SanPaolo a Italcementi, fino a Ansaldo Energia, gruppo Cementir e Techint) che hanno resisitito agli scossoni degli ultimi anni, primavere arabe comprese. Negli ultimi mesi l’Egitto si è dimostrato sempre più un Paese fruttuoso per l’Italia. Oggi l’interscambio italiano col Paese nordafricano (dati 2017) è arrivato a quota 4,7 miliardi di euro (+2,5% sul 2016). A rendere ancora più strategico il rapporto con lo Stato più popoloso del mondo arabo sono le prospettive di sviluppo a breve. La crescita annua è destinata a quadruplicare quella italiana, con un Pil atteso in aumento del 5,4% nel 2018 e del 5,6% del 2019, dopo il già lusinghiero +4,2% dell’anno scorso.

IL RUOLO NEL MEDITERRANEO

Oltrepassando il business c’è un ruolo geopolitico importante, soprattutto in chiave Libia, con l’azione della politica italiana volta a stabilizzare l’area mediterranea che, in primis con Tripoli, ha visto negli ultimi tempi un’azione mirata del governo Conte volta a far sentire la sua voce. Lo stesso Salvini, quando a maggio si recò al Cairo per incontrare Al-Sisi, intese serrare i ranghi con il presidente egiziano al fine di trovare un assetto mediterraneo in grado di regolare i flussi migratori. Una linea ripresa anche dallo stesso Di Maio anche in vista dell’importante conferenza di pace sulla Libia che dovrebbe tenersi a Roma nel mese di novembre.

 

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